Stai mettendo troppa pressione ai tuoi figli? Gli esperti rivelano i segnali per capirlo

Nel tentativo di offrire il meglio ai propri figli, molti genitori riempiono le loro giornate di attività, corsi e impegni, convinti che ogni occasione sia un’opportunità da cogliere. Ma quell’agenda fitta, che nasce da un amore sincero, può diventare una gabbia. I ragazzi, spesso, non si lamentano: tacciono per non deludere, per non ferire. E così, dietro a un’apparente normalità, può nascondersi un carico di stress soverchiante. È però proprio in quel silenzio eloquente che bambini e adolescenti nascondono segnali che parlano di fatica, aspettative eccessive e bisogno di ascolto.
Come spiegato dall’HuffPost UK in un recente approfondimento sui segnali sottili dello stress nei più giovani, i ragazzi tendono infatti a non comunicare apertamente il proprio disagio poiché, temendo di disattendere le aspettative di mamme e papà zitti fino a quando non raggiungono un punto di rottura. Per questo, è fondamentale che gli adulti imparino a cogliere i segnali nascosti e rivedere, se necessario, le proprie aspettative.
L’evitamento come campanello d’allarme
Un primo indicatore di disagio è l’evitamento. Bambini e ragazzi sopraffatti dagli impegni, ma decisi a non deludere i genitori, di solito iniziano a trovare scuse per scansare le situazioni indesiderate: mal di pancia improvvisi, oggetti scolastici misteriosamente smarriti, lentezza esasperante nei gesti. Secondo la psicologa clinica e saggista Lisa Damour, in questi casi è importante interrogarsi sul motivo per cui il figlio sta portando avanti una determinata attività: "Se il ‘perché' è legato al desiderio del genitore, ma il ragazzo non è coinvolto in prima persona, è il momento di riflettere seriamente sulla direzione presa" afferma l'esperta.
Se però alcuni impegni possono essere tranquillamente accantonati per alleggerire le giornate dei ragazzi, altri – come la scuola – richiedono invece una gestione ben più delicata. Per casi simili Damour invita a evitare soluzioni che eludano il problema, come permettere a un figlio di saltare una verifica per mancanza di preparazione. Piuttosto, risulta molto utile accompagnarlo nella ricerca di strategie per affrontare la difficoltà: confrontarsi con l’insegnante, studiare con un compagno, guardare video esplicativi. L’obiettivo deve essere insegnare al ragazzo o alla ragazza a reagire alle difficoltà, non a fuggire da esse.

I figli sono sempre stanchi
Un altro segnale da non sottovalutare è la costante difficoltà a recuperare le energie. Un figlio sempre stanco, irritabile, disattento o demotivato potrebbe non avere abbastanza tempo per ricaricare le batterie, magari perché oberato di impegni tra scuola e attività extra. La psicologa dell’educazione Michele Borba, ha infatti spiegato all'HuffPost che quando lo stress aumenta, spesso "si verificano una serie di esaurimenti: cala il sonno, l’energia, la capacità di concentrazione".
Per evitare tutto ciò, le strade possono essere molto varie, anche perché ogni bambino ha ritmi diversi. C’è chi si rigenera facendo sport, e chi ha bisogno di tempo libero assoluto dopo la scuola. Confrontare il proprio figlio con gli altri è quindi fuorviante e potenzialmente controproducente: "Non usate ciò che fanno gli altri bambini come metro di misura per il vostro – avverte Damour –. La capacità di recupero è diversa per ciascuno, e va rispettata".
Poco impegno nel migliorarsi
I bambini sono entusiasti e curiosi per natura. Pertanto, se un figlio partecipa a un’attività ma sembra sempre svogliato, poco propenso a migliorarsi o a imparare qualcosa di nuovo, potrebbe non essere coinvolto in modo autentico. Dopotutto, come spiega Borba, "quando i ragazzi si divertono davvero, sono più tenaci, apprendono più in fretta, sentono il bisogno di andare avanti".

Diverso è il caso di chi sta semplicemente attraversando una fase di stallo: in quel caso, il supporto dei genitori è essenziale. Ma se si ha l’impressione che il ragazzo faccia il minimo indispensabile per dare il contentino al genitore o all'istruttore di turno, allora forse è il momento di fare un passo indietro e riconsiderare la sua agenda. Come suggerisce Damour, "potrebbe essere il caso di lasciargli fare una pausa, soprattutto se anche gli altri adulti coinvolti nell’attività percepiscono la stessa disconnessione".
Quando il genitore è più coinvolto del figlio
Una delle dinamiche più delicate è quella che si crea quando il genitore tiene più del figlio a un certo risultato. È una trappola frequente, soprattutto in ambito scolastico. Di fronte a un’insufficienza, la reazione istintiva del genitore potrebbe essere quella di intervenire subito, correndo ai ripari con ripetizioni, punizioni e discorsi grondanti di preoccupazione. Un approccio eccessivamente apprensivo però, molto spesso non serve a richiamare i bambini alle loro responsabilità, ma trasmette solo ansia e pressione psicologica.
Per Damour, l'approccio giusto rimane invece quello di non farsi prendere dal panico e osservare con razionalità la situazione: "Il punto critico arriva quando studente e genitore non sono allineati sugli obiettivi. Se il genitore si preoccupa molto più del figlio, spingere di più rischia di essere controproducente, specie con un adolescente", ha spiegato la psicologa. Meglio allora fermarsi, fare domande, cercare di capire le motivazioni dietro la disaffezione. Forse gli obiettivi prefissati non sono realistici, o semplicemente non sono condivisi dagli stessi ragazzi. E in quel caso, insistere può diventare fonte di ulteriore stress e disconnessione.

Poco entusiasmo nel fare le cose
Le esperte confermano infine l'importanza di osservare il modo con cui un figlio si approccia alle sue attività. Lo sport, il teatro, la musica – tutte esperienze che dovrebbero essere fonte di entusiasmo e soddisfazione – possono perdere significato se vissute come obblighi. "L'atteggiamento è sempre il segnale più chiaro", sottolinea Borba. Se un figlio sembra svogliato o infelice prima di un’attività, forse è arrivato il momento di chiedersi se ha ancora senso proseguire.
Damour chiarisce però che ciò non deve essere letto come la pretesa di vedere i propri figli sempre allegri e galvanizzati. È del tutto normale che un bambino abbia delle giornate no in cui si mostra più indolente e meno propositivo. L'importante è trovare il giusto equilibrio: "Non devono amare ogni minuto di scuola o delle attività extracurriculari, ma nel complesso dovrebbero provare un senso di crescita e orgoglio per ciò che stanno facendo", ha concluso l'esperta, ricordando come nessuna crescita possa essere possibile senza il rispetto dei tempi, delle inclinazioni e dei bisogni autentici del singolo ragazzo.