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I bambini fanno giochi pericolosi dai tempi della preistoria: “Per loro è una necessità e aiuta a crescere”

Secondo gli antropologici, praticare attività che prevedono un certo rischio (come arrampicarsi o dondolarsi su strutture sopraelevate) aiutano i bambini a testare i propri limiti e prendere confidenza con il loro corpo. Una lezione imparata dall’uomo in millenni di evoluzione.
A cura di Niccolò De Rosa
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L'importanza del gioco pericoloso

Arrampicarsi sugli alberi o saltellare in equilibrio precario su pali e ponticelli di corda sono attività che i bambini di oggi praticano sempre di meno, tenuti a freno da genitori timorosi che i loro pargoli possano procurarsi ferite e infortuni del tutto evitabili. Se però l'attenzione alla sicurezza rimane una conquista preziosa dei nostri tempi, l'eccesso di prudenza non solo rischia di privare i piccoli d'importanti esperienze di crescita, ma potrebbe anche contravvenire ad un principio evolutivo che per millenni a spinto l'essere umano a spingersi oltre i propri limiti.

Un recente studio condotto da un team di antropologi del Dartmouth College (USA) ha infatti riacceso il dibattito sul valore del gioco rischioso per lo sviluppo dei bambini. La ricerca sostiene infatti che le attrezzature da parco giochi come le sbarre per arrampicarsi e i giochi a ostacoli, spesso considerate pericolose, rispondano a un bisogno biologico profondamente radicato, trasmesso dai nostri antenati e dai primati.

I "pericoli" del gioco sono formativi

Pubblicato sulla rivista Evolution, Medicine, and Public Health, lo studio mostra come molte delle attività fisiche che spesso vengono etichettati come "giochi pericolosi" in realtà stimolino competenze fondamentali per la crescita fisica e cognitiva.

Giocare, arrampicarsi e dondolarsi aiuta i bambini a fare i conti con i propri limiti
Giocare, arrampicarsi e dondolarsi aiuta i bambini a fare i conti con i propri limiti

L'eccesso di sicurezza, imposto da politiche restrittive sui parchi giochi e ormai radicato nell'approccio di molti geniotri, potrebbe dunque privare i bambini di piccole tappe necessarie al loro sviluppo.

La co-autrice dello studio, Zane Thayer, sottolinea come i bambini di oggi siano in realtà più sicuri che mai, nonostante la crescente preoccupazione dei genitori. Secondo Thayer, il gioco rischioso, pur presentando la possibilità di infortuni, aiuta i bambini a superare sfide in autonomia e a imparare dai propri errori, favorendo lo sviluppo di resilienza e fiducia in se stessi.

Il metodo della ricerca: una finestra sul passato

Lo studio si concentra su come le pratiche di gioco rischioso, come arrampicarsi, saltare e dondolarsi, siano parte di un’eredità evolutiva che affonda le radici nell’era dei primi ominidi.

I ricercatori hanno esaminato fossili risalenti a oltre tre milioni di anni fa, come quelli di Australopithecus afarensis (la specie della celebre Lucy) scoprendo che i bambini di allora probabilmente trascorrevano gran parte del loro tempo sugli alberi, proprio come facevano gli adulti. Questi antichi esseri umani possedevano strutture corporee – dalle spalle alle mani e ai piedi – adatte all’arrampicata e alla sospensione, dimostrando che il gioco rischioso non solo era comune, ma anche necessario per la sopravvivenza.

Prendendosi quale rischio, i giovani primati imparano a muoversi nell'ambiente circostante.
Prendendosi quale rischio, i giovani primati imparano a muoversi nell'ambiente circostante.

Luke Fannin, autore principale dello studio e dottorando presso la Guarini School of Graduate and Advanced Studies, ha spiegato come i bambini degli antichi ominidi (così come i moderni primati) dovessero sviluppare fiducia e abilità motorie per evitare cadute potenzialmente fatali. Questo tipo di gioco esplorativo consentiva loro di testare i propri limiti e acquisire competenze essenziali che sarebbero state utili in età adulta.

Nonostante oggi gli esseri umani non siano più abili arrampicatori come altri primati, i bambini conservano però una fisiologia che li rende agili e capaci di recuperare rapidamente da piccoli infortuni, caratteristiche che, secondo i ricercatori, dovrebbero essere sfruttate.

Per Fannin infatti, i giovani primati non umani mettono alla prova i limiti di ciò che possono e non possono fare, comprendendo così quali siano i rischi e come si debba reagire in caso di pericolo. E lo stesso meccanismo evolutivo rimane attivo e presente anche nella nostra specie.

Nuove conferme

L’interesse per le attività all'aperto non è certo nuovo.  Come ricordato dall'antropologo Nathaniel Dominy – l'altra firma principale dello studio – già agli inizi del XX secolo, Sebastian “Ted” Hinton, avvocato di Chicago, brevettò il jungle gym, ispirandosi a quella che lui definiva "l'istinto delle scimmie" di arrampicarsi.

Anche se la connessione scientifica tra esseri umani e antenati primati non era ancora stata formalmente dimostrata, Hinton intuiva già l'importanza dell'arrampicata per lo sviluppo fisico dei bambini. Un’intuizione che oggi sembra trovare conferme nelle ricerche antropologiche.

Un delicato equilibrio tra rischio e sicurezza

Per4 confermare le proprie tesi, i ricercatori si sono poi concentrati sul punto cardine dell'intera discussione, ossia il rischio intrinseco a certe attività che, come dimostrato, diventano utili e stimolanti per i bimbi proprio perché portano una certa probabilità di farsi male.

Ma quanto pericolo si nasconde davvero nella pratica di questi giochi? Utilizzando i dati di indagini e report precedenti, i ricercatori della Dartmouth riportano che, sebbene le strutture ludiche considerate "rischiose" (come le sbarre per arrampicarsi) siano associate a un numero maggiore di fratture rispetto ad altri giochi da parco, il rischio complessivo di infortuni rimane comunque relativamente basso.

Uno studio del 2003 citato dai ricercatori ha calcolato, ad esempio, che il rischio di lesioni nei parchi giochi è di 0,59 su 100.000, un dato molto inferiore rispetto agli infortuni sportivi organizzati o alle lezioni di ginnastica scolastica.

Una società troppo protettiva può limitare i bambini

Nonostante la bassa pericolosità, molte città (come New York, citata dallo studio) hanno rimosso simili strutture dai parchi pubblici tra gli anni '80 e 2000, adottando linee guida di sicurezza sempre più severe e restringenti.

Gli antropologi di Dartmouth avvertono però che eliminare completamente questi giochi potrebbe privare i bambini di opportunità preziose per la loro crescita.

Per Fannin il gioco libero che consente ai bambini di modulare le attività in base alle proprie capacità, sarebbe addirittura più utile rispetto agli sport organizzati, dove le regole sono dettate dagli adulti e gli infortuni sono spesso legati a contesti sociali competitivi.

Il team di ricerca quindi non nega la necessità di garantire la sicurezza dei bambini, ma invita genitori, insegnanti e amministratori a considerare anche i benefici a lungo termine del gioco rischioso. Il rischio è infatti parte integrante del processo di apprendimento e dello sviluppo infantile, come lo era per i nostri antenati, e sperimentarlo attraverso il gioco permette ai bambini di sviluppare fiducia, abilità motorie e resilienza, competenze che avranno un impatto positivo lungo tutto il corso della loro vita.

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