Mamma incinta rischia di finire nei guai a causa di un insalata: “Pensavano fossi una tossicodipendente”
Una madre californiana si è vista portare via la sua neonata subito dopo il parto e ha persino di rischiato di perderne la custodia legale. Tutto per colpa di un'insalata.
La protagonista della strana vicenda è Susan Horton, mamma di cinque figli, la quale due anni fa è stata accusata ingiustamente di far uso di droghe dopo aver distrattamente consumato un ingrediente "traditore" che ha causato un falso positivo nei test per gli oppiacei.
Una scoperta scioccante in ospedale
Nel mese di agosto 2022, Susan Horton, una tranquilla casalinga della California del Nord, si stava apprestando a dare alla luce la sua quinta figlia. Prima del ricovero però Susan, decise di concedersi un ultimo pasto prima del poco invitante menù da ospedale, concedendosi un'insalata pronta che aveva appena acquistato in un supermercato.
Una volta giunta in ospedale, tutto sembrava andare il meglio. Il parto avvenne senza complicazioni e la donna non vedeva l'ora di dedicarsi anima e corpo all'ultima arrivata della famiglia. La mattina successiva però, le infermiere del reparto entrarono nella stanza di Horton con una notizia scioccante: il suo test antidroga – un esame di routine per tutte le gestanti – era risultato positivo agli oppiacei.
Confusa e incredula, Horton spiegò subito di non aver mai assunto droghe illegali e chiese se ci fosse stato un errore nel campionamento delle urine. Solo più tardi le venne in mente che l’insalata che aveva mangiato il giorno del ricovero conteneva semi di papavero, un ingrediente che, seppur assolutamente innocuo, può lasciare nell'urina tracce di oppiacei sufficienti da far risultare positivi i test.
Questo fenomeno è talmente noto, spiega il New York Post, che il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha avvisato i soldati di evitare di mangiare semi di papavero prima dei test antidroga.
L’escalation delle accuse
Nonostante Horton avesse cercato di spiegare la situazione, lo staff dell'ospedale Kaiser Permanente di Santa Rosa non volle prendere alla leggera la situazione e, come da prassi, le infermiere furono costrette a prelevare la bimba appena nata e allontanarla dalla madre a scopo precauzionale.
Per Horton però l'incubo era appena iniziato. Quando anche il secondo test risultò positivo, i medici segnalarono infatti il caso ai servizi sociali per la protezione dei minori, mettendo a repentaglio anche la custodia degli altri quattro figli della donna.
A complicare ulteriormente la situazione poi, c'era il fatto che a causa delle sue preoccupazioni per il COVID-1, Horton aveva saltato alcuni appuntamenti prenatali di routine, elemento che non fece che aumentare i sospetti delle autorità sanitarie, le quali avviarono un'indagine.
"Continuavo a supplicare: non sono una tossica" ha ricordato la donna.
La battaglia legale e il ricongiungimento
Nel tentativo di recuperare la figlia, Horton e suo marito si rivolsero alla polizia e si opposero alle richieste degli investigatori di ispezionare la loro casa e intervistare amici e familiari. Questa resistenza non potè che peggiorare la questione e il tribunale finì per emettere un'ordinanza che limitava i contatti tra i genitori e la neonata, che nel frattempo era stata temporaneamente affidata ai nonni.
Nei giorni successivi, Horton accettò di sottoporsi a un altro test antidroga, questa volta monitorato da un assistente sociale, e si decise a lasciare che la sua casa venisse ispezionata. Dopo quasi due settimane di battaglia, l’agenzia di protezione dei minori potè così appurare l'innocenza della donna e il caso venne finalmente archiviato.
Le conseguenze di un errore
Come riportato dai media americani, nonostante il lieto fine della vicenda, quelle settimane di ansia sembrano aver lasciato cicatrici profonde nella madre.
Horton ha infatti dichiarato di sentirsi tutt'ora insicura nelle sue scelte genitoriali e di temere che, in qualsiasi momento, i servizi sociali possano tornare a bussare alla sua porta.
Questo caso ha attirato l'attenzione di organizzazioni come l'ACLU (l'American Civil Liberties Union che negli States opera per i difendere i diritti civili e le libertà individuali), che da tempo denunciano le falle nel sistema di protezione dei minori e l'uso inappropriato dei test antidroga.
Le implicazioni di un test antidroga positivo non verificato sono infatti gravi e, come dimostrato dal caso di Susan Horton, possono portare a conseguenze devastanti per le famiglie. Nel dubbio, però, meglio evitare i semi di papavero a ridosso degli esami per valutare la salute di mamma e feto.