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Sindrome di Sanfilippo: “Mio figlio è diventato grande, ma il suo destino è segnato”

Una madre combattiva e orgogliosa ha raccontato a Fanpage. it la storia di di Marco, uno dei ragazzi affetti dalla Sanfilippo (chiamato anche “Alzheimer dei bambini”) più longevi d’Italia.
A cura di Niccolò De Rosa
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Sindrome sanfilippo

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La sindrome di Sanfilippo, conosciuta anche come "Alzheimer infantile", è una malattia metabolica genetica che comporta una grave regressione fisica e cognitiva, tanto che l'aspettativa di vita media dei bambini che soffrono di questa condizione ereditaria non supera i 18-20 anni.

Ci sono però delle eccezioni. Come Marco, un ragazzo calabrese che, nonostante la pesantissima disabilità imposta dalla sindrome, è riuscito a raggiungere i 26 anni di età, accudito dalle amorevoli cure di papà Emilio (tutti i nomi sono di fantasia), il fratello minore Emanuele e, soprattutto, mamma Caterina, che a Fanpage.it ha voluto raccontare la storia della sua famiglia.

"Crescere un figliocon la sindrome di Sanfilippo è stato duro, durissimo" spiega Caterina. "Ma parlare della nostra storia può aiutare chi si troverà nelle nostre condizioni a non perdere la forza di lottare".

Quando avete scoperto la malattia di Marco?

La diagnosi è arrivata quando Marco aveva 5 anni e mezzo. Avevamo sempre pensato che potesse avere qualcosa, ma mai avremmo pensato a questo. Nostro figlio non parlava, era iperattivo e amava stare in mezzo ai bambini, anche se non interagiva con loro. Tutti sintomi molto simili all’autismo e infatti per anni abbiamo pensato che si trattasse di un disturbo rientrante nello spettro autistico, anche se non avevamo mai ottenuto una diagnosi certa.

Quando avete deciso d’indagare la causa genetica?

Oltre al perdurare di grandissime difficoltà nello sviluppo del linguaggio, Marco aveva problemi di udito, aggravati da continui raffreddori e influenze. Per qualche tempo abbiamo creduto si potesse trattare perfino di un tumore al cervello.

Alla fine però arriva la diagnosi e il mondo cambia…

È stato uno shock assoluto. L’esito poi mi venne dato mentre io e mio figlio eravamo soli, molto lontani da casa, perché la visita decisiva era stata fatta fuori sede. Inizialmente non capivo nemmeno il nome della malattia. Il momento peggiore però fu quando chiesi alla dottoressa se un giorno mio figlio avrebbe smesso di riconoscermi. E lei non rispose.

Quale fu la vostra reazione?

Mio marito non voleva accettare la situazione e ancora oggi fatica a metabolizzarla. Appena può esce di casa, perché fatica a vedere il figlio stare male. Di contro però la diagnosi ci ha fatto capire che non eravamo cattivo genitori, che non era colpa nostra se Marco non riusciva a fare certe cose. Abbiamo smesso di paragonare nostro figlio agli altri, un’azione sempre dannosa in qualsiasi situazione e contesto, ma che purtroppo risulta molto facile quando il tuo bambino non riesce a stare al passo con i coetanei.

Foto pubblicata per gentile concessione dell'associazione Sanfilippo Fighters
Foto pubblicata per gentile concessione dell'associazione Sanfilippo Fighters

Come è cambiato il vostro modo di accudire Marco?

Abbiamo continuato le terapie che già stava seguendo – logopedia, fisioterapia etc… – ma focalizzandoci solo sul presente, vivendo ora per ora, giorno per giorno, senza considerare più il domani. I peggioramenti fisici poi sono iniziati solo dopo gli otto anni. Fino ad allora, a parte il ritardo cognitivo e l'assenza di linguaggio, era un bambino sano.

Come si è annunciata la progressione della sindrome?

Marco ha iniziato a inciampare, spostarsi con difficoltà e perdere il controllo dei propri sfinteri. Ora che ha 26 anni è quasi sempre a letto, tranne qualche raro momento in cui lo mettiamo sulla sedia a rotelle, ma in questa posizione fatica molto a respirare.

In questo periodo però arriva anche il fratello…

Per molto tempo non ho voluto un secondo figlio, sia perché tutto il mio tempo era assorbito da Marco, sia perché temevamo che la sindrome avrebbe potuto colpire anche il nuovo nato. Per fortuna però non è stato così e la nascita di Alberto ha portato uno sprazzo di gioia nelle nostre vite e ci ha confermato ancora una volta che potevamo essere buoni genitori.

Come sono stati gli anni della scuola?

Marco era felicissimo, non vedeva l’ora di andare a scuola. In più ha avuto la fortuna di avere compagni che gli hanno sempre voluto bene. Certo, ha avuto bisogno di un aiuto e non sempre era possibile trovare figure che lo assistessero durante le ore di lezione. Ma non ho mai permesso che questo potesse negargli qualcosa che lo faceva stare bene.

In che modo?

Quando la sua classe andava in gita, se non c’era qualcuno che potesse badare a lui durante la giornata, lo accompagnavo io. Ho fatto – e rifarei tutto – per non far mancare a mio figlio le esperienze tipiche dei ragazzi della sua età.

Cosa piace fare a Marco?

Marco ama cantare, colorare, giocare con la plastilina. Gli piace molto ballare, anche se a modo suo. L’ho anche iscritto ad un corso, dove naturalmente non poteva partecipare alle attività. Guardava gli altri ed era felice.

Foto pubblicata per gentile concessione dell'associazione Sanfilippo Fighters
Foto pubblicata per gentile concessione dell'associazione Sanfilippo Fighters

Marco ha un’età molto avanzata rispetto alla media di chi ha la sindrome…

Non mi sarei mai aspettata che Marco potesse raggiungere questa età insieme a noi. Il cuore però ancora tiene ed è accudito 24 ore al giorno con amore. E secondo me un po’ ha aiutato.

Oggi come affrontate il futuro?

Il pensiero del momento inevitabile c’è, soprattutto quando Marco sta male. Però al momento la viviamo piuttosto serenamente. Siamo recentemente stati contattati da una casa farmaceutica americana che sta conducendo uno studio di storia naturale ch osserva il decorso fisiologico della malattia per il nostro sottotipo che è il più raro. Infatti Marco è affetto dalla sindrome Sanfilippo TIPO D.

Confidate nella ricerca?

Mio figlio ormai ha il suo destino, ma vorrei che ci fosse una speranza per gli altri bambini. Marco è ormai troppo grande per sottoporsi a una terapia sperimentale che possa migliorarne le condizioni, tuttavia spero che partecipare a questo programma possa aiutare a sviluppare il più rapidamente possibile delle terapie utili per il trattamento della sindrome anche nei sottotipi più rari e perciò ancora più difficilmente studiati. Per me sarebbe una ricompensa enorme sapere che il mio Marco ha contribuito a salvare la vita di altri suoi fratelli e sorelle di destino.

Foto pubblicata per gentile concessione dell'associazione Sanfilippo Fighters
Foto pubblicata per gentile concessione dell'associazione Sanfilippo Fighters

Un pensiero molto altruista…

Né io, né mio marito vorremmo che altri genitori subiscano mai ciò che noi stiamo soffrendo. Vedere appassire un fiore così vivo e pieno di energia è stato un dolore indicibile e desidero con tutto il cuore che nessun altro debba patire una sofferenza del genere o trovarsi di fronte a decisioni tanto dure.

Quali decisioni?

Quando un figlio sta così male, talvolta ci si ritrova ad un bivio. Scegliere di continuare a curarlo o lasciare che si spenga naturalmente? Noi abbiamo scelto di andare avanti anche quando Marco stava davvero male, ma capisco benissimo chi percorre la strada opposta. In ogni caso si tratta di una scelta terribile, quasi crudele. Per questo spero tanto nella ricerca.

Continuerai a supportare la causa anche quando Marco non ci sarà più?

Penso proprio di sì. Anche perché finora mi sono sempre e solo dedicata all’accudimento di Marco. Non ci sono state vacanze, non ci sono stati svaghi, quasi non c’è stata più la vita di coppia. Dunque, quando non ci sarà più Marco, cosa farò? Come impiegherò le mie giornate? Aiutare gli altri probabilmente potrebbe essere un modo per ridare senso alla mia vita.

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