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Valeria, mamma di due bimbi prematuri dopo 4 aborti spontanei: “Mi sono sentita la causa del dolore dei miei figli”

Valeria Binetti ha scritto a Fanpage.it per raccontare il dolore provato nell’attesa durata 4 mesi dei suoi bimbi in terapia intensiva neonatale, ma anche la gratitudine nei confronti dell’Ospedale di Rimini e del personale che non l’ha mai fatta sentire sola.
A cura di Sophia Crotti
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Valeria Binetti ha scritto a Fanpage.it per raccontare il suo parto, avvenuto ormai 10 anni fa, di due bimbi nati prematuri, a 25 settimane di gravidanza. Dopo 4 aborti spontanei il suo desiderio di diventare madre non si è affievolito e quando la gravidanza ha superato i primi due mesi, ha sperato con tutto il cuore che i gemellini che portava in grembo nascessero in forze.

A sole 21 settimane, però, sono arrivate le prime contrazioni e a 25 settimane il parto.

Valeria quando ha visto quei corpicini di appena 700 e 530 g, ha provato un dolore immenso, si è colpevolizzata a lungo, pensando che non era riuscita a proteggere i suoi bambini da tutte le sofferenze che avrebbero vissuto durante quei 4 mesi in tin.

"Solo una volta arrivati a casa ho iniziato a sentirmi la loro mamma, ho capito che benché non fossi riuscita a proteggerli potevo farlo da quel momento in avanti per tutta la vita. Le cicatrici che hanno ancora sulle braccia però mi ricordano quei giorni pieni di dolore, l'unica cura à vederli gioire e vivere una vita normale".

Ci racconti come è stato per te scoprire di essere incinta?

Io mi sono approcciata alla maternità in maniera molto particolare, prima di rimanere incinta dei miei due gemelli, ho avuto 4 aborti spontanei tutti al secondo mese di gravidanza. Dopo vari controlli, ho fatto delle terapie e mi sono approcciata alla PMA, ma nulla, una nuova gravidanza non ne voleva sapere di arrivare.

Fino a che ad una visita i dottori si sono accorti che avevo l’utero setto, una malformazione che probabilmente era stata anche la causa di tutti quegli aborti, dopo l’operazione, infatti, sono subito rimasta incinta dei miei due bimbi.

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Cosa ti ha spinta, dopo delle esperienze così traumatiche di gravidanza a cercare ancora un figlio? 

La voglia di diventare mamma per me era tantissima, più forte del dolore che provavo ad ogni aborto. Questo forte desiderio, che vivevo come qualcosa di positivo, si è poi trasformato in un tremendo senso di colpa e di inadeguatezza quando i miei due bambini sono nati pre termine.

Come è stata questa gravidanza?

Io ho vissuto molto male la gravidanza, perché dopo aver perso 4 bimbi, temevo che avrei perso anche questi due bambini, insomma non ero serena. Alla ventunesima settimana di gravidanza mi si è aperto il collo dell’utero, sono iniziate le contrazioni e io sono stata ricoverata a Rimini, dove sono rimasta allettata, nella speranza che con quel riposo i bimbi sarebbero nati il più in là possibile.

Ma alla 25esima settimana di gravidanza i miei figli hanno deciso che dovevano nascere a tutti i costi, e così il giorno prima del mio quarantesimo compleanno sono venuti al mondo.

Come è stato il parto?

Ho fatto un parto naturale, dal momento che i miei bimbi erano già ben incanalati, però partorire prima per me è stata una tragedia, perché sapevo benissimo che i miei figli per nascere sani e senza alcun rischio, avrebbero dovuto rimanere nella mia pancia almeno 40 settimane. 25 erano davvero poche.

I medici, poi, mi hanno subito detto tutto quello che poteva succedere ai miei bambini. Durante il travaglio ricordo che non volevo partorire, speravo che rimanessero nella mia pancia il tempo necessario, poi l’ostetrica mi ha detto che dovevo farli nascere per forza.

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Appena i bimbi sono nati mi sono sentita tremendamente in colpa, come se non fossi stata in grado di proteggerli da tutti i rischi e i problemi di salute, ai quali da ora in avanti sarebbero stati esposti. In quel momento ero tutto tranne che felice, mi sentivo terrorizzata e sconfitta.

Da quando sono nati sono iniziate una serie di tragedie, il maschietto è nato di appena 700 g ed era lungo 30 cm, mentre la femminuccia di 520 g per 24 cm, erano piccolissimi.

Il bimbo ha iniziato ad avere una serie di problemi, è nato senza respirare e quindi appena dopo il parto lo hanno dovuto rianimare, poi aveva dei grumi di sangue nella testa, causati da alcune emorragie, ha preso dei farmaci ma quando la situazione sembrava essere rientrata, ha dovuto affrontare un percorso di idrocefalo, e poi un'operazione alla testa presso l’ospedale Bellaria di Bologna, dove gli hanno inserito una valvola nel cervello.

Li hai potuti vedere subito?

Ho potuto vedere e tenere un po' in braccio solo la bimba, perché nonostante fosse così minuta era riuscita a piangere. Il bimbo invece, quando è nato non respirava ed è stato immediatamente rianimato, io l'ho potuto vedere solo 2 ore dopo la sua nascita in terapia intensiva neonatale.

Quanto sono rimasti in tin i tuoi bimbi?

Siamo rimasti in tin circa 4 mesi, loro sono nati il 19 luglio e siamo usciti dalla terapia intensiva neonatale il 12 novembre. Io ho avuto una grande fortuna, per la quale sarò sempre grata all'Ospedale di Rimini, sono riuscita a rimanere sempre con i miei bambini.

La terapia intensiva di Rimini mi ha messo a disposizione una stanza, che condividevo con un'altra mamma, dove potevo restare per non fare tutti i giorni 90km di auto. E tutti i giorni andavo a trovare i miei bambini.

Mentre loro erano in terapia intensiva, come ti sei sentita?

È stato un periodo molto difficile, percorrevo i corridoi ogni mattina con la paura che mi dicessero che nella notte i miei bimbi non ce l'avessero fatta, il mio bambino faceva continuamente su e giù dal paradiso, la mia bimba contraeva continuamente delle infezioni.

Non potevo prenderli in braccio, perché erano troppo piccoli e ad ogni spintone poteva staccarsi l’ossigeno e loro smettere di respirare. Mi limitavo ad accarezzarli, sentendomi impotente.

Devo ringraziare moltissimo le infermiere che mi hanno aiutata in quel periodo così difficile, mi permettevano di sentirmi utile e di tenere la testa impegnata. Appena scendevo in tin, infatti, mi facevano ritagliare i pannolini taglia 0, in modo che si adattassero ai corpicini minuti dei miei bambini, dopo di che li dovevo pesare e riportare a loro il peso. Così erano in grado di capire quanta pipì i bimbi riuscissero a fare.

Stare con loro, in quel modo ti ha permesso di sentirti la loro mamma?

Io non mi sono sentita loro madre finché non li ho portati a casa, solo lì sono riuscita a fare pace con me stessa, anche se questo sentimento di inadeguatezza nei loro confronti continuava a tormentarmi. Solo tra le mura di casa ho capito che io non ero riuscita a difenderli ma che ora potevo farlo, con grinta, per tutto il resto della  loro vita.

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Nei giorni di attesa in tin comunicavi con il mondo esterno?

Con il mondo esterno io ho cominciato poco, perché nessuno poteva capirmi. Avevo delle amiche che mi chiedevano se i bambini avessero le mani, le orecchie, perché non si spiegavano il mio dolore, lo facevano in buona fede ma non comprendevano lo strazio che si prova a vedere una bambina e un bambino così piccoli.

E con gli altri genitori in tin vi confortavate?

Con gli altri genitori in tin parlavamo, però ogni bimbo aveva una problematica diversa, quindi il conforto arrivava fino ad un certo punto. Mi sentivo in una bolla i problemi fuori dalla tin per me non esistevano, vivevo solo con l’obiettivo di portare fuori da lì i miei bambini, perché lungo il percorso abbiamo visto molti bimbi morire e non volevo che i miei figli facessero la stessa fine

Come è stato per te vivere il tuo dolore lontano da casa e da tuo marito?

Mio marito faceva avanti e indietro, si metteva in macchina e ogni pomeriggio percorreva i 90 km che lo separavano da noi, per vedere i suoi bambini.

Ma noi due, come coppia ci siamo annullati per i nostri bambini, ma proprio questa è stata la nostra forza. Abbiamo potuto parlare con una psicologa in ospedale che ci ha detto che siamo stati molto bravi in questo, perché molte coppie finiscono per separarsi, per lottare internamente attribuendosi delle colpe, noi ci siamo annullati ma siamo rimasti insieme per i nostri figli.

Per 5 mesi io e mio marito ci siamo visti solo in terapia intensiva neonatale, io non sono mai tornata a casa se non per prendere i vestiti dei bimbi quando mi hanno detto che potevamo portarli a casa. Dopo ci siamo ritrovati, ma non è stato semplice, la nostra coppia non esisteva più, esistevano solo i nostri bambini.

Oggi i bimbi come stanno?

Bene, hanno 10 anni e questa mattina sono a divertirsi al centro estivo. Dei due è stato il bimbo a non stare sempre benissimo, la valvola che gli è stata impiantata nel cervello si è ostruita a più riprese e abbiamo fatto avanti e indietro dagli ospedali per diverse operazioni.

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Ora la situazione è sotto controllo, facciamo ogni anno una risonanza magnetica per tenere monitorata la situazione, e anche se lui non cammina benissimo, rispetto a quello che ci avevano prospettato, è un bambino del tutto autonomo, bravissimo a scuola e in salute.

Ogni tanto li guardo e vedo ancora le cicatrici sui loro polsi, quelle non smettono di ricordarmi il periodo che abbiamo passato alla loro nascita, sono solo grata del fatto che oggi stiano bene e non possano ricordare tutto quel dolore.

Questa esperienza ha cambiato il tuo modo di guardare alla maternità?

Sì, penso che la rivivrei solo per provare cosa significa tenere un bimbo in grembo 9 mesi, averlo vicino nella propria stanza e portarlo a casa. Mi piacerebbe vivere la maternità che sognavo, quella che nei miei sogni mi avrebbe fatto sentire la donna più felice al mondo.

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