Scuola stoppa la proiezione del film contro l’omofobia, l’opinione dell’esperta: “É stata una sconfitta per tutti”
La mancata partecipazione dei circa 150 alunni della scuola media Augusto Serena di Treviso alla proiezione del film Il ragazzo dai pantaloni rosa continua a far discutere e riflettere sul clima sempre più pesante che da qualche tempo si sta respirando in questo Paese.
Il film diretto da Margherita Ferri racconta la vera storia di Andrea Spezzacatena, quindicenne romano che nel 2012 si tolse la vita dopo essere stato vittima di bullismo e cyberbullismo, e un gruppo di genitori ha imposto lo stop alla partecipazione delle classi alla visione della pellicola, timorosi che certi argomenti (omofobia, bullismo, suicidio) non fossero adatti per ragazzi di 11/12 anni.
Lo stesso sindaco di Treviso, il leghista Mario Conte, ha definito tale presa di posizione "un'occasione mancata" per confrontarsi su argomenti così importanti, tuttavia in queste ore prosegue il dibattito tra chi contesta la scelta e chi invece vede nel film la volontà d'imporre a dei ragazzi una visione parziale e cruenta della realtà. Ma siamo davvero sicuri che chiudere gli occhi di fronte al racconto di un fatto realmente accaduto sia il giusto modo per proteggere e crescere i ragazzi? Fanpage.it lo ha chiesto alla pedagogista Giovanna Pini, Presidente del Centro Nazionale contro il Bullismo – Bulli Stop.
Come valuta la decisione del gruppo di genitori di Treviso di non consentire la proiezione del film?
È stata una grande sconfitta per tutti. Il film non sembra mostrare scene vietate ai minori né contenuti disdicevoli, dunque si è trattato di un atteggiamento del tutto ingiustificato, anche perché in un momento storico in cui il bullismo è ormai all’ordine del giorno, i ragazzi dovrebbero essere continuamente invitati a riflettere sulle conseguenze di violenza, insulti e omofobia. Per non parlare del fatto che pochi genitori abbiano potuto imporre a tutta la classe il divieto di guardare la pellicola: chi decide il percorso educativo a scuola? Gli insegnanti o le famiglie?
Oltre all'episodio di Treviso, anche a Roma il film è stato oggetto di controversie, con alcuni studenti che durante la proiezione hanno fischiato e urlato insulti omofobi durante la proiezione. Qual è la radice di tanto odio?
Purtroppo i genitori dovrebbero farsi qualche domanda in più. Dove arriva tutto questo odio? Perché tutta questa violenza? Madri e padri devono riprendere in mano i propri figli, senza più abbandonarli ai telefonini e a una libertà senza freni che i giovani non sanno gestire. Per farlo, però, occorre mettersi d’impegno per entrare in empatia con i propri ragazzi e comunicare con loro tutti i giorni, in modo che capiscano quali siano i giusti valori da fare propri.
Pensa che in Italia si cerchi ancora oggi di non vedere il problema del bullismo?
No, questo non credo, però ritengo senz’altro che si faccia davvero troppo poco per combatterlo. Noi come Centro Nazionale Contro il Bullismo siamo sul campo tutti i giorni a parlare nelle scuole, ma non basta. Tocca alle istituzioni imprimere un cambiamento, offrendo molta più visibilità al fenomeno ed entrando a gamba tesa sui bulli con punizioni severe. La mancanza di conseguenze manda ai ragazzi un pessimo messaggio, poiché depotenzia la gravità dell’accaduto e invita a ripetere il comportamento violento.
Quanto è importante sensibilizzare i ragazzi sul tema del bullismo, anche attraverso film, incontri etc…?
È fondamentale usare qualsiasi strumento a disposizione, siano essi film, conferenze o incontri. Altrettanto importante è però mettersi ad ascoltare uno a uno questi ragazzi. I professori, ad esempio, potrebbero dedicare gli ultimi due minuti di ogni lezione per cercare d’interagire con la classe, cercando d’intercettare eventuali segnali di disagio. Gli studenti non sono solo dei voti e forse è ora che la scuola inizi a educare, ancor prima di istruire.
Ritiene ci siano anche altri strumenti da adottare per affrontare seriamente il problema?
Personalmente sono favorevole all’introduzione delle telecamere nei corridoi di scuola. So benissimo che non tutti sono d’accordo, ma così facendo si può facilmente individuare l’atto di bullismo e identificarne i responsabili. La scuola deve essere un ambiente sicuro e protetto. Certo, il punto di partenza deve però essere la famiglia, un rifugio dove i ragazzi possano parlare e dialogare con i genitori. Perché, ad esempio, non cominciare già ora, chiedendo ai nostri figli cosa ne pensano di quanto accaduto a Roma e Treviso? È proprio da questi confronti che può partire la costruzione di una società più sana e civile.