Pochi compiti, tanto gioco e qualche rischio in più: il modello di felicità danese per i bambini sembra funzionare davvero
La Danimarca è da molti considerata una nazione a misura di bambino. Oltre a un sistema di welfare all'avanguardia e a strutture per l'infanzia efficienti, la società danese si distingue infatti per aver ormai assimilato un sistema educativo fondato sull'empatia, la qualità delle relazioni interpersonali e, soprattutto, una grande autonomia.
Chi non è abituato ad un simile approccio potrebbe però subire un piccolo shock vedendo bambini che, al contrario di quanto accade in molti Paesi occidentali, vengono lasciati liberi di vivere esperienze e sperimentare attività anche piuttosto pericolose (almeno per i nostri canoni), come usare coltelli per tagliare la carne o usare il fuoco durante il campeggio.
È quanto successo, ad esempio, a Becca e Jordan Itkowitz, una coppia statunitense che dopo aver vissuto per tre anni in Danimarca, nel 2017 decisero di tornare in patria insieme ai figli Max e Evan, rispettivamente di 10 e 8 anni.
Piccoli equivoci culturali
Come raccontato in un'intervista rilasciata al New York Post, i due genitori erano del tutto ignari del fatto che il passaggio dal modello scolastico danese a quello statunitense avrebbe comportato per i loro bambini alcuni problemi di adattamento
Poche settimane dopo il loro ritorno, infatti, Becca ricevette una telefonata dalla scuola del figlio maggiore che la informava di un rimprovero subito da Max per aver lanciato una palla di neve durante la ricreazione. Il tiro non era nemmeno rivolto a un altro bambino, ma per gli insegnanti si era trattato comunque di un comportamento da censurare.
"Ho riso e ho accettato di parlargli delle regole della scuola americana e di come la neve possa essere percepita come un'arma" ha raccontato Becca, aggiungendo che nelle settimane successive il figlio subì anche un'altra punizione perché aveva raccolto un grosso bastone. Max, abituato ai metodi danesi, voleva solo giocare o costruire una capanna, ma anche stavolta i responsabili della scuola chiesero ai genitori di prestare più attenzione ai comportamenti del bambino.
Un modo diverso di intendere la crescita
Come dimostrato dall'esperienza degli Itkowitz, in Danimarca i bambini hanno la possibilità fin dall'asilo di esplorare il mondo circostante, giocare sotto la pioggia, cucinare all'aperto e affrontare sfide adatte alla loro età, il tutto senza la pressione di dover dimostrare continuamente la loro bravura in ambito accademico.
Di questo particolare aspetto si è invece occupata la giornalista britannica Helen Russel, autrice del libro The Danish Secret to Happy Kids che ha voluto raccontare agli occidentali le particolarità del sistema educativo del Nord Europa, soprattutto per ciò che riguarda il rapporto con voti e compiti scolastici.
In Danimarca infatti i compiti a casa non vengono assegnati fino agli 11 anni, mentre i test e le verifiche formali arrivano solo verso i 16 anni. Il gioco è invece considerato un elemento fondamentale dell'apprendimento e dello sviluppo, e non solo un'attività da confinare durante il momento della ricreazione.
Non solo: se negli Stati Uniti (ma anche in Italia), neve, pioggia o vento sono considerati validissimi motivi per tenere i figli in casa, in Danimarca o in Finlandia il maltempo non viene considerato un motivo valido per restare al chiuso.
"Non esiste il cattivo tempo, solo abiti sbagliati" è il proverbio citato dalla giornalista per riassumere un approccio alla vita che non si fa molti problemi ad esporre i bambini a qualche rischio in più.
"Mi capitava spesso di riprendere i miei figli da scuola con qualche graffio" ha raccontato Russell, aggiungendo che spesso si trattava di ferite causate da qualche attività che, ai nostri occhi, apparirebbe spericolata, come arrampicarsi su un albero.
I genitori danesi, invece, non temono che i loro figli si facciano male durante il gioco. Non perché siano particolarmente sadici, ma perché ritengono il rischio una parte integrante del cammino per diventare adulti più consapevoli.
Il Paese della felicità
Secondo gli esperti e la stessa Russell (che ormai vive in Danimarca da diversi anni insieme alla famiglia) questo tipo di attività non solo migliora la salute mentale, ma aiuta anche i bambini a sviluppare una maggiore fiducia in sé stessi e la resistenza fisica, elementi che sembrano mancare in metodi educativi occidentali. E gli effetti sociali sul lungo periodo non sembrano mancare.
La Danimarca risulta da anni ai vertici della classica del World Happiness Report sui Paesi più felici del mondo (scalzata nel 2024 proprio dalla Finlandia che, guarda caso, adotta una filosofia educativa molto simile), e nel mondo, oltre che per la Sirenetta e i biscotti, il Paese è diventato celebre hygge, l'intraducibile concetto che sintetizza uno stile di vita all'insegna della serenità, dell'amicizia e della ricerca del benessere personale. Siamo proprio sicuri di non voler prendere qualche spunto?