“Scegliere per i figli li può portare ad eccellere ma non alla felicità”: l’esperta sulle parole di Tamberi
Nella puntata del programma televisivo Belve, condotto da Francesca Fagnani, andata in onda martedì 26 novembre, l'atleta olimpico Gianmarco Tamberi ha rivelato, parlando di sé, i motivi che da tempo lo portano ad avere un rapporto molto teso, a tratti assente, con il suo papà, Marco Tamberi, ex atleta stroncato da un infortunio che gli impedì di raggiungere i fasti del figlio.
“Un genitore dovrebbe indicare le strade non obbligarti a percorrerle” così Tamberi ha delineato un uomo che lo ha amato a modo suo, spingendolo nel mondo dell’atletica, sport che pratica con dedizione ma al quale sente di essere stato obbligato.
Abbiamo chiesto alla dott.ssa Anna Granata, professoressa associata di pedagogia presso l’Università di Milano Bicocca, che ha scritto un libro sul tema dal titolo "Da piccolo ero un genio", di spiegarci perché in ambito sportivo e non solo, i genitori spesso si vogliano sostituire ai figli, ai loro insegnanti e ai loro allenatori, e quali danni provoca rigettare in loro la speranza del raggiungimento dei traguardi che non si è riusciti a tagliare in giovane età.
Tamberi è un atleta realizzato, anche grazie alle regole imposte dal suo papà, come mai questo non si traduce nell'essere un figlio felice?
Abbiamo un grande atleta, figlio a sua volta di un grande atleta, un caso particolare ma rappresentativo dell’esperienza genitoriale di ciascuno, che è per forza influenzata dalla propria storia personale, che di conseguenza influenza i figli. I genitori sono sempre modelli per i figli, e in questo caso abbiamo un padre modello, un grande atleta e un figlio che ha tutta la vita davanti e si trova però a dover rispondere ad una strada già tracciata dal suo papà. Le aspettative genitoriali, in questo caso più che essere un trampolino di lancio sono diventate per Gianmarco Tamberi un giogo. A noi colpisce perché vediamo in Tamberi realizzato con il massimo traguardo, ossia l’oro olimpico, ma che ci consegna una parte di delusione perché ha dovuto tracciare la strada che suo papà aveva definito per lui. Ciò ci dimostra che anche la strada più bella e realizzata se non è la nostra, non ci consente di raggiungere a pieno la felicità.
Infatti Tamberi ha affermato che avrebbe preferito giocare a basket, sport che è riuscito ad amare a differenza dell’atletica. I genitori spesso decidono per i figli lo sport da praticare, è un male?
Tamberi ha aperto una riflessione collettiva su un tema molto importante quello delle aspettative genitoriali in ambito sportivo. Lo sport è uno di quegli ambiti in cui il tifo dei genitori è un esempio della richiesta di performatività che gli adulti accollano ai figli e che diventa la loro schiavitù. Invece bisognerebbe lasciare libero ogni bambino di fare ciò che ama, per Tamberi per esempio era il basket. Se li si obbliga a fare uno sport che si ritiene a loro conforme non si incoraggiano i loro talenti e le loro capacità uniche e irripetibili, imponendo loro un modello socialmente accettato che non è la strada della loro felicità.
Il padre di Tamberi, come molti genitori, ha pensato di scegliere per il figlio uno strada sicura per lui. È sbagliato spostare le proprie ambizioni sui figli?
Sì, questo è il nucleo della questione, il papà di Tamberi non ha potuto proseguire la propria carriera sportiva per un infortunio e ha lasciato che lo facesse suo figlio. Molti genitori lo fanno anche con gli studi, incoraggiando i figli al percorso che avrebbero voluto fare loro, facendo ricadere sui piccoli le aspettative tradite per se stessi. Si tratta a mio avviso di una frustrazione genitoriale derivante da una forte fragilità del mondo adulto, che ha un impatto negativo sul percorso di vita di ragazzi e ragazze. Si tratta di caricare sulle spalle dei figli enormi aspettative e pensare che possano realizzarsi con i sogni degli altri. Io nel mio libro "Da piccolo ero un genio" dico invece che tutti da bambini siamo grandi filosofi e scienziate con grandi sogni ma poi è la famiglia a operare una selezione che riduce la sfera delle possibilità e porta i ragazzi ad abbandonare i loro desideri profondi, violando la loro libertà e abusando del potere educativo.
E i figli sanno cogliere l’amore dei loro genitori anche quando questi sbagliano?
Certo, tutti i genitori sono imperfetti ed è dentro quella imperfezione che i figli riescono a costruire dei percorsi personali diversi da quelli dei loro genitori.
Tamberi prende le distanze da suo padre, non è poi quello che ad un certo punto fanno tutti i figli?
Sì, c’è del positivo in questa presa di distanza che caratterizza, seppur con dolore, quasi tutti i figli. Quando i figli si allontanano dai genitori o quando gli alunni si allontanano dai maestri fanno un passo che consente loro di trovare il proprio posto nel mondo. In questa rottura che sarebbe meglio se non fosse drammatica c'è la spinta a costruire qualcosa per sé e a riprendersi la propria strada e il proprio spazio.
Marco Tamberi era allenatore di suo figlio, ma molti genitori oggi vogliono quasi scavalcare gli allenatori o gli insegnanti dei loro figli, cosa mi dice di questa tendenza?
Bisogna guardare alla reazione attuale degli adolescenti rispetto all’alleanza adulta che c’è tra insegnanti e genitori, allenatori e genitori, rispetto a cui i ragazzi esprimono un moto di ribellione che ci deve spingere a ritornare tutti ai nostri posti. Il genitore nell’arena sportiva deve ritrovare il suo posto, che è quello accanto al ragazzo non al posto suo o a quello dell'allenatore. Così il genitore deve spronare il ragazzo a dare il suo meglio, ma anche ad accettare l’errore e a sdrammatizzare l’importanza della performance.
“Un genitore è chi ti insegna a vivere e mio padre lo è stato in maniera esemplare ma è mancata la parte del papà, quella di saper spiegare le cose con amore” ha dichiarato Tamberi cosa possiamo dire oggi della figura paterna?
Tamberi richiama alla nostra attenzione l’importanza di un paterno affettivo, presente più di un tempo nella nostra società ma di emozioni positive e calde che ogni uomo ha il diritto di esprimere e che ogni figlio ha bisogno, come nel caso di Tamberi, di ricevere.
Cosa dovrebbe fare un genitore dunque che guarda al futuro di suo figlio?
Un genitore deve sostenere un figlio nella sua scelta della sua strada per la felicità, che sia giusta, sbagliata o ripensata. Nessuno, neanche il genitore più vicino al figlio può scegliere per il suo futuro.
La tendenza dei genitori a voler indicare la via ai figli è un tentativo di protezione?
Io ci vedo tanta frustrazione delle proprie aspettative, sentimenti umani che non facilitano la crescita dei figli, motivo per cui la generazione attuale fa sempre più fatica a trovare la sua strada. Viviamo in un tempo di grande incertezza che impatta sulle pratiche educative dei genitori, è normale in tempi di crisi e guerra avere paura per i propri figli e per il loro futuro ma sostituirsi a loro per quanto riguarda le scelte di vita non è la soluzione.