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Samanta, mamma di una bimba prematura: “Ho faticato ad affezionarmi a mia figlia, temevo che non ce l’avrebbe fatta”

Samanta ha scritto a Fanpage.it per raccontare la storia della sua bambina nata di 950 g e cresciuta per 4 mesi in terapia intensiva neonatale. Ha raccontato tutto il suo dolore nella speranza di poter essere di supporto per le mamme che si trovano a vivere un’esperienza simile.
A cura di Sophia Crotti
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Samanta e sua figlia

La nostra redazione riceve lettere e testimonianze relative a storie che riguardano la maternità e l’essere genitori. Se avete una storia da raccontarci, o leggendo queste parole pensate di avere vissuto una situazione simile, potete scriverci cliccando qui.

“Ci vorrebbe un libro e forse non basterebbe per raccontare l’inferno che una madre vive in terapia intensiva neonatale”. Questa è la storia di Samanta Brenca, una donna che ha vissuto il parto prematuro della sua bambina, ormai 16 anni fa, attendendola con il fiato sospeso per 4 lunghi mesi, durante i quali, tutti i giorni, insieme al marito ha percorso 90 km per stare con lei. 

Ci ha raccontato, con una forza quasi innaturale, che solo il tempo costruisce, quei mesi fatti di solitudine, vissuti senza il supporto di uno psicologo, durante i quali si mortificava tutte le volte che non riusciva a tirarsi il latte per sua figlia e tremava all'idea che i medici la chiamassero e le dicessero che la sua bimba non ce l'aveva fatta.

"Il supporto delle altre famiglie in tin è stato fondamentale, ricordo di aver pianto tutte le mie lacrime al funerale di un bimbo che non ce l'aveva fatta. Quando lotti fianco a fianco ad altre mamme, giorno per giorno, e scopri che l'eventualità di perdere quella battaglia esiste, la situazione è drammatica".

Oggi la sua bimba ha 16 anni, sta bene e ha imparato a trovare le parole giuste per raccontare le sue cicatrici, quelle che le hanno permesso di diventare la ragazza forte che è oggi.

Come è stato scoprire la gravidanza?

Meraviglioso, anche perché è stata una gravidanza cercata, avevo un figlio di 6 anni che non faceva che chiedermi perché i suoi compagni di classe avessero fratelli e sorelle e lui no. Così gli ho dovuto spiegare, che la mamma aveva una malattia rara, una malformazione al cervelletto che mi ha causato dei danni al midollo e mi ha obbligata a subire due operazioni. Poi mi sono consultata con il neurochirurgo il quale mi ha detto che non ci sarebbero stati problemi ad avere un'altra gravidanza.

Mancava qualche giorno al compimento dei 6 mesi di gravidanza, quando ho iniziato ad avvertire dolori molto forti. Mi sono recata in ospedale dove è stato chiaro che l’utero era aperto e la mia bimba era pronta per nascere. Ricordo che addirittura alcune infermiere mi dissero che la dottoressa neonatale non avrebbe nemmeno dovuto intervenire dal momento che la bimba sarebbe sicuramente stata un aborto. Invece mia figlia è nata, l’hanno rianimata e da lì è iniziato il nostro viaggio nella prematurità.

Samanta e sua figlia

Ci sono state delle complicazioni in terapia intensiva neonatale?

Sì, quando a tre giorni dalla nascita hanno iniziato ad alimentarla, purtroppo il suo intestino si è perforato, dunque ci siamo trasferite in un ospedale specializzato a 90 km da casa. Qui la bimba ha subito il primo intervento dopo due giorni, le hanno messo una borsetta per la stomia ma a distanza da 20 giorni hanno scoperto che non si chiudeva nonostante le cure. Tutto questo alla fine ha portato i medici a dover intervenire anche a livello del cuore.

Come è stato psicologicamente scoprire che tua figlia sarebbe dovuta rimanere diverso tempo in tin?

Mi sono sentita smarrita, era tutto nuovo per me, una battaglia che dovevo combattere giorno per giorno, senza sapere mai cosa mi aspettava. Ho sviluppato, durante i mesi di tin, infatti, una forte paura di creare un legame con mia figlia. Temevo che non ce l’avrebbe fatta e che il distacco sarebbe stato ancora più complesso. È stata davvero dura anche non poterla toccare o prendere in braccio, sembrano cose piccole e banali, invece sono fondamentali. Poi la guardavo e la vedevo così diversa da come me l'ero immaginata, il suo colorito era particolare, perché non era una bimba ancora completamente formata.  In quel momento io ero frastornata, mi sentivo catapultata in una situazione a me sconosciuta ed è stata davvero dura. Ma è stato complesso anche tornare a casa, perché in ospedale c'erano le macchine a tenerla in vita, sapevo che se si fosse sentita male tra le mura di casa non avrei potuto fare nulla.  Mi sono sentita impotente e incapace.

Come hai vissuto il rapporto con il tuo compagno e la consapevolezza che c’era tuo figlio a casa?

È stato un altro dolore sapere mio figlio di soli 6 anni, che aveva tanto desiderato una sorellina, a casa senza di noi e senza di lei. Gli facevamo vedere foto e video e lui rimaneva con mia sorella e le mie cugine, per sentire meno la nostra mancanza.  Ma deve essere stata dura anche per lui vedere i suoi genitori tornare a casa per poche ore ed essere stanchi e sempre preoccupati.

Il regalo più bello è stato per me vederli la prima volta insieme, quando i dottori per l'Epifania gli hanno concesso di entrare in tin e conoscere la sua sorellina.

Come avete raccontato a vostro figlio che la sua sorellina ci avrebbe messo di più a tornare a casa?

Con parole semplici, dicendogli che la bimba aveva bisogno di rimanere in ospedale dove le macchine avrebbero sostituito per  un po’ la pancia della mamma. Lui è stato molto maturo fin da subito, addirittura un giorno a scuola quando con i suoi compagni stava partecipando ad una festa, consapevole che noi per poter stare con lui e la sorellina, saltavamo il pranzo, chiese alla maestra se poteva tenerci da parte due panini.

bimba tin

Quanto è rimasta la vostra bimba in tin?

Lei è rimasta in tin 4 mesi, io e mio marito potevamo stare con lei circa 2 ore al giorno, ma per fortuna avevamo instaurato con i medici un rapporto tale per cui potevo contattarli sempre.

Come è stato prenderla in braccio per la prima volta?

Io l'ho presa in braccio la prima volta quando aveva 3 mesi, e più che gioia ho provato una fortissima paura. Da un lato ero terrorizzata all’idea di farle del male, dall'altro penso proprio nei suoi primi anni di vita di non essere riuscita a trasmetterle anche fisicamente il mio amore, per paura che non ce la facesse.

Sei stata aiutata da uno psicologo?

No, l'ospedale non ci ha fornito alcun supporto in questo senso. Sono entrata in terapia quando mia figlia aveva già 3 anni per scoprire che la mia ansia nei suoi confronti le aveva fatto male e sentirmi ancora più in colpa all'idea. A poco a poco grazie alla terapista sono riuscita a vincere tutte le mie preoccupazioni.

E invece di un supporto psicologico dopo il parto tu avresti avuto bisogno?

Avrei avuto bisogno di un supporto psicologico, sì. Mio marito è stato fondamentale ma non bastava e l’ho capito dopo. Mi ricordo che a volte quando mi tiravo il latte per la bimba e non riuscivo mi arrabbiavo moltissimo con me stessa, pensavo che quella goccia che io non potevo darle avrebbe invece fatto la differenza. So che uno psicologo in quel momento mi avrebbe aiutata ad amarmi di più.

i figli di Samanta

Ti sei sentita in colpa?

Certo, è stato davvero complesso accettare che le mie ansie stessero causando ulteriori problemi alla mia bimba. Ho dovuto anche affrontare la consapevolezza che mia figlia, se non avessi affrontato i miei demoni, sarebbe potuta essere anoressica. Penso che per un genitore sia uno dei dolori più grandi scoprire che nel tentativo di fare del bene ai propri figli, si sta facendo tutto il contrario.

Come è stato tornare a casa dopo aver partorito senza la tua bambina?

Una sensazione bruttissima, ho sperimentato un distacco quasi contro natura.

Hai mai avuto paura che la tua bimba non ce la facesse?

Certo, di continuo, io me la vivevo male perché non riuscivo a vedere un futuro per mia figlia e questa condizione è durata per mesi. Io penso che fosse dettato dalla mia paura di legarmi a lei per poi rischiare di soffrire troppo dopo.

Oggi come sta tua figlia?

Bene, nella crescita ha avuto diversi problemi, ma è sempre stata combattiva. Va in terza superiore e fa ginnastica artistica a livello agonistico, da quando aveva 4 anni, partecipando anche a gare nazionali. È consapevole del suo passato e fin da bambina racconta ai coetanei il perché delle cicatrici che porta ancora addosso.

figlia di samanta

Con le altre mamme in tin siete riuscite a fare gruppo?

Sì e insieme abbiamo anche affrontato la morte di uno dei bambini che insieme a mia figlia stavano vivendo i loro primi mesi di vita in incubatrice. Al funerale ricordo di aver pianto tantissimo, perché pensavo ai genitori e a tutte quelle persone che avevamo intorno e che non potevano capire cosa si prova a rimanere giorno per giorno attaccati alla speranza che tuo figlio che la faccia e poi sopravvivere alla sua morte. Un ricordo bello che invece ho è quello di un bambino che stava nell’incubatrice vicino a quella di nostra figlia e che quando arrivavamo ci sorrideva, sentivo così di potergli dare quello che la sua mamma non riusciva, perché era impossibilitata a venire tutti i giorni in tin.

Cosa ti auguri per il futuro di tua figlia?

Il meglio, perché é come se fosse cresciuta a pezzetti e a volte mi sembra che le capitino tutte le cose possibili. Per questo le auguro davvero il meglio, che la vita le possa riservare le esperienze più gioiose. 

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