“Meno di 500 parti all’anno in un punto nascite su tre”: il report AGENAS conferma la crisi delle culle
Oggi, 29 ottobre, sono stati diffusi i dati del Programma Nazionale Esiti (PNW) realizzato dall'Agenzia Nazionale dei Servizi Sanitari (AGENAS), chela quale ha analizzato l'attività ospedaliera del 2023 di 1.363 strutture pubbliche e private italiane, con una panoramica generale dei trend a partire dal 2015.
I dati presentati in presenza del Ministro della Salute Orazio Schillaci mostrano un sostanziale miglioramento nella qualità dell’assistenza per le malattie cardiovascolari e alcuni progressi negli interventi oncologici, ma hanno evidenziato come molti ospedali non raggiungano ancora i livelli minimi di sicurezza per gli interventi tumorali.
Per quanto riguarda il settore relativo all'area pediatrica e perinatale, invece, la fotografia scattata da AGENAS ha confermato la continua riduzione del numero di parti: 381.766 i nuovi nati nel 2023, 11.700 in meno rispetto al 2022. Non si tratta però dell'unico dato interessante rilevato dal report.
La situazione nei punti nascita e reparti pediatrici
I risultati mostrati dal PNE – che come il direttore generale di AGENAS, Domenico Mantoan, non ha mancato di sottolineare, non è una vera e propria classifica – hanno evidenziato come un punto nascita su tre effettui meno di 500 parti l’anno. Un dato a dir poco inquietante non solo perché segna un ulteriore (per quanto leggero) peggioramento rispetto agli anni precedenti, ma soprattutto perché significa che, stando agli Accordi Stato-Regione del 2010, un terzo dei punti di nascita dovrebbe chiudere, riducendo ulteriormente l'assistenza ostetrica e perinatale sul territorio. Ciò non avverrà grazie alle numerose deroghe concesse agli enti regionali dal Decreto Ministeriale 70 del 2015, ma rappresenta comunque un grosso campanello d'allarme.
Per quanto riguarda i dati relativi ai parti, calano leggermente le nascite avvenute con taglio cesareo primario: 22,7% nel 2023 (nel 2022 era il 23,1%), anche se l'Organizzazione Mondiale della Sanità continua a raccomandare percentuali non superiori al 10-15%. Più in particolare, il report, riscontare un minore ricorso al taglio cesareo nei punti nascita pubblici, mentre la pratica sembra trovare più spazio nelle strutture private.
Anche il ricorso all'episiotomia – operazione chirurgica che consiste in un'incisione nell'area perineale (tra vulva e ano) per facilitare il passaggio del bimbo durante il parto – appare diminuito, arrivando nel 2023 all'11% dei casi. Il rapporto evidenzia però come nel Sud del Paese i valori medi rimangano più alti rispetto al Centro-Nord.
Il divario tra Nord e Sud
Analogamente ai documenti precedenti del PNE, anche nel 2023 è stata confermata una certa eterogeneità tra i territori, con una forbice Nord-Sud che in certi ambiti appare ancora molto marcata. La maggior parte delle Regioni meridionali che ha infatti registrato valori in media superiori a quelli nazionale.
Non mancano poi difformità anche all'interno della stessa regione, con alcune strutture campane, siciliane, pugliesi, laziali e lombarde che ancora riportano percentuali di ricorso al taglio cesareo superiori al 40%.