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Troppi traslochi durante l’infanzia aumentano il rischio di depressione da adulti

Secondo una ricerca internazionale, un gran numero di spostamenti durante i primi anni di vita priva bambini e ragazze di certezze e sicurezze, con conseguenze a lungo termine per la loro salute mentale.
A cura di Niccolò De Rosa
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Traslochi e rischio depressione

Cambiare casa è uno stress ad ogni età, ma farlo molte volte durante l'infanzia e la prima adolescenza potrebbe influire pesantemente sul benessere mentale una volta diventati grandi.

A dirlo è un nuovo studio pubblicato sulla rivista JAMA Psychiatry che analizzando i dati di oltre un milione di cittadini danesi ha scoperto come un alto numero di traslochi in gioventù fosse associato al 40% di probabilità in più di ricevere una diagnosi di depressione in età adulta.

Uno studio ambizioso

La ricerca è stata realizzata da un team internazionale di studiosi provenienti da tre atenei – Aarhus University (Danimarca), Università di Plymouth e dell' di Manchester (entrambe del Regno Unito) – e ha analizzato tutte le località residenziali di un campione di circa 1,1 milioni di persone nate in Danimarca tra il 1981 e il 2001 e che hanno soggiornato nel Paese durante i primi 15 anni della loro vita.

Oltre alla raccolta di simili dati però, lo studio ha continuato a monitorare lo sviluppo di tutti i partecipanti fino all'età adulta, arrivando a scoprire che oltre 35.000 uomini e donne coinvolti nello studio avevano ricevuto una diagnosi medica legata a comportamenti depressivi.

Troppi spostamenti influiscono sulle sicurezze dei ragazzi

Analizzando i dati incrociati relativi a stati conclamati di depressioni e gli spostamenti delle famiglie durante i primi 15 anni di vita, lo studio ha evidenziato come le persone che si trovano a vivere in quartieri poveri durante l'infanzia hanno quasi il 10% di probabilità in più di diventare depressi adulti, tuttavia l'impatto del gran numero di traslochi sullo sviluppo psicologico dei bambini appare trasversale e riguarda sia i ragazzi cresciuti in contesti di benessere economico, sia quelli che hanno vissuto in zone meno abbienti.

Dando uno sguardo ai numeri, i ricercatori si sono accorti che i soggetti che si trasferiscono una volta tra i 10 e i 15 anni hanno il 41% di probabilità in più di essere diagnosticati con una forma depressione rispetto a quelli che non si trasferiscono. Se però i traslochi diventano due o superiori, il rischio sale addirittura al 61%.

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Un simile trend ha suggerito agli scienziati a considerare la presenza di un ambiente domestico stabile come un elemento rilevante nella tutela della salute mentale dei più piccoli.

"Durante quegli anni formativi, i bambini costruiscono le loro reti sociali attraverso la scuola, i gruppi sportivi o altre attività" ha spiegato Clive Sabel, Data Scientist e co-autore dello studio. "Ogni volta che i bambini devono adattarsi a qualcosa di nuovo può essere un momento molto stressante e potenzialmente dirompente, quindi dobbiamo lavorare per trovare nuovi modi che aiutino le persone a superare queste sfide.

Perché traslocare mette a dura prova la salute mentale?

Stabilire le cause di un disagio psicologico è complesso e al di là dei grandi numeri contano molto le esperienze dei singoli. In generale però, la letteratura scientifica ha ormai appurato come la mancanza di riferimenti fissi durante l'infanzia – siano esse le figure genitoriali o lo stesso ambiente circostante – possa privare i bambini di sicurezze e punti saldi sui quali costruire le proprie abitudini e la propria personalità.

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"Questo studio sottolinea l'importanza di politiche globali che consentano e supportino un'infanzia stabile, ma che tengano conto delle identità regionali e culturali" ha aggiunto Sabel.

"I giovani in affidamento spesso affrontano più trasferimenti e sono potenzialmente sottoposti a ulteriori pressioni. Poi ci sono i figli dei militari, che si spostano regolarmente a seconda delle destinazioni dei loro genitori. Questo studio suggerirebbe che loro, e altri bambini in condizioni simili, potrebbero aver bisogno di ulteriore assistenza per prevenire lo sviluppo di malattie mentali in età avanzata".

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