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Voti e valutazioni, il punto dell’esperto: “Il ritorno ai giudizi sintetici è stato una stupidaggine”

L’esperto di sistema di valutazione Cristiano Corsini ha commentato per Fanpage.it novità e prospettive dell’istruzione italiana: “La scuola italiana ha ormai stipulato un patto al ribasso. Il modello scandinavo senza voti? Da noi non è replicabile”.
Intervista a Cristiano Corsini
Professore ordinario di Pedagogia Sperimentale e Valutazione Scolastica all’Università Roma Tre
A cura di Niccolò De Rosa
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Dopo il sì alla Camera del 25 settembre 2024, dal prossimo anno sulle pagelle degli studenti italiani torneranno a comparire sia il voto in condottadeterminante per la bocciatura in caso d'insufficienza alle medie e alle superiori – sia i giudizi sintetici, che nelle classi della primaria andranno a rimpiazzare le valutazioni descrittive introdotte nel 2021.

Ciò significa che presumibilmente a partire dall'anno scolastico 2025/2026, il percorso scolastico dei bambini italiani non verrà più analizzato dagli insegnanti con descrizioni e valutazioni analitiche ("Avanzato", "Intermedio", "Base", "In via di prima acquisizione"), ma riprenderà ad essere scandito dai vecchi aggettivi come "Ottimo", "Distinto" o "Insufficiente".

Un vero e proprio ritorno al passato che privilegia l'immediata comprensione dei giudizi riportati in pagella e infligge un colpo di spugna nei confronti di un sistema che negli ultimi tre anni aveva provato a indirizzare la Scuola italiana verso un approccio valutativo più moderno e complesso. Ma siamo davvero sicuri che la strada della semplicità sia quella migliore per accompagnare bambini e ragazzi durante il loro cammino d'apprendimento?

Per vederci chiaro Fanpage.it si è rivolto a Cristiano Corsini, docimologo (ossia un esperto di sistemi di valutazione) e Professore ordinario di Pedagogia Sperimentale e Valutazione Scolastica all’Università Roma Tre, che sul tema ha subito dimostrato un'opinione piuttosto netta.

"Il ritorno al voto è stata una scelta poco intelligente, adottata senza aver la minima idea delle le effettive conseguenze di questi tre anni scarsi di valutazioni descrittive" ha dichiarato a Fanpage.it il professore – Non è stato fatto alcun monitoraggio e non è stata eseguita alcuna indagine da parte del Ministero. Si è deciso solamente di prendere una decisione demagogica, a costo zero, che va incontro alla parte più retriva e populista del Paese".

Cristiano Corsini. pedagogista e docimologo.
Cristiano Corsini. Pedagogista e docimologo.

Perché, secondo lei, il giudizio sintetico rappresenta un passo indietro?

Perché difficilmente migliorerà l’apprendimento dei bambini. Si tratta di una valutazione povera, scarsamente informativo, che servirà a posizionare l'allievo in una classifica all’interno della classe. Non è affatto una valutazione educativa. Fortunatamente, la valutazione più importante è quella quotidiana, e lì gli insegnanti hanno ancora dei margini di libertà più rassicuranti: chi sapeva valutare prima, con la valutazione descrittiva, lo saprà fare anche ora. Il problema è che chi non sapeva valutare prima, non avrà nessuno stimolo a migliorare e approfondire la valutazione dei ragazzi.

Qual è la differenza tra voto e valutazione?

Il voto è fondamentale se vogliamo rendicontare e classificare. Certo, è normale che una scuola, ad un certo punto del percorso, debba rendere conto dei progressi degli studenti. L’errore è però attribuire al voto una funzione educativa e formativa che non possiede e che invece va attribuita alla valutazione. Voto e valutazione non sono sinonimi. Mettere un voto è molto più facile che valutare progressi e punti deboli di uno studente nella sua complessità. Per questo il ricorso al voto nel corso della didattica spesso è un capriccio dell’adulto che si è scelto di assecondare percorrendo la strada più semplice ma meno utile dal punto di vista educativo.

Molti genitori e insegnanti si erano però lamentati del fatto che i giudizi analitici fossero incomprensibili

Non so se erano molti. Sulla questione si è fatta tanta propaganda, con Salvini che ha anche postato quel video in cui leggeva la pagella della figlia e non la capiva. Veri sondaggi e analisi affidabili sull’opinione dei soggetti coinvolti non sono state però mai state compiute. Non sappiamo chi, fra docenti e genitori, apprezzava quel tipo di valutazione o, al contrario. la criticava. Si sono dette tante chiacchiere senza riportare mai alcun dato. In università abbiamo provato a fare alcune indagini in merito, e da quello che sappiamo c’era molta eterogeneità tra genitori entusiasti e chi invece presentava serie perplessità. Questa eterogeneità non è stata restituita: Meloni, Valditara, Salvini e gli insegnanti meno competenti hanno invece nascosto tutto ciò che funzionava. Forse però il livello medio di comprensione del testo della popolazione è più alto di quello di un Ministro.

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Quale dovrebbe essere allora il metodo di valutazione ideale?

Secondo me la riforma dei livelli descrittivi stava procedendo nella direzioni giusta. Il punto forte non risiedeva nell’assenza dei numeri o negli aggettivi “ottimo” o “sufficiente”, ma nel fatto che si concentrava su veri obiettivi d’apprendimento. Ciò faceva sì che uno studente potesse, nella stessa materia, ottenere un “intermedio" nella produzione scritta e un “avanzato” nella comprensione del testo. La valutazione era molto più profonda, teneva conto di obiettivi differenti, e rendeva conto di un percorso. In più responsabilizzava sia insegnanti che alunni e famiglie.

In che senso?

Un insegnante che utilizza la valutazione descrittiva esplicita sin dall’inizio quali saranno gli elementi che verranno presi in considerazione per giudicare la preparazione dell’allievo. Ciò crea un rapporto trasparente non solo con gli studenti, ma anche con le famiglie. Quindi, generalmente, anche in caso di valutazioni negative non ci sono ricorsi né conflitti. Si tratta di un rapporto di reciproco scambio: il docente non si limita a mettere un numero alla fine dall’anno, ma si fa carico di tutta la responsabilità educativa raccontando mano a mano ciò risultati e mancanze del ragazzo; lo studente, invece ha la possibilità di responsabilizzarsi perché vede che dall’altra parte qualcuno che, pur evidenziando gli errori con rigore, non si pone come un giudice ma usa l’errore come occasione di miglioramento. Ovviamente se un maestro o un professore è chiamato a usare numeretti e aggettivi, tutto questo viene meno.

I tempi sono maturi per una scuola senza voti come nel modello scandinavo?

Andrei piano con i paragoni. Non si può concepire una scuola completamente estranea alla società che la ingloba. In Finlandia, decenni fa, sono state fatte scelte molto precise sulla selezione e la remunerazione del corpo docente. Perciò, avendo insegnanti molto competenti, ben pagati e molto motivati, possono optare tranquillamente per forme di valutazione più avanzate. Non mi sembra il caso del nostro Paese, dove gli insegnanti vengono scelti attraverso raccolte punti scarsamente selettive e sono pagati una miseria. L’Italia ha da tempo scelto un patto al ribasso sulla pelle dei ragazzi: lo Stato paga poco e quindi chiede poco ai suoi docenti.

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