Privazione del sonno dei neo-genitori, la parola dell’esperta: “Nei primi mesi del bebè serve tenacia e lavoro di squadra”
Conoscere le esperienze altrui e sapere che altre mamme e papà sono riusciti a superare questa difficolta può essere d'estremo conforto per i tanti genitori alle prese con nottate insonni e giornate faticose da affrontare. Se avete storie simili da raccontare potete scriverci cliccando qui.
I primi mesi di vita di un bambino sono spesso un periodo molto impegnativo per i neo-genitori. Il ritmo sonno-veglia dei bebè, ancora immaturo, si traduce in notti frammentate, risvegli continui e pianti frequenti. Tutto questo riduce all'osso le ore di sonno per mamma e papà, che dunque si trovano a fare i conti con spossatezza e stanchezza cronica proprio un momento in cui avrebbero bisogno di tutta l'energia possibile per adempiere ai nuovi compiti genitoriali. La privazione del sonno, infatti non solo influisce sulla salute fisica e mentale dei genitori – i quali spesso devono anche rispettare i propri impegni lavorativi – ma rischia anche di minare la qualità delle cure offerte al piccolo e alterare l’equilibrio delle relazioni familiari.
"Quello della cronaca mancanza di sonno dei neo-genitori è un problema sempre molto trascurato" spiega a Fanpage.it la pediatra Luana Nosetti, Professore associato presso l’Università degli Studi dell'Insubria e Responsabile del Centro disturbi respiratori del sonno e pneumologia pediatrica dell' Ospedale F. Del Ponte, a Varese.
"In generale si tende a focalizzare l'attenzione sul bambino e i suoi bisogni, tralasciando il vissuto di mamme e papà. Invece sarebbe opportuno che i futuri genitori venissero informati di ciò che li aspetta ancora prima del parto, così da non farsi trovare impreparati".
Cioè?
È del tutto fisiologico che nei primi due o tre mesi di vita il bambino si svegli continuamente la notte. I bimbi hanno dei cicli di sonno molto brevi che determinano il risveglio più o meno ogni tre ore, così da garantire loro un'alimentazione regolare attraverso la poppata. Certo, tutto questo è nettamente in contrasto con le normali abitudini di qualsiasi adulto che, per quanto nottambulo, necessita di un certo numero di ore di sonno consecutive.
Perché la privazione del sonno impatta così tanto sulla vita dei genitori?
Le ripercussioni sono molteplici. In primis, l'assenza di sonno peggiora la qualità della vita, anche in termini relazionali con il proprio partner, visto che l'eccessiva stanchezza aumenta l'irritabilità e riduce drasticamente le occasioni di intimità. Se poi una madre sta affrontando la depressione post-partum, l'impossibilità di godere di un riposo adeguato non può che peggiorare la situazione.
Possono esserci conseguenze anche per il bambino?
Certamente. Un padre o una madre stanca sono più inclini alla distrazione e alla riduzione (involontaria) dei compiti di cura. In determinati contesti poi, il nervosismo dato dalla mancanza di sonno aumenta il rischio della pericolosa sindrome del bambino scosso: un genitore stremato fisicamente e mentalmente potrebbe infatti trovarsi a muovere con eccessiva violenza il bimbo che piange, con conseguenze potenzialmente fatali.
Perché sarebbe bene avvisare prima i genitori?
Per aiutarli a predisporre fin da subito le giuste strategie per rendere più sopportabile la situazione e, soprattutto, sapere che si tratta di un periodo passeggero, che nella maggior parte dei casi durerà solo pochi mesi. Certo, alcuni bambini necessitano di più tempo per trovare il giusto ritmo sonno-veglia, ma se un periodo prolungato i piccoli faticano ancora a trovare un riposo notturno continuativo, allora è il caso d'indagare con dei professionisti le possibili cause di questo comportamento.
Quali sono queste strategie che i genitori potrebbero approntare per provare a gestire la situazione?
La chiave principale è la collaborazione. In presenza di un partner, il compito di badare al figlio che si sveglia di notte non può ricadere solo sulla mamma. Già di giorno, ad esempio, la madre che allatta o nutre il piccolo dovrebbe approfittare delle nanne del figlio per recuperare un po' di ore di sonno, senza occuparsi delle faccende di casa o altri compiti tipici del ménage domestico. Di queste cose potrebbe occuparsene il padre o un'altra figura deputata al supporto familiare, come un nonno o una babysitter, soprattutto se in casa c'è anche un altro bambino.
Altre strategie possono essere quelle di dividersi i risvegli notturni, stabilendo fino a che punto della notte toccherà a un genitore alzarsi per andare dal bebè e quando invece spetterà all'altro rimanere vigile in caso di pianto, e iniziare fin da subito a regolare il sonno notturno, dando al bimbo determinate abitudini propedeutiche sia a salvaguardarne la salute che a favorirne il riposo regolare.
Quali sono queste abitudini?
Fino al compimento del primo anno di vita il bimbo dovrebbe dormire nella stessa camera dei genitori ma non nello stesso letto, riposando sempre a pancia in su. Il bebè poi non deve essere troppo coperto né rimanere in una stanza troppo calda. Meglio anche tenere fuori dalle camere deputate al sonno notturno cellulari e device dotati di schermi luminosi: oltre ai rumori che simili dispositivi possono provocare, gli schermi emettono una luce blu che inibisce la melatonina, ostacolando l'arrivo del sonno.
Il ciuccio può essere d'aiuto?
Sì, ma solo dopo il primo mese di vita. Questo periodo serve infatti a consolidare l'allattamento al seno. Una volta passato però, il ciuccio può essere un buon "pacificatore" per dare al piccolo una piccola consolazione dal pianto.