“Quando ho scoperto che avrei avuto una bambina, mi sono ripromessa che le avrei fatto amare il suo corpo”: una mamma

Sophie Boudreau è una mamma che durante l'infanzia e l'adolescenza si è sentita spesso addosso gli occhi giudicanti della sua famiglia, ogni volta che si avvicinava ad una teglia di dolci, indossava un vestito aderente o si specchiava in una vetrina.
La donna ha confessato in un testo scritto per l‘HuffingtonPost di aver rielaborato tutti questi pensieri durante la gravidanza e di aver deciso, dal momento che nel suo pancione cresceva una bambina, che la piccola avrebbe imparato ad amare il suo corpo e non avrebbe mai subito il body shaming a cui lei era stata sottoposta.
La storia di Sophie e il rapporto con il suo corpo
Certi ragionamenti sulla propria esistenza arrivano alla mente delle donne proprio durante l'attesa dei loro bambini o nelle loro prime settimane di vita. Così a Sophie Boudreau è stato chiaro fin da subito che il peso della sua bambina fosse l'argomento preferito di operatori sanitari e parenti: "Ricordo che condividevo con i miei familiari l'aumento di peso della mia piccola nel pancione, con grande gioia, dicendo loro che era arrivata a pesare tre kg e mezzo e tutti ne erano entusiasti". Lo stesso, spiega Boudreau, è accaduto dopo la nascita della piccola, quando stringere quei rotolini di ciccia, più paffuti ogni volta che la bimba piegava gli arti, era lo sport preferito di tutti i parenti. "Mi sono quindi chiesta dove sarebbe stato il limite, quando i suoi nonni, gli zii e i cugini avrebbero smesso di chiederle del peso, e di guardare all'aumento dello stesso con gioia". Boudreau ha dunque ripensato alla sua infanzia e adolescenza, quando osservava sua mamma e le sue amiche sottoporsi a diete dimagranti e guardare con disprezzo ai carboidrati, complimentarsi le une con le altre per la perdita di quei chili "di troppo". "Ho iniziato così a introiettare il messaggio che "grasso" era sinonimo di brutto e "magro" di bello e che adattarsi agli standard della società per una donna doveva essere la massima ambizione".
Boudreau crescendo, quando il suo metabolismo, in maniera fisiologica, ha iniziato a rallentare ha provato una vergogna tale, da mettersi a dieta già a vent'anni: "A trent'anni mi sono sposata e ricordo che l'unico dettaglio su cui i miei occhi si posavano sempre guardando le foto, era il grasso che fuoriusciva dalle cuciture sulla schiena, ero convinta che gli invitati avessero guardato quello per l'intera cerimonia".
Le nuove consapevolezze arrivate con la maternità
Boudreau quando insieme al compagno decise di diventare madre cercò dunque di migliorare le proprie abitudini alimentari e la sua attitudine al corpo ed al cibo: "Dissi ad amici e parenti che doveva esserci un limite con la mia bambina e di parlare di diete o calorie solo lontano da lei, guardandomi allo specchio mi promisi che mai mi sarei lamentata del mio corpo davanti a lei".

L'obiettivo di Boudreau era dunque quello di non far passare a sua figlia tutto ciò che aveva subito lei, quando gli adulti involontariamente le trasmettevano messaggi sbagliati sull'alimentazione e sul corpo. "Cerco di fare il mio meglio ma oggi che ha un anno mi è capitato di lamentarmi del fatto che non mi entrassero più i miei jeans e mi sono accorta che certi insegnamenti hanno pervaso il mio modo di pensare" ha spiegato la donna alla testata.
Tuttavia quello che spera Boudreau è di poter accompagnare la figlia, dandole gli strumenti giusti per amare il proprio corpo a tutte le età, nonostante si confronterà con un mondo in cui i canoni estetici valgono ancora molto. "Le darò il supporto necessario affinché lei non provi mai vergogna per il suo corpo, anzi, lo guarderemo cambiare con amore e saprà che l'affetto che proviamo per lei non c'entra nulla con la sua alimentazione o con il suo peso" ha concluso.