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“Meno di 500 parti all’anno in un punto nascite su tre”: il report AGENAS conferma la crisi delle culle

L’ultimo rapporto dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali ha analizzato lo stato di salute delle strutture ospedaliere italiane. In campo pediatrico e perinatale, migliorano i dati relativi alla riduzione di tagli cesarei e interventi invasivi, ma certifica l’inverno demografico.
A cura di Niccolò De Rosa
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“Meno di 500 parti all’anno in un punto nascite su tre”: il report AGENAS conferma la crisi delle culle

Oggi, 29 ottobre, sono stati diffusi i dati del Programma Nazionale Esiti (PNW) realizzato dall'Agenzia Nazionale dei Servizi Sanitari (AGENAS), chela quale ha analizzato l'attività ospedaliera del 2023 di 1.363 strutture pubbliche e private italiane, con una panoramica generale dei trend a partire dal 2015.

I dati presentati in presenza del Ministro della Salute Orazio Schillaci mostrano un sostanziale miglioramento nella qualità dell’assistenza per le malattie cardiovascolari e alcuni progressi negli interventi oncologici, ma hanno evidenziato come molti ospedali non raggiungano ancora i livelli minimi di sicurezza per gli interventi tumorali.

Per quanto riguarda il settore relativo all'area pediatrica e perinatale, invece, la fotografia scattata da AGENAS ha confermato la continua riduzione del numero di parti: 381.766 i nuovi nati nel 2023, 11.700 in meno rispetto al 2022. Non si tratta però dell'unico dato interessante rilevato dal report.

La situazione nei punti nascita e reparti pediatrici

I risultati mostrati dal PNE – che come il direttore generale di AGENAS, Domenico Mantoan, non ha mancato di sottolineare, non è una vera e propria classifica – hanno evidenziato come un punto nascita su tre effettui meno di 500 parti l’anno. Un dato a dir poco inquietante non solo perché segna un ulteriore (per quanto leggero) peggioramento rispetto agli anni precedenti, ma soprattutto perché significa che, stando agli Accordi Stato-Regione del 2010, un terzo dei punti di nascita dovrebbe chiudere, riducendo ulteriormente l'assistenza ostetrica e perinatale sul territorio. Ciò non avverrà grazie alle numerose deroghe concesse agli enti regionali dal Decreto Ministeriale 70 del 2015, ma rappresenta comunque un grosso campanello d'allarme.

Grafico sulla distribuzione dei punti nascita
Grafico sulla distribuzione dei punti nascita. In rosso il numero di strutture con meno di 500 nascite all'anno.
Credits: AGENAS

Per quanto riguarda i dati relativi ai parti, calano leggermente le nascite avvenute con taglio cesareo primario: 22,7% nel 2023 (nel 2022 era il 23,1%), anche se l'Organizzazione Mondiale della Sanità continua a raccomandare percentuali non superiori al 10-15%. Più in particolare, il report, riscontare un minore ricorso al taglio cesareo nei punti nascita pubblici, mentre la pratica sembra trovare più spazio nelle strutture private.

Anche il ricorso all'episiotomia – operazione chirurgica che consiste in un'incisione nell'area perineale (tra vulva e ano) per facilitare il passaggio del bimbo durante il parto – appare diminuito, arrivando nel 2023 all'11% dei casi. Il rapporto evidenzia però come nel Sud del Paese i valori medi rimangano più alti rispetto al Centro-Nord.

Il divario tra Nord e Sud

Analogamente ai documenti precedenti del PNE, anche nel 2023 è stata confermata una certa eterogeneità tra i territori, con una forbice Nord-Sud che in certi ambiti appare ancora molto marcata. La maggior parte delle Regioni meridionali che ha infatti registrato valori in media superiori a quelli nazionale.

Non mancano poi difformità anche all'interno della stessa regione, con alcune strutture campane, siciliane, pugliesi, laziali e lombarde che ancora riportano percentuali di ricorso al taglio cesareo superiori al 40%.

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