Tumore all’ovaio: parlarne in famiglia può fare la differenza

L’8 maggio è la giornata mondiale del tumore ovarico, la 10a neoplasia femminile definita ancora oggi big killer tra le neoplasie ginecologiche. Questo carcinoma presenta sintomi precoci difficili da individuare o rimane completamente silente nelle prime fasi di malattia e, per questo, difficilmente viene diagnosticato negli stadi precoci. L’unico fattore di rischio indagabile è quello ereditario, infatti, ricostruendo la propria storia familiare ed effettuando – se in presenza di alcuni segnali e dopo indicazione di un genetista – un test genetico è possibile scoprire di più sui nostri geni e attivare un percorso personalizzato per noi e per la nostra famiglia, per questo parlarne non deve essere più un tabù.
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Solo nel 2022, si stima che 6mila donne abbiano ricevuto una diagnosi di tumore ovarico in Italia. Questa patologia può definirsi subdola: molto spesso, infatti, nelle fasi iniziali è asintomatica ed è difficile diagnosticarla precocemente. Secondo le stime, solo 2 pazienti su 10 scoprono di averlo in una fase iniziale.

Inoltre, quando compaiono, i sintomi possono essere ricondotti ad altre condizioni e non esiste uno screening o degli esami utili alla diagnosi precoce.

Il tumore dell'ovaio colpisce i tessuti che formano questi due organi della dimensione di una grande mandorla e che si trovano ai due lati dell'utero, le cui funzioni sono principalmente ormonali e riproduttive. La percentuale di sopravvivenza netta a 5 anni dalla diagnosi è in media circa del 40%, ma si alza fino al 90% se diagnosticato quando il tumore è ancora confinato all’ovaio.

Questa neoplasia rientra nella schiera dei tumori ereditari, infatti tra i fattori che aumentano il rischio di sviluppare un tumore ovarico c’è anche la mutazione ai geni BRCA. Gli studi scientifici hanno evidenziato che ereditare una mutazione di BRCA1 aumenta del 40% il rischio di una donna di sviluppare un cancro dell’ovaio, mentre ereditare una mutazione di BRCA2 alza il rischio del 18%.

Conoscere la nostra storia familiare può però aiutarci anche ad essere più consapevoli del grado di rischio che corriamo nello sviluppare un determinato tipo di tumore ereditario. Qualora, parlandone in famiglia, venisse fuori che all’interno del proprio nucleo familiare ci sono state altre donne che hanno sviluppato questo tumore, oppure altri parenti stretti con carcinoma mammario, prostatico o pancreatico, è importante condividere queste informazioni con il proprio medico che potrà valutare la necessità di una consulenza oncogenetica.

Il genetista creerà una vera e propria mappa familiare e si potrà prendere in considerazione l'idea di sottoporsi al test BRCA1/BRCA2. Si tratta di un semplice esame del sangue in grado di identificare le alterazioni di questi geni. Anche in caso di esito positivo non è detto che si svilupperà il cancro nel corso della propria vita, ma si avrà la possibilità di attivare insieme al proprio medico un percorso personalizzato. Inoltre, scoprire la mutazione a seguito di una diagnosi di tumore andrà a personalizzare ulteriormente il percorso terapeutico.

Infine, quando il test è positivo si deve valutare con il genetista l’opportunità di coinvolgere i parenti più stretti.

Sul portale tumoriereditari.it, promosso da AstraZeneca e MSD, c'è tutto il materiale utile per informarsi con fonti scientificamente accreditate sui tumori correlati alle mutazioni genetiche.

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