Yara, gli avvocati di Bossetti: “Abbiamo elementi che ne provano l’innocenza”
Il caso Yara si fa sempre più intricato e, dopo il fermo di Massimo Bossetti, e tende a trasformarsi in una corsa contro il tempo tra i legali difensori del 44 enne muratore di Mapello e gli inquirenti, impegnati nel frattempo a trovare nuove prove per incastrarlo, anche in vista di un possibile giudizio immediato. “Insieme all'avvocato Claudio Salvagni, stiamo prendendo in esame una serie di elementi che fin dall'inizio erano apparsi interessanti alla difesa e che adesso saranno sviluppati”. All'uscita dal carcere di via Gleno dopo l'incontro di mercoledì con il suo cliente, Silvia Gazzetti, uno degli avvocati di Bossetti, è apparsa più determinata e serena. Ma chi appare veramente sicura è la famiglia del presunto killer della 13 enne di Brembate. Dopo la moglie Marita Comi, è toccata ai cognati dichiarare davanti agli investigatori che l’uomo “non è l’assassino di Yara Gambirasio”.
Bossetti: "Cercate pure, non troverete nulla"
Bossetti ha dichiarato al giudice di non avere “alcuna idea di come il mio Dna possa essere finito all’interno degli slip di Yara Gambirasio”, e due giorni fa i suoi legali hanno affermato che l’indagato “ha trovato una spiegazione, una circostanza che lo può scagionare”. I pm hanno sequestrato due pc e dieci telefonini (ora al vaglio per cercare qualche traccia legata al caso) a casa di Bossetti e si stanno analizzando le immagini del distributore di benzina che la sera dell'assassino di Yara avrebbero immortalato un furgone simile a quello del fermato. Ma Bossetti è certo: “Possono cercare ovunque, tra i computer, i telefonini. Possono guardare dove vogliono. Non troveranno nulla. Non ho ucciso io la povera Yara”. Nel frattempo il pm Letizia Ruggeri ha autorizzato un colloquio tra Bossetti e sua moglie Marita Comi, la sua più strenua sostenitrice. Non si sa però quando potrà tenersi.