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Yara Gambirasio, Cassazione: Bossetti resta in carcere

Accolta la richiesta del Pg della Cassazione e respinto, dunque, il ricorso della difesa. Massimo Giuseppe Bossetti, indagato nell’omicidio di Yara Gambirasio, deve restare in carcere.
A cura di Susanna Picone
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Resta in carcere Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore di Mapello arrestato il 16 giugno dello scorso anno perché accusato di aver ucciso la giovane Yara Gambirasio. La prima sezione penale della Cassazione, chiamata a decidere sul futuro di Bossetti dopo il no alla scarcerazione del gip di Bergamo Vincenza Maccora e la bocciatura dei giudici del Riesame di Brescia, ha accolto la richiesta del Pg e ha dunque respinto il ricorso della difesa del muratore, rappresentata dall’avvocato Claudio Salvagni. La conferma della custodia cautelare in carcere per il presunto assassino di Yara è stata chiesta dal sostituto procuratore generale della Cassazione, Oscar Cedrangolo: il pg ha chiesto il rigetto del ricorso della difesa di Massimo Bossetti. “Il Pg della Cassazione ha svolto un discorso molto articolato e anche se ha chiesto il rigetto del nostro ricorso, ha però sottolineato come fosse condivisibile l'eccezione procedurale da noi avanzata sulla inutilizzabilità dell'accertamento del Ris sulle tracce del Dna trovate sui leggins di Yara”, è quanto aveva detto l'avvocato Salvagni. Il legale di Bossetti aveva sottolineato come secondo loro quell’esame sia avvenuto in violazione delle norme procedurali.

Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro un mese – La decisione della prima sezione penale della Corte di Cassazione è arrivata al termine di una camera di consiglio iniziata dopo l'udienza a porte chiuse di questa mattina. I giudici, presieduti da Arturo Cortese, hanno confermato l'ordinanza emessa dal riesame di Brescia il 14 ottobre scorso. Secondo il gip bresciano è di Bossetti il Dna maschile di “Ignoto 1”, come sue le tracce genetiche scoperte durante autopsia e ricerche di laboratorio. Le motivazioni della sentenza emessa questo pomeriggio saranno depositate entro un mese.

L’avvocato: “Bossetti scoprì subito le microspie in carcere” – L’avvocato di Massimo Bossetti, ospite in studio a Matrix, ha dichiarato che il suo assistito sapeva delle microspie nascoste nella sua cella. “Un giorno quando sono stato in carcere Bossetti mi ha detto che avevano le microspie nella cella. E quando gli ho chiesto come fossero arrivati a scoprirlo mi ha detto che di notte, la stessa notte che sono state posizionate, sentivano un ronzio simile al rumore della ventola del computer, sono saliti sul tavolino, hanno aperto una grata e hanno visto le microspie. Le microspie sono state scoperte lo stesso giorno che sono state posizionate. Loro hanno fatto finta di nulla e hanno continuato a vivere normalmente sapendo che c'era questo ‘Grande Fratello' che li ascoltava”. L’avvocato Salvagni ha rivelato questo particolare per tornare sulla frase apparsa nei giorni scorsi sui giornali e attribuita, appunto, al presunto assassino di Yara. “Fin dal primo giorno, Bossetti ha sempre detto che non confesserà mai questo delitto perché non l'ha commesso e andrà avanti fino in fondo, finché ne avrà le forze, per dimostrare la sua innocenza perché vuole che i suoi figli portino il suo cognome con orgoglio”, ha spiegato l’avvocato in tv. “Per questo motivo – ha detto ancora Salvagni – credo che la frase che è stata riportata su tutti i giornali (‘Non confesso per non colpire la mia famiglia') non sia assolutamente attribuibile, anche per il senso, a Bossetti”.

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