Si può essere mamma e amica dei propri figli? La risposta del pedagogista
Essere amici dei propri figli si può o è meglio mantenere sempre una distanza? Si interroga su questo anche Martina Stella, la famosa attrice italiana che da anni condivide sui social il rapporto fatto di giocosità e incomprensioni che ha con la sua primogenita Ginevra, nata quando lei aveva appena 27 anni.
In una lunga intervista rilasciata per Vanity Fair l’attrice ha così raccontato che mamma è con la sua bambina: “Se sono una mamma amica? Siamo cresciute insieme e, per forza di cose, lo sono diventata, anche se cerco di starci attenta. Vorrei essere una guida per lei, quindi mi sforzo di trovare dei limiti da non superare”.
Abbiamo chiesto al pedagogista Luca Frusciello di spiegarci cosa accade se un genitore diventa amico dei propri figli e quali sono i rischi, a cui la stessa Stella dice di fare attenzione per poter educare al meglio sua figlia.
Si può essere mamma e amica dei propri figli?
Non possiamo rispondere a questa domanda con un sì o con un no, perché non esiste una risposta binaria. Bisogna entrare nel processo, dagli anni Sessanta in poi la relazione genitoriale ha iniziato ad essere intesa con una maggiore prossimità, perché era nata l’esigenza a livello educativo e culturale di un maggior contatto e di una maggiore vicinanza tra esseri umani.
Questo perché le persone hanno iniziato ad avvicinarsi al sapere e alla cultura, che hanno avuto un forte impatto anche sull’animo umano, convincendo anche i genitori che era giusto avvicinarsi ai propri figli. L’esigenza di essere estremamente vicini ai figli, però, ha fatto sì che la distanza con loro iniziasse ad essere considerata dai genitori il male assoluto.
Quella distanza, però, nel rapporto genitore-figlio non è un nemico, basti pensare che negli anni Sessanta era proprio il perno del ruolo educativo degli adulti, andava rimodulata, non abolita.
Oggi, all’opposto, cercando questo contatto costante, questa estrema vicinanza con i figli, non ci si accorge che l’attaccamento esagerato, il desiderio di essere sempre presenti per loro e sempre disponibili si è trasformato in un male. È proprio da qui che nasce la distorsione educativa che porta i genitori a pensare che essere amici dei propri figli sia un valore aggiunto e non un potenziale pericolo.
Quali sono i rischi legati a questo modello genitoriale?
Il rischio maggiore è che per i figli venga meno il concetto di limite. Noi esseri umani riusciamo a vivere nella società perché abbiamo introiettato la moralità, ossia i limiti interni, e l’etica, ossia i limiti esterni, che si costruiscono quando i genitori insegnano che esistono questi confini.
Se i bimbi crescono con l’idea che questi limiti simbolici non esistano, dal momento che si sentono amici dei loro genitori, allora non costruiscono né un’etica né una morale forte.
Questo comporta che imparino invece la facilità e la morbidezza di quei limiti che invece sarebbero essenziali per la loro crescita, finiscono per non adattare i propri valori al mondo e non saperli difendere da attacchi esterni.
Martina Stella nell'intervista spiega che quando è nata la sua prima figlia lei era molto giovane e inesperta e quindi che per forza sono diventate amiche: è vero che pochi anni di differenza tra mamma e figlia possono portare a questo tipo di rapporto?
Io penso che lei parli della sua esperienza soggettiva. È normale che Martina Stella dica che per lei è stato naturale intrattenere con sua figlia un rapporto di amicizia, perché come ogni genitore ed essere umano guarda al presente, senza poter prevedere il futuro.
Quindi lei non vede i rischi della prossimità con sua figlia, che solo un professionista può distinguere chiaramente, perché non è direttamente coinvolto e ha uno sguardo a lungo termine. Questo sguardo a me fa dire che ci sono più rischi che benefici.
Qual è la differenza tra il rapporto che si instaura con gli amici rispetto a quello che si instaura con i genitori, e perché questa differenza è importante?
La facilità è la differenza tra il rapporto che intercorre tra un genitore ed un suo amico rispetto a quello tra lui e suo figlio. Chi ha detto che il rapporto con i genitori deve essere facile? Se si ha bisogno di traslare la facilità del rapporto che si intrattiene con gli amici anche nel rapporto con i figli, forse non si è prontissimi al mio ruolo genitoriale, come d’altronde nessuno lo è.
Basterebbe però capire e accettare che è normale sia difficile il rapporto tra genitori e figli, si può cercare poi di lavorare sulle difficoltà, solo così si accetta davvero la genitorialità. La necessità invece di rendere il rapporto con i figli facile porta i figli a non distinguere più amici e genitori.
I genitori amici diventano quindi per i figli dispenser di servizi, di affetto e di amore, i ragazzi generalizzano l’esperienza vissuta tra le mura di casa, agli affetti amicali e vivono anche le amicizie come dispenser. Se poi l’amico viene meno a questo suo compito, i ragazzi vanno in crisi, perché non hanno strutturato la capacità di avere dei limiti, non conoscono i propri e non sanno come rispettare quelli degli altri.