“Sono vecchio. Ho paura di non vedere crescere mia figlia”: lo psicologo sulle parole di Enzo Paolo Turchi
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"Ciò che conta è quello che i genitori seminano, molto più che la loro presenza costante", così lo psicologo e psicoterapeuta sistemico familiare, esperto in dinamiche della famiglia, ha commentato le preoccupazioni che Enzo Paolo Turchi ha espresso al Grande Fratello.
Lo showman ha spiegato di soffrire molto la distanza di età con la figlia, avuta dopo anni di tentativi, per la paura di non poterla vedere crescere.
Il dottor Marco Schneider ha spiegato quali paure muovono soprattutto i genitori che scelgono di diventarlo in là con l'età e quali consapevolezze è bene che rinnovino per scoprire che non sarà l'età a fare la differenza per i loro bambini.
Da dove deriva questa paura di “un genitore anziano” e senso di colpa per non poterci essere per sempre nella vita dei figli?
Questo senso di colpa non è la norma ma accade che nei genitori che scelgono di diventarlo in età avanzata, si manifesti con maggior facilità. Si tratta di un sentimento costituito da due elementi, da una parte la consapevolezza che il genitore ha di non poterci essere per il figlio in futuro, quando avrà bisogno di lui. Dall’altra il fatto che non avrà abbastanza tempo, nel corso della vita insieme, per stare con il figlio, dal momento che le proprie attività lavorative tolgono tempo alla relazione.
Tutti i genitori prima o poi lasceranno i figli, perché i genitori giovani manifestano meno questo senso di colpa?
Il discorso del senso di colpa è molto meno presente nei genitori giovani perché hanno un orizzonte temporale di vita percepito come maggiore. Il fatto di avere davanti a sé auspicabilmente molto tempo, fa sì che il sentire la finitezza del tempo sia un problema lontano. Di conseguenza un genitore giovane pensa di poter essere molto presente con il figlio anche quando sarà adolescente e giovane adulto, un momento molto difficile per i ragazzi. Dunque, nel caso di Turchi, penso che la sua paura più grande sia non poterci essere per sua figlia proprio in quella fase della vita in cui le avrà più bisogno di lui.
I genitori anziani, di contro, sanno di non avere molto tempo per se stessi e per la relazione con i figli. La questione del senso di colpa è anche legata alla consapevolezza dei bisogni che possono avere i figli, i genitori più anziani sono quasi sempre genitori che hanno un investimento affettivo nei confronti dei figli accentuato, dal momento che probabilmente quando loro figlio è nato avevano una stabilità economica e già vissuto tappe della realizzazione personale. Non che i genitori giovani non investano nell'affetto per i figli, ma sono anche molto presi dalla loro vita, dai problemi quotidiani, dal far quadrare i conti, dai loro interessi.
Il senso di colpa può derivare dal fatto che la società taccia i “genitori anziani” di egoismo?
Sicuramente viviamo in una società che, nonostante sia più vecchia, mantiene una serie di pregiudizi, soprattutto rispetto al tema della genitorialità. Ciò significa che la scelta di diventare genitore a un'età avanzata è una scelta dei genitori che contempla già il fatto che saranno oggetto di potenziali critiche da parte delle persone che stanno attorno ai neogenitori, perché c’è un po’ l’idea radicata nella nostra cultura che fare un figlio in età avanzata sia un atto egoistico, soprattutto se avviene dopo i 50 anni. Il problema principale, però, è che nella mente dell’opinione pubblica c’è un’idea legata al fatto che i genitori attorno ai 75 anni saranno troppo vecchi, quasi genitori-nonni. Questo nell’idea delle persone e dell’opinione pubblica è connotato in senso negativo, ma non solo non tiene conto del fatto che l'età media delle persone continua ad aumentare ma del fatto che i livelli di salute delle persone continuano a crescere. La forma fisica di un cinquantenne di 40’anni fa è molto più vicina alla forma fisica di un settantenne di oggi.
Lo spostamento è abbastanza compensato dal fatto che mediamente le persone arrivano ad una certa età in una condizione fisica e di salute di gran lunga migliore a quanto accadeva tempo fa. Il senso di colpa per aver generato i figli in tarda età è sia legato al timore del giudizio esterno, che molto meno corrispondente alla realtà dei fatti di quanto potesse esserlo una decina di anni fa.
Signorini ha risposto a Turchi dicendogli “non preoccuparti per tua figlia sei semplicemente il suo papà, non un papà vecchio” è davvero così per i bambini?
I figli fino a una certa età non si pongono il problema dell’età dei genitori, perché sono più attenti alla disponibilità dei genitori nella relazione con loro, vogliono che i genitori li ascoltano e comprendano. I dati ci dicono che la capacità di empatia, tolleranza ed equilibrio è molto più frequente nei genitori anziani in realtà che nei genitori giovani, proprio perché i genitori “anziani” hanno vissuto più esperienze e fatto una scelta più consapevole.
C’è una fase evolutiva, però, dei figli, che è l’adolescenza, e riguarda tutti i genitori, durante la quale inizieranno un percorso di separazione e individuazione e considereranno i genitori non più come entità da seguire ma da mettere in discussione. Qui succede che l’età anagrafica diventi uno dei pretesti a cui i figli adolescenti possano attaccarsi con frasi del tipo: “Sei troppo anziano e non mi capisci”, ma non è un elemento qualificante, un altro ragazzo potrebbe in questa fase recriminare altro ai genitori. Avere un genitore anziano diventa un problema anche in un’altra fase della vita, quella in cui i figli abbandonano il nido familiare per costruire una loro famiglia (28-35 anni) poiché in quel momento anche il genitore anziano potrebbe avere molto bisogno di aiuto e assistenza.
Come possono i genitori in là con l’età superare questo senso di colpa?
Non esistono ricette preconfezionate, perché parliamo di un’oggettività che deve essere accettata. C ’è però un pensiero che si può fare legato alla semina, un buon genitore si vede da quello che semina non solo dalla sua presenza. Il ricordo e l’interiorizzazione degli stili educativi, che il genitore riesce a trasmettere al figlio, sono la vera la chiave. Consiglio di fare il massimo possibile per seminare le cose buone nei figli, così da permettere loro quando ne avranno bisogno di recuperare certi insegnamenti e cose buone che arrivano dai genitori.
Un altro consiglio è quello di essere sempre positivi con i figli evitando di investirli con le proprie paure o di trasformarli nel proprio elisir di giovinezza, ai figli bisogna dare radici e ali. Quando non ci saremo, quando loro non ci saranno, fioriranno con i nostri semi che portano dentro.