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Parlare di sesso con i figli: i tre consigli chiave dell’esperta per una comunicazione efficace

Quando si affrontano certi argomenti con i figli è bene mettere da parte imbarazzi e ritrosie per stabilire un rapporto comunicativo chiaro e costruttivo, che non si limiti al solo atto fisico. La psicologa: “Parlate anche di consenso e di rispetto”.
A cura di Niccolò De Rosa
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Parlare di sesso con i figli: i tre consigli chiave per l'esperta

Parlare di amore e sessualità con i propri figli può rappresentare un'ardua sfida per molti genitori.

Sentimenti come la vergogna o l'imbarazzo, i vari tabù culturali o i dubbi legati alla paura di dire troppo (o troppo poco) rispetto all'età dei ragazzi, molto spesso possono ostacolare il dialogo costruttivo tra le parti, rendendo più complicato il raggiungimento dell'unico grande obiettivo dietro a simili discorsi: fare sì che i figli maturino un atteggiamento responsabile e consapevole nei confronti del sesso.

Per aiutare madri e padri a costruire un canale comunicativo efficiente e aperto, la psicologa e sessuologa texana Stevie Stanford ha offerto dunque condiviso sul sito dell'HuffPost statunitense alcuni consigli per affrontare questo delicato argomento in famiglia, identificando in particolare tre punti fondamentali.

Un argomento da consolidare nel tempo

Innanzitutto, Stanford sottolinea come la classica "chiacchierata sul sesso" non debba rimanere un dialogo estemporaneo da fare solo una volta all'inizio dell'età puberale dei figli, ma piuttosto un processo in evoluzione da rinforzare nel tempo con tanti piccoli momenti di confronto genitori-figli.

In quest'ottica è dunque molto importante far capire ai figli che possono fare domande in qualsiasi momento, con la profondità della discussione che così potrà svilupparsi mano a mano durante la crescita.

Così facendo, non solo i giovani adulti si sentiranno a proprio agio nel parlare di sesso, sia con i genitori che con i futuri partner.

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Niente vergogna

Un altro punto essenziale per la psicologa è evitare che i ragazzi finiscano per associare il sesso al sentimento di vergogna. Secondo Stanford, se i genitori mostrano imbarazzo durante queste conversazioni, anche i figli finiranno per provare la stessa sensazione.

A causa di simili atteggiamenti, ancora oggi molte persone – sia giovani che meno giovani – persone percepiscono il sesso come un argomento tabù, ma Stanford invita a cambiare questa cultura, rendendo più facile per tutti parlare di ogni sfera della sessualità.

Il sesso non è solo atto fisico

Nel terzo punto, Stanford consiglia d'imbastire la discussione non concentrandosi solamente sugli aspetti fisici del sesso (il rapporto, le sue conseguenze, le malattie sessualmente trasmissibili etc…).

Per l'esperta è infatti fondamentale anche parlare di consenso, rispetto, piacere e comunicazione. Il consenso, in particolare, dovrebbe essere non solo reciproco, ma anche entusiasta. Stanford suggerisce di adottare il mantra "L'unico consenso valido è quello entusiasta".

Parlare anche degli aspetti più controversi

Un altro dei grandi problemi dati dal parlare di sesso con i figli riguarda il fatto che alcuni genitori potrebbero trovarsi in difficoltà a causa delle proprie esperienze passate. In caso di traumi o avventure giovanili poco edificanti infatti, qualcuno potrebbe sentirsi a disagio nell'affrontare l'argomento per paura di apparire ipocrita o  provare imbarazzo.

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In casi simili la pediatra Uchenna Umeh – anch'essa intervenuta per l'HuffPost – consiglia ai genitori di elaborare adeguatamente qualsiasi esperienza traumatica con l'aiuto di un terapeuta prima di condividerla con i figli. Secondo Umeh, è infatti utile condividere anche gli aspetti devastanti del proprio passato per proteggere i figli, a patto però di essere adeguatamente preparati a trasformare quell'esperienza in un momento educativo.

Per facilitare queste conversazioni, Umeh suggerisce un modello basato sulla classificazione degli eventi passati in tre categorie:

  • Cosa ha funzionato (What Worked)
  • Cosa non ha funzionato (What Didn't Worked)
  • Cosa faresti diversamente (What you’d Do Differently)".

Secondo la dottoressa questo approccio consentirebbe di riflettere sugli errori e sui successi, offrendo ai figli un contesto più ampio sul quale orientarsi per capire come comportarsi.

Esiste un modo giusto per fare le domande?

Secondo la dottoressa Michelle Forcier, clinica presso Folx Health di Boston, non c'è un modulo standard per porre questioni e domande in un modo sempre corretto.

Per Forcier i genitori dovrebbero semplicemente chiedersi quali siano gli effettivi bisogni dei figli, cosa dovrà gestire, cosa potrà gestire e, soprattutto, quali sono le giuste informazioni da condividere in quel preciso momento della crescita.

"Siate curiosi e lasciate che vostro figlio vi dica cosa sa, cosa vuole sapere e cosa lo preoccupa o lo entusiasma" ha consigliato l'esperta. In questo modo, i genitori potranno adattare la conversazione alle necessità e agli interessi dei propri figli, garantendo un dialogo franco e senza giudizi.

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