“Mio figlio non vuole andare a scuola”: le cause, i rimedi e i sintomi da monitorare secondo la psicologa
Suona la campanella e un'orda di ragazzi e bambini piccolissimi entra in classe correndo, tra loro però c'è anche chi per arrivare davanti al portone della scuola ha fatto una gran fatica, perché lui o lei a scuola non ci voleva proprio andare.
Abbiamo chiesto ad Emanuela Confalonieri, docente di psicologia dello sviluppo, presso l'Università Cattolica del Sacro cuore di Milano, di spiegarci perché, a seconda dell'età e del momento dell'anno scolastico, per alcuni studenti alzarsi per andare a scuola la mattina è una vera e propria tragedia.
"Il bimbo sta vivendo qualcosa che è per lui un vero problema, al genitore è chiesto quindi di immedesimarsi in lui e non sminuire le sue emozioni negative con un semplice "andrà tutto bene", servono empatia e tranquillità, se il bimbo percepisce mamma e papà sereni nel portarlo a scuola, a poco a poco troverà piacevole andarci".
Cosa fare se il bambino si rifiuta di andare a scuola?
Ci sono due fattori molto importanti da tenere in considerazione che aiutano già a immaginare strategie diverse di reazione del genitore, in primo luogo l’età del bambino e dunque l’ordine di scuola che frequenta. In secondo luogo il momento dell’anno scolastico in cui il bambino mostra questa fatica. In entrambe le situazioni vi sono diverse variabili che rendono le cause del malessere diverse e differente anche la reazione del genitore.
In ogni caso, dal punto di vista emotivo il genitore non deve spaventarsi o agitarsi, cercando di rimanere tranquillo senza drammatizzare. So che può essere complesso, ma vi assicuro che nella maggior parte dei casi questo malessere rientra e non si trasforma in una fobia scolastica o in un ritiro sociale. Quando parliamo di bambini molto piccoli che affrontano l’inizio della scuola dell’infanzia o primaria, se sentono che davanti alla loro fatica, i genitori li ascoltano senza farne un dramma e senza svilirli, dicendo “sei il solito pigrone”, “sono solo capricci”, “a scuola ci devi andare per forza”, si calmano.
L'agitazione dei genitori quando un bimbo non vuole andare a scuola a volte è solo dettata dalle sue aspettative riguardo l'adattamento del figlio all'ambiente scolastico, ma non sempre le cose vanno come ci si aspetta e bisogna rispettare i bisogni e i tempi del bambino.
Quindi anche se la situazione non è troppo problematica il genitore deve mostrarsi empatico?
Sì, il punto è che il bambino in quel momento sta vivendo ciò che per lui è davvero un problema, e anche se all’adulto sembra qualcosa di risolvibile, per il bimbo non lo è.
Al genitore è chiesto di mettersi nei panni del bambino e di non guardare alla sua fatica con le proprie lenti. Ovviamente non bisogna neanche dire al bambino “tranquillo tesoro, se stai così stiamo a casa”, ma bisogna invece dirgli frasi del tipo: “Ok, ti capisco, prendo in carico questa fatica e cerco di fare qualcosa”.
È diverso se il rifiuto della scuola si registra il primo giorno di scuola o in un periodo durante l’anno scolastico già avviato?
Sì, quando ricomincia la scuola dopo l'estate, la fatica può riguardare soprattutto i bambini piccoli che sono più sensibili ai cambiamenti nelle routine. Durante le vacanze estive, che in Italia durano tantissimo per gli alunni, sono stati di più con i genitori o con i fratelli e tornare ad una routine che hanno ormai dimenticato può spaventarli.
In questo caso bisogna aiutarli nel ritrovare questa routine e tranquillizzarli, facendo pensare ai lati positivi dell’inizio della scuola, come ritornare dai compagni di classe e dagli insegnanti. Si può cercare di andare a prendere i bambini fuori da scuola, anche se si lavora, accogliendo questa fatica, ma sempre dando loro un limite temporale, per esempio “mamma e papà verranno a prenderti fuori da scuola per tutta la prima settimana”, così che i bimbi sappiano che prima o poi riacquisteranno la loro indipendenza e sicurezza.
Per gli alunni più grandi è difficile che la situazione si presenti il primo giorno di scuola, sono loro a manifestare il malessere ad anno scolastico ormai avviato. Ma anche in questo caso è importante far capire al figlio che si è presenti, tornando a casa in pausa pranzo per mangiare con lui o rientrando un po’ più presto la sera, per trascorrere del tempo insieme.
Se il bimbo è piccolo ci sono dei segnali da tenere d’occhio, perché indicatori del fatto che il bimbo sta facendo fatica a riadattarsi alla scuola?
Sì se il bimbo è piccolo e sta iniziando per esempio un nuovo ordine di scuola, può manifestare i sintomi dell’ansia da separazione dai genitori e per la nuova esperienza. Ansia che si può contenere raccontando al bambino degli episodi positivi che sono accaduti nella vita di studenti dei genitori, così che lui inizi ad immaginare come sarà una giornata a scuola.
Altri segnali da tenere in considerazione sono i cambiamenti nelle emozioni dei bambini. Se i piccoli improvvisamente risultano più tristi o arrabbiati, se fanno più capricci, bisogna rimanere in osservazione di questi cambiamenti. Vanno tenuti d’occhio i comportamenti nuovi anche inerenti al cibo, magari il bimbo mangia meno, o riguardo al sonno che potrebbe essere disregolato.
C’è qualcosa che è meglio i genitori non facciano in questa situazione?
Sì, innanzitutto non bisogna agire immediatamente, ma bisogna prendersi del tempo prima di decidere per esempio di andare da un esperto, in secondo luogo i bambini non vanno assillati con tante domande, ma bisogna aspettare che siano loro a parlare e ad esprimere i problemi. Il bimbo non prenderà la calma dei genitori come una forma di disinteresse, ma percepirà i suoi genitori tranquilli, capendo che secondo loro andare a scuola è un’esperienza positiva e agiranno di conseguenza.
Quali possono essere le cause del rifiuto della scuola?
Le cause nei bambini più piccoli possono essere l’ansia di separazione dai genitori, mentre per i ragazzi più grandi le cause riguardano spesso la loro sfera sociale. Gli studenti potrebbero non relazionarsi al meglio con gli insegnanti, perché questi hanno uno stile educativo diverso da quello dei genitori o sono troppo richiestivi. Un altro problema potrebbe invece svilupparsi nella relazione con i compagni di classe, con i quali potrebbero sviluppare un rapporto conflittuale o con i quali potrebbero temere il confronto sia dal punto di vista didattico che caratteriale.
Oppure il ragazzo potrebbe avere delle difficoltà scolastiche, come per esempio rendersi conto di aver scelto il percorso di studi sbagliato: a questo punto la scuola diventa troppo difficile e quasi insostenibile per lui.
Altre volte ancora, le cause non vanno cercate a scuola ma tra le mura di casa. Se un bambino ha da poco vissuto un trasloco, la separazione dei suoi genitori, un lutto, potrebbe essere così preoccupato, da considerare la scuola qualcosa di secondaria importanza. Il ragazzo potrebbe risultare annoiato sui banchi ma solo perché guarda alle lezioni come ad un ostacolo al bisogno di comprendere cosa sta accadendo nella sua vita.
Quando bisogna ricorrere all’aiuto di un esperto?
Quando il malessere del bambino o del ragazzo non passa, neanche dopo aver messo in pratica alcuni accorgimenti per farlo sentire compreso. Anche se i sintomi si intensificano, quindi l'alunno non mangia più, non dorme o dorme sempre male ed è sempre molto agitato si può pensare ad uno psicologo. Prima di agire è anche importante parlare con gli insegnanti, per capire se il bambino manifesta certi atteggiamenti solo a casa o anche a scuola.
Insegnanti e genitori devono cercare di allearsi, non ha senso entrare in aula e gridare ad un insegnante che la colpa del rifiuto della scuola del ragazzo è la sua, ma trovare una soluzione insieme. Se si capisce che la scuola non è davvero il problema, ci si può rivolgere ad uno psicologo, interno o esterno alla scuola.
I tre mesi di stop estivi influiscono sull’ansia nel riprendere la scuola?
Certo, influiscono molto sulla fatica a ritornare nella routine, ed è comprensibilissimo. Il bimbo sta a casa con i genitori, si sveglia tardi, fa i compiti ma diluendoli come preferisce, chi vorrebbe rientrare a scuola dopo 3 mesi così? Ma questo è un problema tutto italiano, l’approccio alle conoscenze e alla routine scolastica andrebbe tenuto in allenamento e invece lo si ferma per un lungo lasso di tempo, in cui i bimbi non usano certe funzioni cognitive che poi sono rallentate.