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“Sua figlia ha la Sindrome di Smith-Magenis”: il racconto di una mamma per rompere il silenzio

La sindrome di Smith-Magenis è una rara malattia genetica che altera lo sviluppo cognitivo e comporta seri disturbi comportamentali. Una mamma di Saronno ha raccontato a Fanpage.it la sua storia: “Ne siamo usciti bene, ma non tutti sono così fortunati”
A cura di Niccolò De Rosa
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Mamma Smith-Magenis

Stefania è una mamma di Saronno, in provincia di Varese, che da 21 anni vive e cresce con Giorgia, una solare ragazza dagli occhi azzurri affetta dalla sindrome di Smith-Magenis, una malattia genetica che oltre ad certo ritardo cognitivo e alcuni piccoli tratti fisici tipici (mani un po' più tozze o i piedi piccoli) comporta nei soggetti che ne soffrono importanti disturbi del sonno, del linguaggio e del comportamento.

Essendo molto rara – colpisce un soggetto su 25.000 – questa sindrome è ancora oggi molto poco conosciuti e Stefania ha deciso di raccontare la sua storia a Fanpage.it per portare questa condizione fuori dall'anonimato e aiutare le altre famiglie che si trovano nella stessa situazione a non sentirsi più soli.

Gli inizi

Quando Giorgia nasce, Stefania e suo marito Vittorio si accorgono subito di come la bimba sia particolarmente tranquilla. All'inizio però non danno molto peso alla cosa.

"Appena due anni e mezzo prima avevamo avuto la sorella maggiore, Alice, e anche lei era stata una neonata molto quieta. I mesi però passavano e Giorgia non solo cresceva poco, ma non riusciva nemmeno a stare seduta, non emetteva quasi un suono e reagiva molto pigramente agli stimoli".

I genitori decidono dunque di portare la piccola dal pediatra, che però all'inizio minimizza. A nove mesi però, forse per l'insistenza di Stefania, prescrive una visita dalla fisiatra, la quale si accorge subito di come Giorgia sia una bambina ipotonica, ossia con la muscolatura ancora poco sviluppata. Da qui inizia una lunga sequela di controlli e visite neuropsichiatriche affiancate da continue sedute di fisioterapia.

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Dopo innumerevoli tentativi e ricoveri, a quattro anni la famiglia riceve finalmente una diagnosi chiara, certificata da un esame genetico: Giorgia ha la sindrome di Smith-Magenis, una rara malattia causata da una malformazione nel cromosoma 17.

"Dare un nome alla sua condizione non ha cambiato molto il nostro quotidiano, anche perché allora nessuno la conosceva, nemmeno su Internet, ma almeno sapevamo di cosa si trattava e abbiamo potuto aiutare nostra figlia con la logopedia (la sindrome complica lo sviluppo del linguaggio ndr.), le sedute di psicomotricità e le terapie comportamentali".

Le difficoltà

All'inizio l'aspetto più duro riscontrato dai genitori è stata la mancanza del sonno.

"Per i primi tre anni Giorgia non ha mai dormito più di un paio d'ore a notte, e quindi anche noi non riuscivamo mai a riposare. È stato molto pesante, però crescendo la situazione è gradualmente migliorata".

Negli anni successivi invece, a creare un maggiori difficoltà è l'aspetto comportamentale: chi ha la Smith-Magenis non riesce a gestire le proprie emozioni (sia positive che negative) e non di rado possono verificarsi degli scatti molto violenti che talvolta sfociano anche in atti di autolesionismo.

"Fortunatamente non è stato il caso di Giorgia, ma anche con lei ci sono stati dei momenti molto difficili, con tante crisi di rabbia condite da lanci di oggetti e pianti inconsolabili" racconta Stefania. "L'aiuto dei terapisti e della scuola, soprattutto le meravigliose maestre delle elementari, hanno permesso a Giorgia di migliorare la sua vita e ora posso dire che alla fine ne siamo venuti fuori piuttosto bene".

Il rapporto con la sorella

Anche Alice, la sorella maggiore diventa un punto di riferimento importante, nonostante le difficoltà iniziali.

"Crescere con una sorella così particolare per lei è diventato quasi subito la normalità, anche perché noi le abbiamo sempre spiegato la situazione, pur cercando le parole adatte per ogni età".

A scuola poi le due sorelle frequentano più o meno gli stessi ambienti (amici, feste etc…) e questo contribuisce a rafforzare il loro legame e aiuta Giorgia ad essere accettata più facilmente dagli altri.

"Certo, a volte soffriva il fatto che per forza di cose molte delle nostre attenzioni finivano sempre su Giorgia" continua Stefania. "Ancora oggi ogni tanto mi lancia delle battutine, ma lei adora sua sorella, anche quando litigano".

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La vita quotidiana

Grazie all'aiuto di Stefania, Vittorio e Alive – oltre che delle varie terapie – a 21 anni Giorgia ha raggiunto un buon livello di autonomia. Si veste e si lava da sola, parla abbastanza bene ("anche se si mangia le parole perché è sempre frenetica") e come molte sue coetanee, vorrebbe stare sempre son il tablet e cerca di scansare le faccende di casa.

"É una lotta continua. Giorgia è pigrissima e quando torno da lavoro spesso trovo il letto sfatto e la casa in disordine" racconta divertita Stefania. "Certo, con i numeri e la lettura fa ancora fatica, però è molto curiosa, osserva tutto e apprende molto. Poi ama la musica, fa sport e segue anche lezioni di canto".

E con gli altri? "Nostra figlia è estremamente empatica, come molti altri ragazzi con questa sindrome. Se capisce che si può lasciare andare diventa molto "fisica" e bacia e abbraccia tutti".

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Il lavoro per gli altri

Grazie all'esperienza vissuta con sua figlia, Stefania è entrata in contatto con tante altre famiglie colpite dalla Sindrome di Smith-Magenis, e dal 2018 è presidente dell'Associazione Nazionale Italiana Smith-Magenis, iniziativa nata nel 2015 per promuovere iniziative di sensibilizzazione e creare una rete di supporto per tutte quelle persone che a differenza sua non hanno la disponibilità di mezzi per affrontare una situazione così impegnativa sia per chi è soggetto alla condizione, sia per i suoi cari.

"Noi siamo stati fortunati e abbiamo avuto la possibilità di far seguire Giorgia in modo adeguato" spiega Stefania.

"Purtroppo, vuoi per la rarità della malattia, vuoi per la condizione della Sanità italiana, il rapporto con le Asl è spesso molto complicato e tantissimi genitori non riescono ad ottenere la giusta assistenza. E se non si ha la forza economica di fare da sé, significa impedire ai ragazzi di vivere una vita migliore".

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