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“Non ne voglio più, sono pieno”: uno studio spiega cosa si nasconde dietro la fame e la sazietà dei bimbi

Uno studio pubblicato dall’Università dell’Illinois ha spiegato cosa si nasconde dietro la fame e la sazietà dei bambini anche molto piccoli, rilevando che le emozioni e il rapporto con i genitori sono centrali quando si parla di alimentazione.
A cura di Sophia Crotti
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bimbi mangiano

“Mangia che devi crescere”, “Pensi davvero di lasciare lì quel boccone?” sono frasi che spesso i genitori ripetono ai bambini, quando sono seduti a tavola per la cena e storcono il naso davanti ad un abbondante pietanza preparata con cura per loro.

Un team di ricercatori dell’Università dell’Illinois Urbana – Champaign ha voluto indagare se i bambini sono in grado da soli di autoregolamentarsi quando si parla di fame o se hanno davvero bisogno di essere “imboccati” dai loro genitori. Dallo studio è emerso che fame e sazietà nei bimbi dipendono spesso dalle loro emozioni e dal rapporto che i genitori permettono a loro di intessere con il cibo.

Lo studio

La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Social Science & Medicine ha avuto origine dal forte stigma che lega l’obesità alla tendenza da parte dei bambini di “mangiare troppo”, discorso che secondo gli studiosi è semplicistico e sbagliato. Perché dietro all’incapacità di autoregolarsi davanti ad una tavola imbandita non c’è solo mancanza di autocontrollo ma anche influenze biologiche, psicologiche e sociali.

“Ai genitori di bimbi affetti da obesità si tende a dire di farli mangiare di meno, di far fare loro attività fisica, raccomandazione troppo semplicistica che fa credere al bambino che sia solo la sua forza di volontà a permettergli di approcciarsi bene o male al cibo” ha spiegato la dottoressa Sehyun Ju, una delle principali firme della ricerca.

bimbo triste a tavola

Gli studiosi si sono soffermati su due capacità che i bimbi acquisiscono in maniera innata sin dai primi giorni di vita, quella di autoregolazione generale (GSR) e quella specificatamente legata al cibo(ASR). I piccoli iniziano a sviluppare in forma embrionale la capacità di gestire i propri impulsi, tra cui anche l’istinto della fame già ad un anno, per affinarla attorno ai 3 anni. Il loro corpo manda a loro segnali di sazietà o di fame, in base all’energia che hanno o non hanno in corpo.

Dopo questa età, però, secondo gli studiosi, se con la scolarizzazione il bambino impara a regolare le sue emozioni e il suo comportamento, si verifica un declino, invece, della capacità dei piccoli di regolare l’assunzione di cibo in base alla loro fame. In poche parole il bambino non mangia più quando a fame e smette quando è sazio, ma influenzato da fattori sociali o da situazioni che psicologicamente lo stressano o rallegrano, inizia di conseguenza a mangiare di più o di meno. Poi, dal momento che ogni individuo è diverso, in alcuni bambini la situazione si fa più intensa, in altri invece ha la meglio la capacità di autoregolazione.

Al centro della fame ci sono spesso le emozioni

Ciò che accade a livello biologico è anche che la sazietà non è regolata solo dal sistema nervoso centrale, ma anche dal sistema neuroendocrino e dal bioma intestinale, tra i neurotrasmettitori prodotti dall’intestino ci sono anche la dopamina e la serotonina, che sono in grado di regolare sia le emozioni che lo stress dei bambini, che lo stesso appetito: motivo per cui se abbiamo un esame molto difficile lo stomaco si chiude o se siamo annoiati possiamo divorare anche un intero pacco di caramelle.

bimbi affamati

I fattori psicologici sono determinanti quando si parla di fame o sazietà nei bambini e nei ragazzi: “il corpo risponde alle emozioni negative riducendo l’appetito, stimolando ormoni che fanno sentire il bambino sazio”. Un altro meccanismo che si attiva è quello della ricompensa, un bambino potrebbe imparare fin da piccolissimo che se piange ed è triste con una fetta di torta tutto si risolve o al contrario avere un primo approccio con un piatto di broccoli maleodorante, negativo e quindi sviluppare un po’ di scetticità nei confronti del cibo.

L’influenza dei genitori

L’ultimo elemento che gli studiosi hanno preso in esame quando si parla di rapporto tra cibo e bambini è l’influenza dei loro genitori. Innanzitutto, secondo lo studio, i bimbi che vengono allattati al seno a richiesta, dovrebbero essere più in grado di sviluppare precocemente una regolazione dell'appetito. Se poi il bimbo cresce e tra i 2 e i 5 anni i genitori tendono a dargli una caramella ogni volta che fa il bravo, promettergli il dolce se finirà tutti i broccoli, allora probabilmente sarà più sensibile ad un'associazione tra cibo ed emozioni. Allo stesso modo obbligare un bambino a finire il piatto che non ha voglia di mangiare o al contrario fermarlo se si pensa che stia mangiando troppo gli impedisce di imparare ad autoregolare sazietà e fame. Ovviamente poi molto dipende anche dallo status socio economico della famiglia, che spesso se più povera tende a dare al bimbo molto presto cibi ultra processati.

La dottoressa Ju ha spiegato che comprendere che molto del rapporto che intercorre tra bambini e cibo è legato alle loro emozioni o a fattori sociali, è importante per correre ai ripari: “In questo modo si può intervenire modificando quelle influenze ambientali (come l’approccio al cibo dei genitori) che nei soggetti con caratteristiche temperamentali più sensibili sono cruciali per stabilire un buon rapporto con il cibo”.

Inoltre, secondo la dottoressa, questi dati permetteranno di intervenire aiutando i bambini che hanno un rapporto insicuro col cibo o molto emotivo a migliorarlo, proponendo loro delle soluzioni concrete che siano la base per costruire un buon rapporto con il cibo.

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