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Sindrome di Smith-Magenis, la testimonianza di un papà: “La forza di mio figlio è la famiglia, ma spesso siamo soli”

Il padre di un ragazzo affetto dalla Sindrome di Smith-Magenis racconta a Fanpage.it la storia di Stefano e della sua straordinaria famiglia: “Siamo una squadra speciale dove non ci si annoia mai”.
A cura di Niccolò De Rosa
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Copertina Lorenzo e Stefano

Stefano è un ragazzo di 16 anni affetto dalla sindrome di Smith-Magenis, una rara condizione genetica che comporta disturbi del comportamento, problemi motori e deficit intellettivo. Per lui non è mai stata semplice, ma grazie al supporto della famiglia – numerosa e amorevole – oggi Stefano vive una vita il più normale possibile, tra giochi risate e un costante lavoro per conquistare giorno dopo giorno un pezzetto in più d'autonomia.

A raccontare a Fanpage.it di Stefano e della sua famiglia fuori dal comune è papà Lorenzo, che insieme al suocero nel 2008 ha fondato l'Associazione Smith-Magenis ASM17 Italia per aiutare chi, come loro, ha dovuto fare i conti con una realtà inaspettata e ancora poco conosciuta (e supportata).

La nascita travagliata

Stefano nasce nel 2006 a Gubbio, ma già poche ore dopo il parto – un cesareo che ha riservato non poche complicazioni – papà Lorenzo e mamma Federica si accorgono di qualcosa di strano.

"Dopo essersi risvegliata e aver preso in braccio il bambino, mia moglie si è subito resa conto di come Stefano fosse gonfio e ipotonico. I medici ci rassicuravano, ma volevamo vederci chiaro. Così, usciti dall’ospedale siamo subito andati a Roma per una visita, senza nemmeno passare per casa".

Al Policlinico di Tor Vergata il medico che visita il piccolo conferma la presenza di alcune anomalie, tuttavia sono necessarie ulteriori indagini per ottenere un quadro più esaustivo della situazione.

Così, mentre il bimbo viene sottoposto a sedute riabilitative per favorire lo sviluppo del tono muscolare, la famiglia fa avanti e indietro tra ospedali e studi di specialisti per scoprire la verità.

La diagnosi

Intorno al compimento del primo anno d'età Stefano inizia a manifestare episodi simili alle convulsioni.

"Pensavamo fosse epilessia, ma dopo un ricovero al Gemelli, dove lo hanno ribaltato come un calzino, si sono accorti che Stefano soffriva di apnee notturne e presentava alcuni danni cerebrali".

Dopo qualche mese però arriva la diagnosi e i genitori incontrano per la prima volta quella sindrome di Smith-Magenis che da lì in avanti diventa una compagna inseparabile per il loro bambino.

"Era un periodo particolare perché era appena nata la nostra seconda bambina" racconta Lorenzo. "I medici ci hanno convocato e hanno comunicato il responso con molto tatto, aspettandosi una reazione scomposta. Noi invece abbiamo tirato un sospiro di sollievo: finalmente sapevamo cos’aveva Stefano. Le lacrime le avevamo versate prima".

Terapie, miglioramenti e nuove sfide

Dopo la scoperta, per la famiglia di Stefano inizia una nuova vita, più consapevole ma anche molto impegnativa.

Il bambino deve infatti sottoporsi ogni sei mesi a controlli a approfonditi in day-hospital e gli anni di vita cominciano ad essere scanditi da innumerevoli sedute di fisioterapia, logopedia e psicoterapia. Vista la grande difficoltà a parlare poi, fin dagli anni delle elementari Stefano lavora anche per allenare la comunicazione aumentativa, ossia quella forma di linguaggio che esprime concetti attraverso le immagini.

Famiglia di Stefano

"Viste le prospettive incerte abbiamo assunto anche un insegnante di LIS per impratichirlo con la lingua dei segni" spiega il padre. "Oggi Stefano parla e ragiona. Quando si arrabbia ed è preda delle tempeste emotive però, utilizza ancora la LIS, che gli risulta più rapida e immediata".

Uno degli effetti più impattanti della sindrome di Smith-Magenis è infatti l'incapacità di controllare le proprie emozioni e quando Stefano si agita può dare in escandescenze, lanciare oggetti e lasciarsi andare ad accessi d'ira.

"In questi casi o si riesce subito a bloccare lo sfogo o si aspetta che passi. Negli anni abbiamo imparato che talvolta basta lasciarlo nella sua stanza per un tempo sufficiente perché si calmi".

Una vita a ostacoli

Seguire Stefano e aiutarlo a migliorare rappresenta ovviamente uno sforzo non indifferente, sia in termini di tempo che d'impegno economico.

"Mio figlio ora cammina, ha acquistato la parola e prova ad essere un po' più indipendente. Però è stato molto faticoso" ricorda Lorenzo con una punta di amarezza.

"I logopedisti ci avevano detto che era inutile proseguire con la terapia perché non c’erano prospettive di progressi significativi. D'altronde dove viviamo, in Umbria, i fondi per le malattie rare sono pochi e non di rado gli enti con meno risorse sospendono le sedute per chi non mostra grandi speranze di migliorare. Per fortuna un fisioterapista che aveva in cura Stefano ha invece deciso di non mollare e ora grazie a lui nostro figlio riesce a muoversi senza aiuti".

Paradossalmente, persino ottenere la 104 non è stato semplice: Stefano ha infatti dovuto ripetere due volte le visite di controllo prima di ottenere una piena certificazione della sua malattia.

"La prima volta lo avevano dichiarato rivedibile, anche se la sua è una malattia scritta nei geni e non potrà mai guarire. Sono cose che devono cambiare".

Il supporto della famiglia

Nonostante le difficoltà, Stefano può contare su una famiglia numerosa che lo copre d'affetto. "Siamo una squadra speciale dove non ci si annoia mai" dice Lorenzo.

Oltre alle figure professionali – dottori, infermieri e babysitter  – che faranno sempre parte della vita del ragazzo, i nonni e le zie sono infatti sempre presenti per dare una mano, per non parlare delle sorelle.

Stefano e le sorelle

"Stefano ha tre sorelle che adora" racconta orgoglioso il padre, consapevole del fatto che spesso fratelli e sorelle dei ragazzi disabili soffrono per le minori attenzioni che vengono loro riservate.

"Il fatto di vivere insieme ad un fratello così speciale ha aiutato le mie figlie a sviluppare una sensibilità particolare nei confronti degli altri, soprattutto di chi soffre di disabilità. Non è un caso che la più grande voglia fare il medico: dopotutto è nata mentre eravamo sempre in giro per ospedali".

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