Perché è importante parlare ai bambini delle loro emozioni e qual è il modo giusto per farlo
I bimbi imparano fin dai primi mesi di vita cosa significhi emozionarsi, osservando il volto e le reazioni delle persone che si prendono cura di loro, ma è importante aiutarli a dare un nome a ciò che provano. Le emozioni positive e negative che i piccoli vivono o alle quali assistono entreranno a far parte del loro vocabolario emotivo.
La psicologa Beatrice Conte ci ha spiegato quanto sia importante educare i bimbi ad esprimere le proprie emozioni e i rischi che comporta invitarli, anche implicitamente, a reprimerle: «È importante con empatia invogliare i bambini a spiegare come si sentono e a dare un nome alle proprie emozioni, si può iniziare con i disegni, con dei giochi o facendo vedere loro delle immagini molto espressive. Anche le emoticon, che a volte si pensa riducano la capacità di esprimere a parole le emozioni, possono invece essere delle alleate»
Cos'è il vocabolario emotivo?
Il vocabolario emotivo è tutto quell'insieme di parole o di fonemi che vengono utilizzati dai bambini per esprimere i loro stati emotivi e quelli degli altri. I bimbi, infatti, già dai primi mesi di vita imparano per imitazione, come si esprimono le emozioni, influenzati da come le esprime chi si prende cura di loro. Attorno all’anno e mezzo i bimbi riusciranno anche a riprodurre le espressioni facciali legate alle emozioni che provano e sapranno modulare il proprio stato emotivo in base a chi hanno davanti, riuscendo a sintonizzarsi sugli stati emotivi dell'altro. A questo punto si possono invitare a dare un nome a ciò che provano.
Come si insegna ai bambini ad esprimere e riconoscere le emozioni?
Innanzitutto è importante parlare al bimbo di ciò che gli succede, chiedendogli cosa prova a causa di un dato evento. Se per esempio ha rotto un giocattolo possiamo incoraggiarlo con empatia a dirci che è triste, perché è assolutamente normale sentirsi così, lo stesso vale per quando è arrabbiato. Se il bambino non riesce a esprimersi a parole si possono usare i disegni, come punto di partenza, per poi aiutarlo ad esprimere le proprie emozioni.
Un ruolo molto importante lo gioca poi il riconoscimento delle emozioni attraverso le espressioni facciali, che i bimbi possono osservare dai genitori, o da immagini che trovano sui libri. I piccoli già a 3-4 anni riescono a discriminare le emozioni principali che vivono, come gioia, tristezza, rabbia o disgusto, però potrebbero non essere perfettamente in grado di associarle alle parole corrette, non di rado usano la parola “schifo”, per esempio, dunque i genitori devono educarli all’utilizzo delle parole più consone.
Fino a che età i bambini continuano ad apprendere il linguaggio delle emozioni?
Il vocabolario emotivo continua ad arricchirsi durante la crescita del bambino, fino a che durante l’adolescenza il ragazzo avrà esplorato quasi l’intera gamma delle emozioni esistenti e sarà in grado di riconoscerle. Avere un vocabolario molto ricco permette poi al giovane adulto di sviluppare un linguaggio consapevole per affrontare le proprie emozioni e comprendere quelle degli altri.
Le emoticon che si trovano online, rischiano di far perdere di importanza alle parole per esprimere le emozioni?
Oggi spessissimo si usano emoticon per esprimere emozioni, ma al momento non è una questione invalidante per quanto riguarda l'espressività emotiva dei bambini. Anzi, le immagini per i bambini sono fondamentali nell’acquisire un vocabolario emotivo specifico, perché prima di imparare le parole, usano proprio quelle. Esistono proprio libri che riproducono attraverso le immagini e anche le emoticon, le espressioni che le emozioni fanno fare al nostro volto e possono aiutare i bambini già a 3-4 mesi a poco a poco, a dare un nome alle emozioni.
È importante insegnare ai bambini ad esprimere anche le emozioni negative?
È importantissimo che i bambini imparino ad esprimere le proprie emozioni negative, perché queste se non espresse vengono incanalate in comportamenti come tic verbali e motori. Questi tic, che vengono a volte confusi con altri tipi di comportamenti disfunzionali o situazioni neurologiche complesse, sono solo l’espressione di emozioni negative represse o che il bambino non sa come manifestare in altro modo. La situazione diventa molto complessa in adolescenza e in età adulta può portare a squilibri mentali importanti.
Capita che i genitori siano spaventati all’idea che il loro bambino possa provare anche delle emozioni negative, dunque le svalutano per paura di essere loro la causa di queste emozioni. In realtà tutti i bambini provano emozioni negativi, di cui loro non sono responsabili. È importante non invalidarli e ricordare che non si è genitori sbagliati se il proprio figlio è triste.
Qual è il rischio di non permettere al bambino di avere un vocabolario emotivo ricco?
I rischi maggiori riguardano l’incapacità di gestire ed esprimere le emozioni negative, dal momento che quelle positive sono più semplici da affrontare perché sono più accettate dalla società e dalla famiglia.
Più volte mi è capitato di ascoltare i racconti di bambini a cui veniva detto "ma come fai ad essere triste?", e dire così a un bimbo di 10 anni significa trasmettergli il concetto che deve per forza felice, promuovendo una perfezione che può portare a disturbi ossessivo-compulsivi in età adolescenziale e adulta, che mirano al controllo delle proprie emozioni, tramite il controllo di fattori esterni alla persona. Il rischio è anche quello di creare dei “soldatini” che non sanno esprimere le proprie emozioni e che davanti a un fallimento o una sconfitta non abbiano gli strumenti per affrontare questa forma di lutto senza essere portati a mollare tutto o a compiere gesti lesivi. Il bimbo deve sapere che esiste un'ampissima gamma di emozioni, sia positive che negative, lavorando con libri che li stimolino fin dalla tenera età a lavorare sul riconoscimento delle emozioni degli altri.
Il fatto che il bambino non sappia gestire le emozioni può impattare negativamente anche sugli altri?
Il fatto che il bimbo non raggiunga una competenza emotiva di un certo tipo impatta su di lui in primis ma certamente anche sugli altri, con i quali avrà a che fare nella crescita, perché troveranno davanti a loro una persona che non riuscirà mai a provare empatia o a sintonizzarsi sulle emozioni degli altri. Il rischio è che non si connetta mai a livello profondo con gli altri.