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Un po’ di ansia temporanea può influire sull’apprendimento? Sì, secondo uno studio

Un breve episodio di ansia può influenzare più della predisposizione generale all’ansia la capacità di distinguere tra situazioni sicure e pericolose. Lo dimostra uno studio condotto con un gioco in realtà virtuale, in cui i partecipanti dovevano raccogliere fiori evitando api simulate con lievi stimolazioni elettriche.
A cura di Niccolò De Rosa
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disturbo d'ansia

Una breve esperienza di ansia può avere effetti molto più profondi di quanto si pensasse sulla nostra capacità di imparare, distinguendo tra ciò che è sicuro e ciò che rappresenta una minaccia. È quanto emerge da uno studio pubblicato su NPJ Science of Learning, che, attraverso un’esperienza immersiva in realtà virtuale, ha indagato come alcune emozioni transitorie possono influenzare l’apprendimento e la memoria spaziale.

Secondo i risultati ottenuti infatti, gli esseri umani possono trarre alcuni benefici da ridotte parentesi di pressione emotiva. Una scoperta che, se confermata, può aprire nuove prospettive nella comprensione dei disturbi legati all'ansia e indicare strade possibili per migliorare i trattamenti precoci nei bambini soggetti a disturbi d'ansia o esperienze traumatiche.

Un gioco virtuale per studiare ansia e memoria

Per condurre l’esperimento, i ricercatori hanno coinvolto 70 giovani adulti, di età compresa tra i 20 e i 30 anni, tutti senza particolari problematiche neurologiche. Ai partecipanti è stato chiesto di raccogliere fiori in un ambiente virtuale, sapendo che alcuni boccioli ospitavano api pronte a pungere: la puntura veniva simulata da una lieve stimolazione elettrica sulla mano. L'obiettivo era osservare come le persone imparassero a riconoscere le aree sicure da quelle pericolose.

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Quando l’ansia momentanea pesa più di quella cronica

Il dato più sorprendente emerso riguarda l’influenza dell’ansia temporanea. Non era la tendenza generale a sentirsi ansiosi a fare la differenza, bensì l'ansia provata nel momento specifico dell’esperimento. I partecipanti che riuscivano a distinguere le aree sicure da quelle a rischio mostravano una memoria spaziale migliore e livelli di ansia più bassi. Al contrario, chi faticava a differenziare i luoghi manteneva uno stato d'allerta elevato anche in zone prive di minacce.

Imparare a distinguere il pericolo: una chiave contro i disturbi d’ansia

Secondo Benjamin Suarez-Jimenez, professore associato di Neuroscienze e autore senior dello studio, i risultati offrono una nuova chiave di lettura per comprendere disturbi come il disturbo da stress post-traumatico (PTSD). "Questi dati aiutano a spiegare perché alcune persone faticano a distinguere situazioni sicure da quelle pericolose", ha spiegato. Un’incapacità che soprattutto nei bambini può alimentare reazioni di paura croniche, rendendo più difficile superare eventi traumatici.

Lo studio suggerisce invece che un’eccessiva ansia può compromettere non solo la gestione della paura ma anche la capacità di apprendere dall’ambiente circostante. Per migliorare i trattamenti, potrebbe quindi essere utile intervenire su come le persone elaborano i segnali di minaccia. In futuro, gli studiosi puntano a integrare misure di tracciamento dell'attenzione, come l’eye-tracking, per capire meglio quanto l’attenzione al pericolo influenzi la percezione dell'ambiente nel suo complesso.

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