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Dire amore mio ai figli è una cosa bella e utile: il pedagogista spiega perché Crepet ha torto

Dal palco del suo spettacolo a Bari, lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet ha puntato il dito contro l’eccessiva premura dei genitori moderni, troppo ansiosi di spianare la strada ai figli e incapaci di concedere loro la libertà di affrontare ostacoli e responsabilità:”Quando sentite ‘amore mio’, scappate”. Ma prestare attenzione alle emozioni dei figli e fare in modo che sappiano di essere amati è davvero la strada più veloce per crescere una generazione di bamboccioni? Fanpage.it lo ha chiesto al pedagogista Luca Frusciello.
Intervista a Luca Frusciello
A cura di Niccolò De Rosa
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Soffocanti, iper-protettivi e costantemente ossessionati dal desiderio di facilitare l'esistenza dei propri figli. È questo il poco lusinghiero identikit dei genitori moderni tracciato da Paolo Crepet, psichiatra e saggista che dal palco del Teatro Team di Bari, dove è andato in scena con il suo spettacolo "Mordere il cielo", ha lanciato una frecciatina pesante come un missile terra-aria contro i genitori che si rivolgono ai figli con parole troppo affettuose.

"Quando sentite ‘amore mio', scappate", ha ironizzato Crepet in un passaggio riportato dal Corriere della Sera, indicando quella frase come l'emblema di una genitorialità improntata sulla volontà di mantenere i figli in un'eterna comfort zone, priva di ostacoli e responsabilità.

Ma siamo davvero sicuri che i problemi delle famiglie moderne siano le madri e i padri che si rivolgono con amore ai propri ragazzi? Fanpage.it lo ha chiesto al pedagogista Luca Frusciello, che ha offerto un punto di vista differente: "Non possiamo demonizzare la comunicazione affettiva. Dimostrare amore non rende un genitore meno efficace". Pur riconoscendo il valore della sfida educativa sottolineato da Crepet, per Frusciello il rischio dietro a simili affermazioni è infatti quello di generalizzare e di etichettare a priori delle scelte prese con coscienza ed estrema consapevolezza. Perché dietro quel "amore mio" non c’è debolezza, ma un legame profondo che merita rispetto.

Dire "amore mio" è giusto sotto ogni punto di vista

Nel suo approccio, Crepet insiste molto sull’importanza di essere sfidanti nei confronti dei figli. Per lo psichiatra, i genitori dovrebbero agire come “insegnanti di volo”: la relazione non può essere troppo accomodante, ma deve proporre prove da affrontare e superare per diventare grandi. Un’idea che il pedagogista Frusciello in parte condivide, pur riconoscendone i limiti. Secondo lui, infatti, sebbene la provocazione di Crepet non miri realmente a scoraggiare l’affetto genitoriale, il rischio è che messaggi del genere finiscano per trasmettere indicazioni fuorvianti.

"È vero, oggigiorno molti genitori assumono atteggiamenti troppo permissivi e gli stessi social sono pieni di consigli eccessivamente rivolti al desiderio di non turbare i piccoli, ma ciò non significa che il genitore ideale debba essere un automa anaffettivo. Bisogna trovare il giusto equilibrio", spiega il pedagogista. Dimostrarsi aperti al dialogo e alle emozioni dei figli non significa infatti essere dei mollaccioni incapaci di trasmettere un messaggio educativo. Perché dunque attaccare il desiderio di un padre o di una madre di dimostrare il proprio amore?

Luca Frusciello, pedagogista.
Luca Frusciello, pedagogista.

"I sentimenti hanno una ricchezza che va oltre le parole", prosegue Frusciello. "Dire a un figlio "amore mio" premurandosi di trasmettere tutto il significato che quelle due parole contengono, significa fare alfabetizzazione a livello emotivo, perché al bambino viene insegnato a riconoscere, elaborare ed esprimere un sentimento, spiegandolo. Perché privarsi di tanta ricchezza? Già siamo un popolo di analfabeti sentimentali che fatica a elaborare e gestire le emozioni. Perché non dovremmo lavorare per spezzare questa catena?".

Basta criticare sempre i genitori

Nello spettacolo, Crepet ha riservato una bordata anche contro l’utilizzo sempre più diffuso degli zaini dotati di trolley per aiutare i bambini a portare i libri avanti e indietro da scuola senza spezzarsi la schiena. Per lo psichiatra, questa abitudine sarebbe un'ulteriore prova della mancanza di nerbo delle nuove generazioni, perché "portare il peso dei libri è una chiara metafora: se vuoi vivere davvero, farai fatica".

Oltre al fatto che l’utilizzo dei trolley rimane una pratica consigliata da tutti i medici per proteggere la schiena dei bambini, per Frusciello questa uscita rappresenta però l'ennesimo attacco gratuito alle scelte dei genitori.

"Oggi sono tanti i genitori con il desiderio di mettersi in gioco, di trasmettere certi insegnamenti, di provare certe sensazioni. Perché devono continuamente essere presi di mira per le loro decisioni? Se un padre vuole risparmiare la fatica di uno zaino troppo pesante, magari  si ricorda ancora il dolore che gravava sulle sue spalle, per quale motivo questa scelta dovrebbe essere un problema? I genitori moderni sono già fin troppo insicuri e ansiosi, non c’è davvero bisogno di aggiungere ogni volta un carico da novanta su ogni scelta presa per migliorare la vita dei figli".

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