Le regole da seguire quando si postano online le foto dei propri figli in ospedale: l’esperto
I bambini vanno tutelati dai rischi dello sharenting, la condivisione cioè da parte dei genitori delle loro fotografie online. Ancora di più, come ci spiega il dottor Matteo Asti, docente di Fenomenologia dei media in Accademia Santa Giulia e membro del comitato Tecnico-scientifico della fondazione Maruzza, quando si parla di bambini malati o con diagnosi di malattie inguaribili.
Il professore, insieme alla dottoressa Simona Cacace, ha stilato un vademecum dal titolo IMA-GO che illustri i rischi e i punti di forza della condivisione della malattia dei propri figli o dei propri piccoli pazienti sui social, indirizzato a genitori e assistenti sanitari. Le regole e i rischi legati alla condivisione delle immagini dei propri figli online, ci spiega il professore, possono essere monito a tutti i genitori: "Non per demonizzare i social e le fotografie ma per pubblicare sempre conoscendo le insidie del web" spiega il professor Asti a Fanpage.it.
Da cosa è nata l’idea di dare vita a un vademecum sulla condivisione delle immagini di bambini ospedalizzati?
L'idea è nata dal fatto che sempre più spesso vediamo sui social l’uso di fotografie e video di bambini con malattie croniche o disabilità, usate per diversi motivi, a volte per promuovere campagne di sensibilizzazione, altre volte per le raccolte fondi, altre volte da parte degli operatori sanitari per fare informazione o per condividere esperienze di stampo professionale. Nella maggior parte dei casi si tratta di famiglie che vogliono raccontare la loro vita e la loro storia per poter avere sostegno da parte delle persone che le seguono e per dare anche una sorta di senso a una vita complessa che raccontata da parte loro può servire a rielaborare la propria esistenza.
Abbiamo dunque cercato di capire meglio quali fossero i vantaggi della condivisione di queste immagini, cercando anche di capire i rischi connessi a queste pratiche. Per farlo abbiamo realizzato studi, colloqui e interviste e così io e la docente Simona Cacace esperta di diritto abbiamo costruito questa pubblicazione per migliorare la consapevolezza sull’argomento, spesso bassa.
Online ci sono diversi profili di persone che raccontano la malattia del proprio figlio nel tentativo di trovare gli aiuti necessari o aiutare chi si rispecchia nella propria storia, qual è il discrimine tra proteggere i propri figli e fare del bene?
Innanzitutto è importante dire che i genitori di bambini con malattie inguaribili non sono diversi dagli altri genitori e per tanto si trovano a fare sharenting. La differenza però è che qui effetti e bisogni che stanno alla base vengono amplificati dalla situazione che stanno vivendo. Il primo motivo di condivisione è la necessità di sentirsi meno soli, postando trovano infatti una comunità online che li comprende, perché condividendo una simile esperienza ottengono gratificazioni immediate tra likes e commenti, che consentono loro di sentirsi accompagnati.
I social hanno anche la possibilità di permettere una comunicazione controllata, molto importante soprattutto per queste famiglie, avere l’impressione del controllo può essere consolante.
Quali sono invece i rischi della condivisioni delle immagini dei bambini malati?
Ci sono altrettanti rischi, però, tra cui l’incapacità di distinguere tra legami forti, come i familiari stretti e le persone con cui si hanno relazioni importanti e i legami deboli, di followers che se alcune volte comprendono, altre volte potrebbero portare a forme di insicurezza o tristezza. Un altro rischio è quello di condividere delle immagini di questi bambini che loro non vorrebbero fossero condivise, perché lesive della loro dignità, si tratta di bimbi che sono entrati in situazioni di dolore, di difficoltà e che non vorrebbero che i genitori li postassero in quelle condizioni ma non sono in grado di dire la loro e forse non lo saranno mai, ma ciò non significa che sul punto di vista dell’adulto debba prevaricare su quello del bambino. Bisogna sempre chiedersi se le immagini che si stanno postando possono in qualche modo essere lesive della loro dignità o discriminatorie. Oggi si parla molto di discrimination porn, ossia la tendenza a guardare ai bambini malati o disabili che fanno qualcosa di assolutamente normale, come a dei bambini speciali, che siano di ispirazione, questo tipo di racconto però riduce la loro storia, si tratta di narrazioni che acquisiscono senso solo perché questi bambini non stanno bene e non è giusto. Non vanno definiti guerrieri o vittime se si vuole difenderli fino in fondo, si tratta spesso di stereotipi che associano l’immagine dei bambini a immagini che non li associano a un racconto dignitoso.
Anche gli operatori sanitari hanno una loro sezione dedicata, capita che diffondano foto dei minori senza consenso?
Sì l’idea in questo senso è duplice, da una parte vogliamo dare indicazioni al personale sanitario perché le condivisioni vengano fatte rispettando la dignità e la privacy di queste famiglie e di questi pazienti, di cui non vanno mai date informazioni personali anche se queste condivisioni vengono fatte per motivi affettivi. La verità è che dipende tutto da come viene raccontata questa storia. L’altro motivo per cui si dà un decalogo anche agli operatori sanitari è per aiutarli ad aiutare, loro hanno un contatto con le famiglie e possono aiutarle a comprendere queste dinamiche legate alla condivisione online delle immagini dei loro figli.
In generale secondo lei i genitori di oggi, che fanno un uso abbondante dello smartphone, espongono a qualche rischio i propri bambini?
Sì, ci sono due livelli di rischio a cui i minori sono esposti, il primo è quello della privacy, le piattaforme sono in grado di ricavare un enorme quantità di dati, ciò significa che quando si posta l’immagine riconoscibile di un bambino, magari anche il suo nome e il suo cognome, la localizzazione che si trova nei meta dati, fa sì che il bambino sia dato in pasto ai social che dunque lederanno il suo diritto futuro. Tutti noi abbiamo potuto scegliere cosa dire di noi stessi, questi bambini potrebbero non avere questo diritto di scelta, dal momento che qualcuno ha già raccontato la loro malattia. Un secondo livello di rischio è quello di diventare origine, con le immagini postate online dei minori, di forme di persecuzione come stalking, cyberbullismo. Seppur sia vero che molte persone apprezzano questi contenuti o al massimo li ignorano, infatti, si possono anche creare situazioni per le quali alcuni utenti iniziano ad attaccare chi posta questi contenuti, cosa estremamente complessa da gestire per le famiglie, che può creare anche forte ansia e bisogna tutelarsi anche rispetto a questo. Alcune persone potrebbero addirittura entrare in contatto con il bambino simulando di conoscerlo grazie ai dati raccolti sui social. Non dico che serva essere apocalittici ma che bisogna stare attenti a ciò che si posta online.