“Non parlare con gli sconosciuti”: il metodo educativo che secondo la psicologa andrebbe rivisto
"Non parlare con gli sconosciuti, mi raccomando!" è una frase che durante l'infanzia molti attuali genitori si sono sentiti ripetere, e che di conseguenza, spaventati dalle dinamiche del mondo esterno che i propri figli si troveranno per forza ad affrontare, ripetono loro.
Secondo gli esperti, però, come spiegano alle pagine di Parents, non è esattamente la frase migliore da dire ai propri figli, che dovranno comunque nella vita confrontarsi con i pari e con gli adulti, senza temerli.
I bambini che salutano chiunque
Una mamma su TikTok ha pubblicato un video in cui ha mostrato alla piattaforma come il suo bimbo, in ogni circostanza, adori correre tra le persone e salutarle, chiunque esse siano. Il piccolo al supermercato saluta chiunque, lo stesso fa al parco giochi e per strada, mentre la sua mamma ride fragorosamente colpita positivamente.
La donna sembra felice della reazione del figlio, così socievole e benvoluto da tutti ma, tra i commenti sotto al video, che ha raggiunto moltissimi utenti si legge anche un po' di preoccupazione. E se questi atteggiamenti pro-sociali portassero poi i piccoli a fidarsi davvero di chiunque? La psicologa Reena B. Patel, spiega alle pagine di Parents, di non preoccuparsi troppo se il proprio bambino è molto espansivo e saluta gli adulti che lo circondando, perché lo fa sempre in presenza dei suoi genitori, consapevole che ci sono loro a dargli una mano.
Come trovare il giusto equilibrio, senza spaventare i bambini
Alle pagine di Parents diversi esperti si sono espressi riguardo il metodo educativo ancora in voga che porta i genitori a mettere in guardia i propri figli dai malintenzionati.
Tracy Walder, ex agente dell'FBI, spiega che dire ad un bambino di non parlare con gli sconosciuti può avere degli effetti negativi: "I bambini pensano così che tutti gli adulti estranei siano cattivi e se mai si dovessero trovarsi in una situazione di pericolo faticheranno a chiedere aiuto ad un adulto, sia questo un insegnante, un agente di polizia o una persona fidata". Secondo l'agente è meglio spiegare al bambino che non è bene accettare qualcosa dagli sconosciuti o non allontanarsi mai dal genitore nei luoghi affollati.
Dello stesso avviso è anche la psicologa Reena B. Patel che ritiene che ad essere davvero importanti con i bambini siano due cose, non dare loro spiegazioni approssimative che possano confonderli e spiegare loro con l'esempio come sarebbe meglio approcciarsi agli altri.
"Prima di dire ad un bambino che non deve parlare con uno sconosciuto bisogna essere certi che lui sappia cosa intendiamo per sconosciuto, una persona cioè di cui per i modi di fare e di porsi sarebbe meglio non fidarsi e con la quale dunque il modo di interagire potrebbe dover essere un pochino diverso" spiega a Parents. Secondo la psicologa questo insegnamento può essere fatto sia a parole che tramite i fatti, agendo in maniera diversa a seconda che a rivolgersi all'adulto sia un estraneo poco affidabile o qualcuno che conoscono poco ma di cui si fidano.
Secondo la psicologa è importante poi insegnare ai bambini a fidarsi del proprio istinto e a non sentirsi mai forzati a portare avanti una conversazione: "Se il bimbo è visibilmente a disagio perché qualcuno dice lui che è timido perché non parla, per esempio, bisogna spiegargli che è l'adulto che sta sbagliando, che lui è libero di scegliere con chi parlare e con chi no".
Patel ha poi elencato tre regole che è importante dare ai bambini, riguardo il loro rapporto con adulti estranei:
- Gli adulti non hanno bisogno del loro aiuto: "Se un adulto si avvicina a loro chiedendo un aiuto, possono rispondere che può rivolgersi alle forze dell'ordine e non a lui".
- Non bisogna mai seguire chi dice loro che ha qualcosa da mostrare: "Se non c'è un loro genitore o caregiver con loro in quel momento è bene che i bimbi sappiano che per nessuna ragione si devono appartare per guadare qualcosa che un adulto ha da mostrare loro".
- Le persone raccomandabili non cambiano il loro modo di fare in presenza o in assenza dei loro genitori.