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“Scuola è ovunque ci siano un bambino e la sua maestra”: la docente che insegna all’ospedale Meyer

È suonata per la prima volta la campanella all’Ospedale Meyer anche per i bambini della scuola dell’infanzia. La maestra Antonella Bartoli ha spiegato a Fanpage.it l’importanza della scuola in ospedale per i bimbi così piccoli.
Intervista alla dottoressa Antonella Bartoli
Maestra presso la scuola dell'Infanzia dell'Ospedale Ospedale Meyer IRCCS (Distaccamento dell'Istituto comprensivo Poliziano)
A cura di Sophia Crotti
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meyer scuola in ospedale
Credits: Fondazione Meyer

“La scuola non ha luogo” mi insegna la maestra Antonella Bartoli, che dopo 28 anni di onorato servizio nelle scuole, si trova a far lezione alcune volte in una camera d’ospedale, altre nella ludoteca del Meyer, altre ancora in corridoio, e quando c’è il sole anche nel giardino antistante la struttura.

Io, però, che ho avuto la fortuna di fare la scuola dell’infanzia nella mia città, circondata dai miei compagni di classe e non attaccata a una flebo, con dei rumore di macchinari ospedalieri in sottofondo, non la capisco. Allora lei con la pazienza che solo un’insegnante può avere me lo spiega con parole semplici ma fortissime: “La scuola non ha luogo perché è ovunque ci siano un bambino e la sua maestra”. 

Quest’anno questa scuola dell’infanzia senza luogo, per la prima volta ha iniziato a prestare servizio presso l’Ospedale Meyer di Firenze, per tutti i piccoli degenti di età compresa tra i 3 e i 6 anni. Fino a questo settembre, infatti, grazie all’Istituto Comprensivo Poliziano, cui l’ospedale si appoggia, la campanella a settembre suonava all'interno della struttura pediatrica solo per i bambini delle elementari, mancava però un appoggio educativo per i più piccoli.

La maestra Antonella, ci ha spiegato che, insieme alle colleghe della primaria, che negli anni non hanno mai smesso di monitorare il numero dei piccoli pazienti rimasti senza una maestra durante la degenza, è riuscita a dare avvio a questo anno sperimentale, che inizia dopo essere stato presentato per 4 volte al Ministero, e che tutti si augurano possa diventare presto la normalità per i bambini del Meyer.

Le abbiamo chiesto quali sono le similitudini e le differenze di insegnare fuori e dentro l’ospedale e perché è così importante che anche i bimbi della scuola dell’infanzia abbiano accesso alle lezioni in ospedale. “I bimbi vivono la malattia e questo è innegabile, ma questa condizione non può e non deve interrompere il processo educativo e di crescita che la scuola dell’infanzia garantisce ai piccoli alunni”. 

La maestra Antonella Bartoli e un piccolo alunno
La maestra Antonella Bartoli e un piccolo alunno

Maestra, ci spiega perché è così importante la scuola dell’infanzia in ospedale?

In maniera sintetica posso dire che la scuola dell’infanzia in generale è una scuola che ha una missione ben precisa: sostenere il benessere psicofisico e psico emotivo di qualsiasi bambino. Questo obiettivo deve essere perseguito anche se il piccolo è in ospedale, perché ha il diritto di crescere in maniera armonica e di svilupparsi in toto.

La scuola in ospedale è ancora più, rispetto alla scuola fuori di qui, un luogo in cui docenti e bambini possono crescere e sostenersi nelle difficoltà di una situazione critica.

Quanto la condizione di malattia che vivono i bambini entra nelle aule?

Molto, perché i bimbi vivono la malattia nel quotidiano. Noi insegnanti siamo anche fisicamente vicini a loro proprio perché vivono questa situazione, consapevoli che l’esperienza della malattia non possa e non debba interrompere il loro processo di crescita. Cerchiamo dunque di sostenere il pieno sviluppo delle capacità, delle potenzialità e dell’identità dei bambini.

scuola ospedale meyer
Credits: Fondazione Meyer

Le esperienze che fa il bambino ogni giorno a scuola in ospedale sono diverse da quelle dei loro coetanei fuori?

Sono esperienze diverse per contesto, luogo in cui si trovano i bambini, relazioni che costruiscono e persone che li circondano. La mission però è la medesima, noi insegnanti non  facciamo altro che accogliere e sostenere attivamente la crescita dei bambini, cerchiamo di valorizzare la ricchezza delle loro diversità, del loro essere e del loro imparare. Per farlo li supportiamo quotidianamente con attività che prendono spunto dalla normale esperienza scolastica ma che vengono ricontestualizzate all’interno della situazione ospedaliera. Anche perché è importante ricordare che scuola è dove ci sono i bambini e dovunque va la maestra, è indipendente dal luogo.

E voi dove vi trovate ad insegnare fisicamente in ospedale?

Noi qui possiamo fare scuola un po’ ovunque, in aule apposite, come gli ambienti dell’educational center, o la ludoteca. Ci sono lezioni che si svolgono nel giardino, altre all’interno delle camere dei bambini, altre ancora in gruppo, nei corridoi. Il tutto si svolge in base alle esigenze e alle condizioni del bambino, grazie a tutti gli operatori interni all’ospedale.

Per i bimbi che vivono la malattia quanto è importante fare gruppo grazie alla scuola con altri bambini?

È importantissimo, la scuola in ospedale funziona proprio come filo conduttore e di mediazione tra la vita in reparto del bambino e quella che lo attende fuori. Noi insegnanti cerchiamo di normalizzare la sua condizione, in continuità con la vita che il bimbo ha fatto, fa e farà fuori di lì, per questo è importante che faccia gruppo con gli altri bambini.

scuola ospedale meyer
Credits: Fondazione Meyer

È arricchente per un docente insegnare in ospedale?

Arricchente è dire poco, è formativo, permette di crescere come persone e professionisti.

I genitori si sentono meno soli anche nell’educazione del bambino?

Certo, tutta la scuola dell’infanzia lavora in continuità e collaborazione con la famiglia, qui poi siamo un supporto emotivo e relazionale, sociale e culturale oltre che educativo per i genitori dei bambini degenti.

C’è una differenza secondo lei sostanziale tra la scuola che si svolge dentro e fuori dalle mura dell’ospedale?

Sì, se generalmente il primo giorno di scuola sono gli insegnanti a fare accoglienza ai piccoli che si iscrivono alla scuola dell'infanzia e ai loro genitori, qui invece siamo noi insegnanti a dover essere accolti da queste famiglie, entrando in punta di piedi nelle camere, nelle storie e nelle vite dei bambini e delle loro famiglie. Sì, penso sia proprio una delle più grandi rivoluzioni educative della scuola in ospedale.

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