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Yara Gambirasio, Bossetti resta in carcere: Corte dice no al braccialetto elettronico

Ennesimo no da parte dei giudici alla richiesta di scarcerazione di Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore di Mapello accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio.
A cura di Susanna Picone
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Per la seconda volta da quando è iniziato il processo per l’omicidio di Yara Gambirasio e per la nona se si tiene conto anche della fase precedente dell’inchiesta i giudici hanno respinto la richiesta di scarcerazione avanzata dai legali di Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore di Mapello accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio. Bossetti, attualmente a processo per il delitto di Brembate Sopra, è in carcere dal 16 giugno del 2014 e per ora non ne uscirà. A meno di 24 ore dalla richiesta dei legali dell’imputato, arrivata ieri durante l'ultima udienza del processo, la Corte d’Assise di Bergamo si è pronunciando dicendo, appunto, no alla scarcerazione. Il no della Corte presieduta dal giudice Antonella Bertoja è motivato dal pericolo di reiterazione del reato che non verrebbe scongiurato dal provvedimento degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. I giudici hanno anche considerato il fatto che la Cassazione avesse bocciato le precedenti richieste dei difensori di Bossetti.

I legali di Bossetti avevano chiesto i domiciliari con braccialetto elettronico

“Abbiamo avanzato questa richiesta – aveva spiegato a Radio Cusano Campus l'avvocato Claudio Salvagni poche ore prima della decisione della Corte – anche alla luce della nuova legge che prevede che il pericolo di reiterazione, oltre ad essere concreto debba essere attuale. Bossetti ormai è un volto talmente conosciuto che non potrebbe né scappare né commettere un omicidio come quello che gli viene imputato”. Alla richiesta dei difensori di Bossetti giunta durante l’udienza di ieri (durante la quale lo stesso imputato ha parlato per la seconda volta davanti alla Corte) il pm Letizia Ruggeri si era opposta mentre l’avvocato della famiglia Gambirasio, Enrico Pelillo, si era detto“sconvolto” dalle parole usate dalla difesa del muratore per chiedere gli arresti domiciliari. “L'imputato e la vittima appartengono a mondi diversi – aveva detto Pelillo – Il primo è vivo, Yara è al Creatore”.

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