Un esame del sangue per prevedere la depressione post partum: l’ipotesi in uno studio
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Un nuovo studio condotto dall'Università della Virginia e dal Weill Cornell Medicine potrebbe aprire la strada a un metodo rivoluzionario per identificare precocemente le donne esposte a un maggiore rischio di sviluppare la depressione postpartum, un disturbo che può compromettere – talvolta anche molto gravemente – la salute mentale delle neo-mamme.
Secondo la ricerca, pubblicata sulla rivista Neuropsychopharmacology, alcune molecole presenti nel sangue durante la gravidanza potrebbero infatti funzionare come indicatori della probabilità di sviluppare questa condizione. La scoperta – se confermata anche dai successivi approfondimenti –potrebbe portare non solo a diagnosi più rapide, ma anche a trattamenti preventivi mirati per salvaguardare il benessere dei genitori e dei loro figli.
La depressione post partum: un problema diffuso
Secondo i dati riportati dagli studiosi, depressione post partum interessa circa 10/15 percento delle neo-mamme, le quali possono sperimentare ansia intensa, tristezza profonda, senso di disperazione e difficoltà nel legarsi al proprio bambino. Questi sintomi, se non trattati, possono avere conseguenze a lungo termine sulla madre e sullo sviluppo del bambino. Comprendere i meccanismi biologici alla base di questa patologia risulta pertanto essenziale per migliorare la prevenzione e il trattamento.
Il ruolo degli ormoni
Il nuovo studio si è concentrato su alcuni steroidi neuroattivi derivati dal progesterone, un ormone fondamentale nella gravidanza, poiché aiuta il corpo materno a creare le condizioni necessarie ad accogliere e crescere il feto. I ricercatori hanno analizzato il sangue di 136 donne durante il secondo e il terzo trimestre di gravidanza, scoprendo che ben 33 di esse avevano sviluppato depressione post partum dopo il parto.
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Due molecole in particolare, il pregnanolone e l'isoallopregnanolone, sembrano giocare un ruolo chiave: il primo riduce lo stress, mentre il secondo lo aumenta. Le donne che hanno sviluppato la depressione post partum presentavano un rapporto alterato tra questi composti, oltre a livelli elevati di progesterone nel terzo trimestre.
Verso una diagnosi precoce
Questa scoperta potrebbe rivoluzionare la diagnosi della depressione post partum, permettendo ai medici di individuare le donne a rischio attraverso un semplice esame del sangue. Se confermata su un campione più ampio e diversificato, questa ricerca potrebbe portare allo sviluppo di un test clinico in grado di prevedere la malattia prima ancora che si manifestino i sintomi.
Oltre alla diagnosi precoce, i ricercatori ipotizzano che alcuni farmaci già in uso per trattare la depressione post partum, come il brexanolone e lo zuranolone, potrebbero essere utilizzati anche a scopo preventivo. Sebbene sia ancora presto per trarre conclusioni definitive, questa prospettiva apre nuove strade per la tutela della salute mentale delle neo-mamme. La speranza è che, grazie a queste ricerche, si possa arrivare a un approccio più efficace per prevenire e curare questa diffusa patologia.