Soldi in cambio di buoni voti: per gli esperti può essere un “killer” per la motivazione
Se state pensando di ricompensare la buona pagella dei vostri figli con una paghetta extra, forse è il caso di ripensarci. Offrire soldi ai ragazzi come premio per i buoni voti a scuola può infatti sembrare un incentivo efficace a breve termine, ma rischia di compromettere la loro motivazione intrinseca nel lungo periodo.
Questo è il parere di molti esperti del settore, tra cui la dottoressa Cath Lowther, segretaria generale dell'Association of Educational Psychologists, che in un contributo per Sky News UK ha sottolineato come gli incentivi esterni – regali, mance etc – offerti in modo regolare (e dunque non una volta ogni tanto) ai bambini e ai ragazzi in cambio di un comportamento positivo, alla lunga non solo non sprona i ragazzi a dare il loro meglio, ma anzi potrebbe risultare controproducente.
Premiare in cambio di comportamenti positivi "uccide" la motivazione
L'ampia letteratura scientifica degli ultimi anni ha ormai rivelato come il meccanismo di ricompensa, ossia quel processo che gratifica un'azione positiva con un premio in modo che questa venga ripetuta anche in futuro, sia valido solo in alcuni contesti specifici.
Se infatti l'azione richiesta è semplice e immediata, come andare a comprare il latte per la nonna, allora il fatto di ottenere una piccola ricompensa per il proprio operato può effettivamente incentivare il bambino a prestarsi nuovamente a tale attività.
Se invece il traguardo da tagliare è più complesso e impegnativo, come appunto studiare sodo per avere un'ottima pagella, allora il continuo incoraggiamento a suon di mance per ogni buon voto potrebbe, sul lungo periodo, ridurre le motivazioni all'apprendimento e al raggiungimento dei propri obiettivi.
Secondo il sociologo Alfie Kohn, uno dei "padri" del moderno approccio delle scienze sociale, il sistema reiterato di ricompense rappresenta infatti il modo migliore per abbattere la creatività e peggiorare i risultati ottenuti.
E questo vale per tutti, non solo per i bambini. Uno studio del 2016 pubblicato su Psychological Science, dimostrò ad esempio come le persone coinvolte in attività benefiche di raccolta fondi, quando venivano pagate diventavano meno efficienti nel sollecitare donazioni rispetto a chi svolgeva la stessa attività come volontario.
Pagare crea differenze e pressioni
Normalizzare le ricompense economiche in cambi di buoni risultati scolastici può avere ripercussioni anche a livello sociale. tale sistema potrebbe infatti aggravare ulteriormente il disagio degli studenti provenienti da famiglie che, pur di fronte a voti eccellenti, non hanno la disponibilità finanziaria per premiare adeguatamente i ragazzi.
Emma Citron, psicologa clinica e membro della British Psychological Society, ha poi evidenziato come questo approccio rappresenti un'ulteriore fonte di pressione per i giovani, i quali finiscono per percepire la propria crescita personale (che poi è il vero fine della scuola), come un lavoro vero e proprio dove tutto è legato ai risultati, senza interesse alcuno per la coltivazione dei propri talenti e delle proprie inclinazioni.
Secondo gli esperti dunque, sarebbe molto più auspicabile un sistema scolastico ed educativo maggiormente incentrato sull'autonomia e lo sviluppo dell'individuo, lasciano a bambini e ai ragazzi la gioia dell'apprendimento e della scoperta del mondo che li circonda.