“Lorenzo è nato più piccolo di una bottiglietta d’acqua”: Sara racconta il suo parto prematuro
La nostra redazione riceve lettere e testimonianze relative a storie che riguardano la maternità e l’essere genitori. Se avete una storia da raccontarci, o leggendo queste parole pensate di avere vissuto una situazione simile, potete scriverci cliccando qui.
“Se Lorenzo non ce l’avesse fatta io non avrei mai superato un dolore così grande”, sono queste le parole di Sara, che si commuove nel raccontarle, pensando a quel periodo, la gravidanza, che sognava essere il migliore della sua vita, e che invece si è rivelato ben diverso dalle narrazioni che spesso le mamme ne fanno.
Quando quel test di gravidanza è risultato finalmente positivo a lei e il marito Cristian è sembrato di sognare, ma sono stati risvegliati in fretta, dapprima da una possibile diagnosi di malformazione o sindrome di Down, poi da un’infezione che ha obbligato Sara a partorire molto prima della data presunta del parto.
Il suo bimbo è nato 3 mesi prima di quando avrebbe dovuto, è stato due mesi e mezzo in terapia intensiva neonatale, ha lasciato un vuoto enorme nella sua casa che era pronta ad accoglierlo e nel cuore della sua mamma che ha sofferto ogni notte lontana da lui.
"Ora Lorenzo sta bene e gli auguro un futuro pieno di salute e cose belle, soprattutto gli auguro di non vivere quello che io e il suo papà abbiamo vissuto. È un dolore guardare il proprio bimbo crescere in un'incubatrice, sormontato da cavi più grandi di lui".
Come è stato scoprire di essere incinta di Lorenzo?
Io e mio marito, ci siamo sposati il 2 di settembre scorso, e da subito abbiamo provato ad avere bambini, perché li desideravamo tanto. Ma dopo due tre mesi, le due lineette sul test di gravidanza non ne volevano sapere di comparire. A metà ottobre ho scoperto poi di essere incinta, ed ero convinta sarebbe stato tutto meraviglioso. E invece in breve si è trasformato tutto in un incubo.
Poi cos’è successo? Come è andata la gravidanza?
Il primo mese di gravidanza è andato benissimo, andavo al lavoro regolarmente e mi sentivo proprio bene, poi è subentrata la nausea, costante e fortissima che non terminava neanche dopo ripetuti episodi di vomito. Ad un certo punto, sfinita, ho chiesto aiuto alla mia ginecologa che mi ha prescritto dei farmaci per contenere questo malessere. Durante il secondo trimestre di gavidanza, poi, ho fatto il tritest, un esame non invasivo che serve a scoprire eventuali anomalie genetiche del feto. Qui la prima doccia fredda: i medici mi hanno detto che mio figlio poteva avere delle malformazioni, oppure nascere con la sindrome di Down. Io sono andata in crisi e in accordo con gli specialisti ho deciso di fare l’amniocentesi, che ha rivelato invece che era tutto a posto.
A questo punto avete tirato un sospiro di sollievo?
Sì, dopo tre settimane intense e piene di preoccupazioni, che mi hanno messa ko anche dal punto di vista emotivo, ho potuto tirare un sospiro di sollievo. Ma a metà del sesto mese di gestazione ho iniziato ad avere dolori molto simili a delle contrazioni, a cui sono seguite delle perdite di liquido amniotico. A questo punto mi sono recata in ospedale dove, dopo vari controlli, i medici mi hanno spiegato che avevo bucato la membrana, e che quindi avrei potuto partorire da un momento all’altro.
Quanto mancava al termine previsto per il parto?
Mancavano 3 mesi, Lorenzo sarebbe dovuto venire al mondo il 17 giugno, con un parto cesareo dal momento che era podalico, ma i medici mi hanno fatto subito capire che per me era impossibile portare avanti la gravidanza.
Come hanno agito a questo punto?
Io sono stata trasportata all'Ospedale di Biella, dove mi trovavo, a quello di Torino, dove c’è la terapia intensiva neonatale e i medici mi hanno spiegato che lì un’incubatrice avrebbe aiutato Lorenzo a crescere. Così nella notte tra il 18 e il 19 marzo ho partorito il mio bambino.
Come è stato scoprire dai medici che il tuo bambino sarebbe nato tanto presto?
Abbastanza tragico, a raccontarmi come sarebbero andate le cose sono stati i medici dell’Ospedale di Torino, che mi hanno fatto capire chiaramente che mio figlio sarebbe potuto nascere davvero da lì a poco, che la speranza era che nascesse vivo e che poi non sviluppasse complicanze respiratorie, cardiache o motorie. Io ero devastata dai dolori e dal fatto che per me la gravidanza non era l’evento gioioso che mi ero sempre immaginata,mi sono proprio accorta di essere mentalmente impreparata a una cosa del genere. E tutte queste ansie sono riuscite a placarsi solo quando io sono riuscita a vedere il mio bambino.
Che genere di paure avevi?
Erano legate a tutto ciò a cui, giustamente, i medici mi preparavano, sapevo che Lorenzo avrebbe potuto avere problematiche cardiache o respiratorie, che avrebbe potuto portare la mascherina per respirare anche 5 giorni di fila, che l’avrebbero potuto intubare, che non sarebbe stato in grado di respirare da solo. Poi non è andata così ma io ero terrorizzata.
Come è andato il parto?
È stato un cesareo, sono stata sedata perché avevo molto male, quindi non l’ho sentito nascere. Lorenzo, poi, era davvero piccolo, pesava solo 1 kg e 50, dunque lo hanno subito messo in incubatrice e portato in terapia intensiva neonatale. A vedere mio figlio per primo è stato mio marito, che mi ha detto che stava bene e respirava da solo, seppur supportato un pochino dalla cpap.
Tu quando hai potuto vedere il tuo bambino? E che emozioni hai provato?
Io l’ho visto il pomeriggio stesso del giorno in cui è nato, i medici me lo avevano sconsigliato perché avevo subito un parto cesareo, ma per me vedere mio figlio era la priorità su tutto, quindi mi sono fatta portare in tin da mio marito su una sedia a rotelle.
Appena l’ho visto sono scoppiata a piangere, poi gli ho contato le dita delle mani, volevo essere sicura che stesse bene davvero.
Poi l’ho guardato bene e mi sono accorta che era davvero piccolissimo, quando mi hanno detto quanto pesava non mi sarei comunque mai immaginata di vederlo così. Era più piccolo di una bottiglietta d’acqua, aveva la pelle ancora rossa, le labbra non erano ancora del tutto formate, le unghie delle mani non c’erano su tutte le dita, gli occhi erano minuscoli e chiusi.
Come è avvenuto quindi il tuo primo approccio al bambino?
Lorenzo è da subito stato un gran mangione, dunque io sono entrata in relazione con lui inizialmente nutrendolo. Gli davo il latte a piccole razioni, attraverso una siringa che entrava in una cannula, e lo nutriva di 5 cc di latte ogni minuto. Ricordo che avevo davvero molta paura, il terrore che anche una sola goccia in più di latte gli avrebbe fatto del male. Guardavo i monitor terrorizzata. È stato un momento difficile.
Avevi paura di fargli del male?
Sì tantissimo, i medici volevano darmi in braccio il bambino già la prima volta che sono scesa a vederlo, ma io ero terrorizzata, aveva ancora la maschera per respirare addosso, i fili, più grandi di lui, lo avvolgevano, e avevo paura di fargli del male. Alla fine mi sono decisa a prenderlo in braccio il sabato successivo alla sua nascita, 4 giorni dopo averlo dato al mondo e abbiamo iniziato con la marsupio terapia. Ho provato una forte emozione, inoltre lui era così leggero che mi sembrava di tenere tra le braccia un cucciolo di gattino, più che un bimbo.
Ti sei mai sentita in colpa nel vedere il tuo bimbo crescere “fuori da te”?
Sì, ma a dire il vero il senso di colpa l’ho provato più prima, quando lui era dentro di me e io mi domandavo cosa avrei potuto fare per evitare la sua nascita prematura. Mi sono domandata se avessi sbagliato qualcosa, continuamente, mi chiedevo cosa avessi fatto per contrarre quell’infezione, ho avuto bisogno di un supporto psicologico che l’ospedale mi ha fornito, per superare quello che a tutti gli effetti è stato un crollo psicologico.
Quanto siete rimasti in tin?
Lorenzo è rimasto in TIN due mesi e mezzo e io sono stata tutti i giorni a fianco a lui, lo raggiungevo in pullman e trascorrevo lì le mie giornate. Nel weekend andavo invece con mio marito, ma ogni giorno volevo esserci per Lorenzo, per nutrirlo, cambiarlo, dargli da mangiare e parlare con i medici.
Come è stato tornare a casa senza Lorenzo?
Bruttissimo, mi sono sentita un’estranea a casa mia, mi sono fatta un pianto di più di due ore, che è continuato sotto la doccia mentre mi accarezzavo la pancia, con la quale non potevo più parlare perché Lorenzo non era lì, ma non era neanche fuori di lì. Tutto in casa mi parlava di lui, eppure lui era a km di distanza da me.
Come è stato invece tornare a casa con lui?
All’inizio ero spaventata, l’idea che fosse senza monitor in grado di controllare i suoi livelli di saturazione, mi spaventava molto. In realtà la situazione a casa con Lorenzo, a parte la prima notte che ho trascorso insonne, terrorizzata all’idea che smettesse di respirare, è andata bene, i medici mi avevano preparata infatti ad ogni evenienza.
In tin sei riuscita a stringere rapporti con le altre mamme?
Sì, mi sono sentita supportata dalle altre mamme ma anche utile per loro. Ogni 15 giorni, poi, i medici del reparto organizzavano una riunione con tutte le mamme, lì ci incontravamo, ci scambiavamo i nostri dubbi e le sicurezze che a poco a poco avevamo ottenuto. Infatti abbiamo fatto un bel gruppo, che abbiamo poi trasportato su Whatsapp e proprio qualche giorno fa ci siamo incontrate per la prima festa dei bimbi prematuri.
La relazione con il tuo compagno ha subito qualche cambiamento a seguito del periodo che avete vissuto?
La vita ci è sicuramente cambiata, nel senso che la priorità è diventata il nostro bambino, ma noi ci conosciamo da tanto, ci supportiamo comprendendo i momenti no dell’uno e dell’altro. Quando in ospedale ho avuto quel forte crollo emotivo, mio marito è stato fondamentale, io avevo paura di perdere il nostro bambino, anche perché era un’eventualità che non avrei mai accettato. Lì il nostro amore ha dimostrato che aveva delle fondamenta fortissime.
Come sta oggi Lorenzo e cosa gli auguri per il futuro?
Lorenzo sta bene, periodicamente si sottopone a dei controlli al Sant’Anna, ospedale in cui è nato, ma cresce a vista d’occhio. Gli auguro una vita piena di salute, e quando sarà adulto e si avvicinerà, se lo vorrà, alla genitorialità, gli auguro di non vivere ciò che io e il suo papà abbiamo vissuto.
Che mamma sei per il tuo bambino?
Credo di essere una mamma forte, nonostante la mia emotività un tempo mi facesse pensare al contrario. Spero di saper sempre supportare Lorenzo e di essere per lui un punto di riferimento.