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Mandare i bambini all’asilo può ridurre i comportamenti problematici in adolescenza: lo studio

Un nuovo studio giapponese sembra confermare gli alti benefici educativi che la scuola dell’infanzia può comportare per i bambini e la stessa società. Secondo i risultati ottenuti dai ricercatori, la possibilità di frequentare l’asilo durante i primi di vita porterebbe a una sensibile riduzione dei comportamento “a rischio” durante l’adolescenza, come reati e gravidanze precoci.
A cura di Niccolò De Rosa
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Nel Giappone degli anni ’60, mentre il Paese si modernizzava a ritmo serrato per rialzarsi dalla tragedia della Guerra del Pacifico (così i giapponesi la "loro" Seconda Guerra Mondiale), in tutta la nazione si avviava un esperimento inconsapevole destinato a lasciare il segno. Non si trattava di una rivoluzione tecnologica, bensì di un’espansione capillare delle scuole dell’infanzia per iniziare a impartire un'educazione di qualità fin dai primi anni. Oggi, a distanza di decenni, un gruppo di ricercatori ha guardato indietro per capire se quell’investimento precoce nell’educazione dei più piccoli abbia davvero fatto la differenza. I risultati? Sorprendenti e illuminanti: frequentare l’asilo sembra infatti collegato a una notevole riduzione dei comportamenti a rischio durante l’adolescenza, con effetti che vanno ben oltre i banchi di scuola.

Una questione di tempo (e di metodo)

Studiare le conseguenze a lungo termine dell’educazione è notoriamente complesso, così come è molto difficile isolare le variabili e attribuire con certezza un cambiamento futuro a un’esperienza passata. Tuttavia il Giappone è da decenni molto attento all'educazione della prima infanzia e i ricercatori guidati da Shintaro Yamaguchi dell’Università di Tokyo hanno trovato un’opportunità unica nel contesto nipponico: l’espansione non uniforme dell’educazione prescolare avvenuta negli anni ’60. Alcune prefetture introdussero l’asilo prima, altre dopo. Questa variazione ha permesso di confrontare gruppi di bambini cresciuti in contesti simili, ma con una differenza cruciale: l’accesso anticipato o meno all’educazione prescolare.

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Meno crimini e gravidanze tra i giovani

I dati raccolti mostrano che, nei territori dove l’asilo fu introdotto per tempo, i ragazzi cresciuti con quell’esperienza alle spalle risultavano meno inclini a comportamenti rischiosi durante l’adolescenza. In particolare, si sono registrate riduzioni significative negli arresti per crimini violenti, noi comportamenti sessuali non protetti e, di conseguenza, nelle gravidanze precoci. E tutto ciò in un Paese dove, già in partenza, questi fenomeni erano relativamente rari. A colpire i ricercatori, infatti, è stato proprio l’effetto tangibile di una politica educativa universale, rivolta a tutti i bambini e non solo a quelli provenienti da contesti svantaggiati.

La forza delle competenze non cognitive

Un aspetto curioso emerso dalla ricerca, è che l’espansione dell’asilo non ha portato a un aumento dell’iscrizione alle scuole superiori o all’università. Il cambiamento, quindi, non sembra legato a un prolungamento del percorso scolastico. Secondo Yamaguchi, la chiave sta nello sviluppo delle cosiddette "competenze non cognitive", ossia abilità come l’autocontrollo, la perseveranza, l’empatia. Elementi spesso trascurati nei programmi scolastici tradizionali, ma fondamentali per affrontare le sfide della vita quotidiana, soprattutto nella delicata fase dell’adolescenza.

Oltre la scuola: uno sguardo al futuro

Il team di ricerca non intende però fermarsi qui. Il prossimo obiettivo dichiarato è indagare più a fondo quali siano le competenze specifiche potenziate dall’esperienza dell’asilo e in che modo esse influenzino non solo l’adolescenza, ma anche la vita adulta. Si ipotizza che l’educazione prescolare possa incidere persino sulla salute (secondo uno studio, i bimbi che frequentano l'asilo hanno meno probabilità di contrarre malattie come il diabete), sulla costruzione di relazioni familiari e perfino sui percorsi dei futuri figli di quei bambini oggi adulti. In altre parole, l’asilo potrebbe essere uno degli investimenti più lungimiranti che una società possa fare. E il Giappone lo aveva già capito sessant’anni fa.

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