Uno studio rivela i sorprendenti benefici dell’uso degli smartphone nei giovani: “Non è dannoso come si pensava”

Smartphone e salute mentale giovanile: un binomio spesso percepito come problematico, al centro di accesi dibattiti tra genitori, educatori e ricercatori. Ma cosa succede se a ribaltare questo pregiudizio è una ricerca scientifica? È quanto emerso da uno studio della University of South Florida (USF) che mette in discussione molte convinzioni diffuse e propone una lettura più sfumata e realistica del rapporto tra preadolescenti e tecnologia. I risultati, per certi versi sorprendenti, hanno infatti suggerito che possedere uno smartphone non solo non danneggia necessariamente i ragazzi, ma potrebbe perfino contribuire positivamente al loro benessere psicosociale.
Uno studio rivoluzionario
Il progetto, condotto da un'équipe multidisciplinare dell'USF, ha coinvolto oltre 1.500 ragazzi tra gli 11 e i 13 anni in Florida. I dati raccolti confluiranno in una più ampia indagine longitudinale che seguirà 8.000 giovani per 25 anni, monitorando l'impatto del digitale sul benessere psico-fisico lungo tutto l’arco della vita.
"Siamo partiti aspettandoci di trovare conferme ai timori diffusi: che lo smartphone fosse dannoso per i più giovani. Ma ciò che abbiamo scoperto è stato l’opposto", ha commentato Justin D. Martin, responsabile dello studio e docente di etica dei media presso l'USF. I ragazzi che possiedono uno smartphone, infatti, hanno riportato livelli più elevati di autostima, meno sintomi di depressione e ansia, e una maggiore socializzazione offline rispetto ai coetanei che non avevano accesso al dispositivo. Esattamente il contrario di quello che molte ricerche precedenti avevano sostenuto.
Il telefono è anche uno strumento sociale
I dati mostrano che i ragazzi usano lo smartphone soprattutto per mantenere i legami con i pari, organizzare incontri, svolgere compiti scolastici e accedere a contenuti educativi. "I telefoni oggi sono centrali per la vita sociale dei ragazzi, così come lo sono per gli adulti", ha spiegato Martin. Un uso guidato e responsabile può rappresentare un’opportunità per rafforzare le relazioni e sviluppare competenze sociali, soprattutto in un’età, come quella della scuola media, notoriamente segnata da goffaggini e insicurezze.

Per Catherine Pearlman, scrittrice e assistente sociale clinica intervenuta sull'HuffPost UK, per i ragazzi più timidi o con ansia sociale, il telefono può essere addirittura "un’ancora di salvezza", poiché comunicare tramite uno schermo è più semplice per ragazzi timidi e con sempre meno occasioni di socialità. E infatti, stando ai risultati del sondaggio, il rischio di isolamento colpisce più facilmente chi non possiede un telefono: si perde l’invito a un incontro, si rimane tagliati fuori da una conversazione, e si rischia di diventare invisibili.
L’altro volto del digitale: cyberbullismo e sovraesposizione
Ovviamente il lavoro presentato dalla USF non ha l'intento di dipingere un quadro idilliaco in cui i bambini dovrebbero essere incoraggiati a smanettare su tablet e smartphone fin dai primi anni di vita. Se infatti la tecnologia potrebbe non essere quel mostro tanto demonizzato negli ultimi anni, alcuni comportamenti possono far virare l'utilizzo dei dispositivi verso lidi decisamente meno rassicuranti.
I risultati rivelano, ad esempio, che postare pubblicamente sui social è frequentemente associato a un netto aumento di sintomi depressivi e ansiosi: i ragazzi che pubblicano frequentemente sono apparsi due volte più soggetti a problemi emotivi rispetto a chi non lo fa. L’esposizione pubblica sembra quindi amplificare le vulnerabilità tipiche di questa fascia d’età.

Altro elemento critico è poi il cyberbullismo. Quasi sei ragazzi su dieci riferiscono di averne fatto esperienza negli ultimi tre mesi (in riferimento al momento del sondaggio). Anche atti apparentemente "lievi", come un insulto online, risultano correlati a sintomi depressivi, scatti d’ira e una crescente dipendenza da dispositivi digitali. "Molti dei ragazzi presi di mira online non sono presenti nelle conversazioni dove vengono attaccati, e quindi non possono difendersi", ha osservato Martin.
Il sonno disturbato dalla tecnologia
Un dato particolarmente significativo riguarda la qualità del sonno. I ragazzi che dormono con il telefono in camera – in mano o sotto il cuscino – dormono in media 8,6 ore per notte, contro le 9,3 ore di chi lascia il telefono in un’altra stanza. Una differenza che può sembrare minima, ma che rappresenta, secondo gli studiosi, un’enormità in termini di riposo perduto. Durante l'infanzia e l'adolescenza, infatti, un adeguato sonno notturno è fondamentale sia per ricaricare a dovere le batterie in vista della giornata, sia per lo sviluppo cognitivo e fisico (è proprio durante la notte che si attiva l'ormone della crescita) dei ragazzi.
Gli esperti, quindi, concordano: i dispositivi non dovrebbero entrare in camera da letto. "Consiglio alle famiglie di non permettere la ricarica dei dispositivi nelle camere", ha dichiarato Pearlman. "Se il telefono è vicino, i ragazzi saranno inevitabilmente tentati di usarlo, anche nel cuore della notte". La soluzione, tuttavia, non può essere identica per tutti: in alcuni casi è necessario lavorare maggiormente sull’uso consapevole, impostando ad esempio la modalità “non disturbare” per ridurre al minimo le notifiche.
Educare, non proibire
Lo studio ha pertanto invitato a superare la dicotomia che dipinge lo smartphone o come nemico o alleato assoluto. "Gli effetti dello smartphone sono complessi. È ciò che i ragazzi fanno con il telefono – e quanto riescono a regolarne l’uso – a fare la differenza", ha chiarito nel comunicato di presentazione della ricerca Wendy Rote, docente di psicologia della USF.

In quest’ottica, introdurre uno smartphone intorno agli 11 anni può essere una scelta opportuna, poiché i ragazzi sono ancora aperti al dialogo con i genitori e disponibili a ricevere indicazioni. "A 13 o 14 anni i ragazzi iniziano a chiudersi, non vogliono più l’interferenza dei genitori, ma a 11 anni sono entusiasti di avere un telefono e ancora ricettivi", ha sottolineato Pearlman, suggerendo il periodo delle scuole medie come un momento propizio per iniziare i figli ad un utilizzo consapevole dello smartphone.
Insomma, concludono gli autori, stando a quanto emerso dallo studio – che come ricordato dagli stessi studiosi necessiterà di ulteriori approfondimenti prima di assumere i crismi della verità scientifica – lo smartphone non deve essere percepito né come una panacea né come un pericolo da evitare a ogni costo, ma come uno strumento potente, il cui impatto dipende in larga parte da come viene utilizzato e da quanto consapevolmente verrà integrato nella vita dei ragazzi. E, soprattutto, da quanto gli adulti riusciranno ad accompagnare i più giovani in questo percorso.