Una madre racconta la vita del figlio affetto dalla sindrome di Hurler: “La malattia porta via il futuro, ma non il sorriso”
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La sindrome di Hurler è una rara malattia metabolica che porta i bambini piccoli a sviluppare deformità scheletriche, ritardi cognitivi e importanti problemi cardio-respiratori che ne riducono seriamente l'aspettativa di vita.
Quando nel 2020 il piccolo Riccardo venne al mondo, la madre Sabrina (entrambi sono nomi di fantasia) non aveva minimamente alcuna idea né dell'esistenza di questa condizione né dei grandi disagi che comporta. Anzi, per i primi mesi di vita il bimbo sembrava crescere normalmente, eccezion fatta per un certo problema d'udito.
A due anni e mezzo però la vita dei due cambia e Sabrina, che nel frattempo ha interrotto la relazione con il padre del bimbo, ha raccontato a Fanpage.it come ha affrontato la malattia del suo piccolo, che nonostante tutto, non ha mai perso la voglia di sorridere.
Qual è la condizione di Riccardo?
La malattia di mio figlio è la mucopolisaccaridosi di tipo 1, conosciuta come sindrome di Hurler. È una malattia genetica rara che, se non presa in tempo è degenerativa. E purtroppo noi l'abbiamo scoperta tardi, quando il bambino aveva già quasi due anni e mezzo.
Come mai tanto ritardo?
All'inizio la malattia è silente, non si manifesta. I primi segnali s'iniziano a intravedere dopo 8/9 mesi dal parto. Quando Riccardo è nato aveva mostrato solo un forte problema d'udito e infatti ci eravamo attivati per approfondire con i medici le origini e l'entità di questa sordità.
Come siete venuti a conoscenza della malattia?
La sordità nei bambini spesso è correlata ad altre condizioni e proprio per indagare questo aspetto io, il bimbo e il padre siamo stati tutti sottoposti a un test genetico. I risultati però sono arrivati dopo due anni, perché i medici all'inizio si erano concentrati sui fattori scatenanti della sordità. Solo in un secondo momento hanno approfondito la situazione genetica.
Come ha vissuto Riccardo in quei primi due anni?
Apparentemente bene, l'unico provvedimento era stato l'utilizzo di un apparecchio acustico. Un giorno però mi sono accorta che la testa del bambino si stava ingrandendo in modo sproporzionato, un sintomo tipico delle mucopolisaccaridosi.
Cosa è successo quando arrivò un verdetto tanto duro?
Ricordo che la notizia mi arrivò con una chiamata telefonica. Lì per lì faticavo a rendermi conto, speravo ci fosse un errore, una scappatoia di qualche tipo. Oggi però penso di aver retto botta e metabolizzato la situazione. Le psicologhe che ci seguono nel percorso terapeutico – io devo essere presente perché mio figlio non parla a parte una decina di vocaboli – ritengono che abbia avuto una reazione positiva alla malattia.
Al momento della diagnosi che scenario hanno prospettato i medici?
La prima ipotesi era quella di effettuare un trapianto di midollo per permettere la rigenerazione delle cellule del bambino. Per questo tipo di malattie, però, i criteri per accedere all'operazione sono molto rigidi: il bambino deve essere sotto i tre anni d'età, avere un certo punteggio di quoziente intellettivo e la malattia non deve essere in uno stato troppo avanzato.
Cos è successo dopo?
Devo dire che le strutture sanitarie si sono attivate in modo tempestivo per ricoverare il bambino e capire a che punto fosse la malattia. Oggi mio figlio si sottopone ogni giovedì ad una seduta di circa cinque ore dove attraverso una flebo, l'organismo riesce a riprodurre gli enzimi di cui è sprovvisto a causa del difetto genetico. Il problema di questa terapia è che le cellule non arrivano al cervello. A distanza di quasi due anni però gli organi interni – stomaco, milza, fegato – presentano valori ancora nella norma.
Il bambino mostra già i segni di una regressione?
Stando a quanto dicono i medici, grazie alle numerose terapie per il momento la malattia è in stallo. Il problema però è che sul lungo periodo la mancanza di questi enzimi nelle cellule del cervello porteranno ad un progressivo peggioramento.
Per ora non esiste una cura: avete provato qualche terapia sperimentale?
I medici ci hanno parlato di una terapia genica, ma per ora è ancora troppo presto per provarla con mio figlio. È ancora troppo debole, tanto che di recente ha avuto una crisi respiratoria come reazione a un'anestesia per una risonanza magnetica.
Come sono le giornate di Riccardo?
Riccardo è molto attivo, gli manca solo la parola: ama giocare, gli piace stare con gli altri bambini, sa anche attivare i video sulle piattaforme di streaming quando vuole guardare qualche video. Cammina in modo autonomo, anche se si stanca subito e fuori di casa è un po' fifone, preferisce stare nel passeggino.
Come cambierà la malattia nei prossimi anni?
Il problema più grande sarà quello a livello respiratorio. Già oggi soffre di apnee notturne e sul lungo termine può darsi che farà sempre più fatica a respirare.
Come si vive una situazione che non permette di guardare troppo al futuro?
Non ci penso, semplicemente. Finché posso, farò di tutto per rendere migliore la vita di mio figlio: spostarmi attraverso tutta l'Italia, passare le giornate in ospedale, continuare a cercare una terapia più efficace. Poi quando non potrò più fare nulla ci penserò. Ma quel giorno non è ancora arrivato.