Se bambino non mangia quasi nulla non è per forza schizzinoso: cos’è il disturbo evitante restrittivo dell’assunzione di cibo
I bambini, si sa, sono spesso schizzinosi in fatto di cibo, soprattutto quando si parla di frutta e verdura. Se però nel corso del tempo il bimbo non solo non riesce ad ampliare il ventaglio delle proprie preferenze ma anzi, appare sempre più rigido o addirittura disinteressato all'alimentazione, allora potrebbe soffrire del disturbo evitante restrittivo dell'assunzione di cibo, noto anche con la sigla inglese ARFID (Avoidant/Restrictive Food Intake Disorder).
A differenza dei più noti disturbi alimentari come l'anoressia o la bulimia nervosa, tale disfunzione non è però legata all'immagine corporea o al desiderio patologico di perdere peso, tanto che alcuni si riferiscono all'ARFID come il "disturbo alimentare silenzioso".
In un recente articolo pubblicato dalla CNN, la direttrice clinica del Centro per i Disturbi Alimentari di Rockville (Maryland) Kate Dansie, ha infatti spiegato come le persone che ne soffrono siano estremamente selettive riguardo ai cibi, al punto da riuscire ad alimentarsi solo con pochissimi ingredienti. Tali restrizioni possono però dimostrarsi debilitanti e causare gravi problemi di salute a lungo termine.
Di cosa si tratta
Secondo il Manuale MSD, il disturbo evitante restrittivo dell'assunzione di cibo è una condizione psicologica che porta gli individui a evitare moltissimi alimenti sulla base di una sgradita percezione sensoriale (odore, consistenza etc…), arrivando al punto da perdere interesse per l'alimentazione a causa del timore di conseguenze dannose, come vomito o soffocamento.
Le cause sono ancora sconosciute, anche se spesso è associato a problemi d'ansia o disturbi rientranti nello spettro autistico. Nella maggior parte dei casi inizia a manifestarsi già durante l'infanzia, ma può emergere a qualsiasi età.
Non è solo "essere schizzinosi"
Come sottolineato anche da Stuart Murray, docente di Psichiatria e Scienze comportamentali presso l'Università della California del Sud, il disturbo presenta caratteri molto più marcati rispetto all'atteggiamento di chi è semplicemente schizzinoso.
Le persone "schifiltose" infatti possono evitare alcuni cibi nel piatto, mentre chi soffre del disturbo si rifiuta categoricamente di metter in bocca qualsiasi cosa presenti un ingrediente sgradito. Un problema non da poco, soprattutto se la lista di alimenti accettati comprende solo 10/15 opzioni, spesso ulteriormente legate ad una determinata marca o un singolo metodo di cottura.
Un'altra differenza riguarda il fatto che, se obbligato al consumo, il bambino o l'adulto con ARFID manifesta immediati segnali di disagio fisico, come rigetto, vomito o difficoltà nella deglutizione.
Le possibili conseguenze
Non seguire una dieta varia e adeguata dal punto di vista del fabbisogno può indebolire il fisico e arrestare lo sviluppo del bambino.
La National Eating Disorder Association, l'organizzazione americana senza scopo di lucro dedicata alla prevenzione dei disturbi alimentari, individua tra gli effetti più comuni:
- Visibile dimagrimento
- Disturbi del sonno
- Vertigini
- Problemi di stomaco
- Debolezza muscolare
- Ciclo mestruale irregolare (per le bambine e le ragazze)
Anche la vita sociale ne risente
Riuscire a mangiare solo pochissimi cibi può ovviamente portare chi ne soffre a non alimentarsi a sufficienza, con conseguenze che possono includere perdita di peso, ospedalizzazione e squilibri nutrizionali.
Ma le ripercussioni non sono solo fisiche. Secondo Dansie infatti, un difficile rapporto con il cibo può contribuire all'isolamento sociale, visto che molti eventi ruotano intorno ad occasioni conviviali (feste di compleanno, cene di classe, pranzi con amici etc…) e il solo pensiero di prendervi parte può comportare in bambini e ragazzi importanti stati d'ansia.
Come si aiuta chi soffre del disturbo?
Secondo gli esperti l'intervento precoce è cruciale, poiché la lista dei cibi evitati può crescere esponenzialmente nel corso del tempo.
Al momento però la Scienza non ha ancora dato risposte univoche sull'efficacia dei fermaci, pertanto al momento la strada più battuta è quella rappresentata dalla terapia cognitivo-comportamentale che punta ad un'esposizione graduale guidata ai vari cibi in modo da "rieducare" le percezioni dei ragazzi e ridurre così il rifiuto.
Al di là del percorso intrapreso con uno o più specialisti poi, le famiglie possono supportare i bambini con disturbo evitante restrittivo dell'assunzione di cibo assicurandosi che assumano abbastanza calorie e provando ogni giorno a stimolare l'esplorazione di nuovi sapori.
Un approccio molto consigliato è, ad esempio, quello che consiste nell‘abbinare un ingrediente familiare con uno che invece non incontra le preferenze del soggetto.
L'importante è armarsi di pazienza e agire con la massima empatia possibile, senza cedere alla frustrazione degli iniziali rifiuti.