“Le vacanze scolastiche sono necessarie ma mettono in luce le disuguaglianze tra famiglie”: la pedagogista

Pasqua quest'anno cade in un momento perfetto per pensare a una lunga vacanza fuori porta, la maggior parte delle scuole, infatti, chiuderanno i battenti dal 17 aprile al 22 aprile compresi, altre, invece, attaccheranno alle vacanze di Pasqua qualche giorno fino ad arrivare allo stop del 25 aprile.
Si tratta di più che meritate vacanze per gli studenti che avranno la possibilità di formarsi al di fuori delle mura scolastiche e di tirare un sospiro di sollievo, sfuggendo alla morsa di lezioni cadenzate e incastri tra attività extra-scolastiche. Tuttavia, come ha spiegato a Fanpage.it la pedagogista Anna Granata, professoressa associata Pedagogia all'Università di Milano Bicocca, se all'interno delle classi le disuguaglianze educative tra minori dovrebbero scomparire è proprio tra le mura di casa, durante le vacanze che queste si acuiscono. La soluzione, però, non è di certo abolire per sempre le festività scolastiche, quanto più dare vita a quel villaggio necessario a crescere un bambino, smettendo di pensare che la sua tutela ed educazione siano solo un affare della sua famiglia.

L'importanza della chiusura delle scuole per gli studenti
Il mese di aprile e il successivo inizio di maggio, consentirà agli studenti di rimanere a casa per le vacanze di Pasqua, la Festa della Liberazione e la Festa dei lavoratori, diversi giorni. Come le vacanze invernali o la pausa estiva, si tratta di momenti di stop essenziali per i ragazzi.
"Il periodo di chiusura delle scuole nasce per dare la possibilità agli studenti di tutte le età di staccare dal frenetico ritmo scolastico, dimensione importante per il loro benessere, dal momento che in questo tempo potranno godersi gli spazi dedicati alla dimensione del gioco o al contatto con la natura, imparando tutto ciò che possono anche fuori dal contesto scuola" ha spiegato la professoressa Anna Granata.
Il problema fondamentale è che però nei percorsi di crescita di ciascuno studente, che si protraggono anche oltre le ore di lezione, si rendono evidenti quelle disuguaglianze che la scuola cerca di appiattire. "Ogni bambino vive in un contesto diverso, pensiamo allora a cosa significa questo tempo di sospensione delle lezioni per coloro che vivono in pochi metri quadrati, all'interno di case popolari o in città senza spazi per il libero gioco" continua Granata.
Un tempo pensato dunque per lo sviluppo dell'immaginazione e per la crescita fuori dal contesto scolastico, diventa davvero faticoso per molti bambini e per le loro famiglie.
L'impatto delle vacanze sull'organizzazione familiare
Il "ponte lungo" ha dunque effetti che si fanno sentire su tutti i membri delle famiglie, che sono tante e diverse, ciascuna con le proprie complessità e difficoltà. In un contesto societario in cui i nuclei monogenitoriali sono in aumento e i nonni rimangono l'unico welfare informale delle famiglie, comprendiamo che la chiusura delle scuole coincida con un momento complesso per i genitori.
"Il tempo della vacanza diventa bellissimo per bambini e genitori se c'è il supporto della famiglia allargata, altrimenti diventa un tempo in cui le famiglie devono reimparare a gestirsi" spiega Granata, aggiungendo che in questa risistemazione dei calendari a rimetterci sono sempre le donne.
"Sono quasi sempre le madri che devono rinunciare ad andare al lavoro, perché i tempi delle loro attività non coincidono con il calendario scolastico, senza contare le situazioni di gravissima marginalità, nelle quali gli adulti non sanno nemmeno dove collocare i bambini". Granata fa luce sulle donne che svolgono lavori di cura, attività che non si interrompono con il sopraggiungere della Pasqua, e che dunque, durante i lunghi periodi di stop, sono costrette a portare con loro i piccoli sul posto di lavoro, luogo non idoneo ai bambini. "Capiamo che si tratta di una situazione in grado solamente di amplificare lo stato di stress delle persone".

Questo stress, secondo la pedagogista, aumenta ulteriormente quando i genitori sono sottoposti a importanti giudizi per l'uso smodato o precoce che fanno fare ai figli del digitale, il punto, secondo la docente, è che però questa tendenza si incastra perfettamente in una società ormai priva degli spazi di gioco per i più piccoli.
"Il digitale viene spesso usato come parcheggio per i bambini, è vero, ma non si può criticare senza prima analizzare a fondo la complessa situazione in cui vertono le famiglie con figli, soprattutto durante le vacanze scolastiche".
Abolire le vacanze scolastiche? No, non è la soluzione
Secondo Granata, la diretta risposta a questa situazione non può essere certo quella di abolire le vacanze scolastiche o ridurle, dal momento che sono un momento educativo e di crescita importante per i bambini.
"Innanzitutto bisognerebbe ripensare alla società in modo che sia a misura di bambino e questa dovrebbe essere la prima preoccupazione dei politici in un Paese segnato dalla denatalità" inizia la pedagogista, per poi proporre quella che sarebbe la sua soluzione da esperta.
Secondo Granata bisognerebbe ripensare agli spazi terzi, rispetto alla casa di famiglia o alla classe, in cui i figli possano crescere, dare libero sfogo alla loro fantasia e muoversi liberamente. "Una piazza, un parco, contesti gestiti dal terzo settore, è di questo che i ragazzi hanno bisogno per mettere all'opera i propri talenti, per coltivare la passione per uno sport anche se i genitori non hanno le risorse economiche per pagare loro l'iscrizione ad una società sportiva, permettendo loro di essere chi desiderano, anche fuori dal contesto scolastico".
Solo così, secondo la pedagogista Anna Granata, le vacanze scolastiche tornerebbero ad avere un senso, diverso dal semplice acuire le differenze e mostrarle anche agli occhi dei più piccoli, che non sanno rispondere alla domanda: "E tu cosa hai fatto durante le vacanze?" senza arrossire, una volta tornati in classe.