Le frasi da non dire mai per gestire le pagelle dei figli: i consigli dell’esperta
La fine della scuola è alle porte e con essa si avvicina anche il fatidico momento della consegna pagelle. Per qualcuno è uno spauracchio, per altri rappresenta il coronamento del proprio impegno.
Focalizzarsi sul voto – sia in positivo che negativo – potrebbe però portare genitori e figli a vivere a distogliere l'attenzione dalle cose veramente importanti, riducendo il tutto ad un mero giudizio con due soli esiti possibili: la pagella è buona? Il bambino è da premiare. La pagella è piena di voti carenti? Allora bisogna punire e arrabbiarsi, altrimenti il ragazzo non impara.
Ma è davvero questo il giusto approccio? Fanpage.it lo ha chiesto a Tiziana Cristofari, insegnante e pedagogista con pluriennale esperienza nel mondo della scuola.
Qual è lo stato d'animo migliore per avvicinarsi alle pagelle?
L'atteggiamento migliore è quello propositivo. La pagella ormai sta lì, non si può modificare e la severità non aiuta più di tanto. Arrabbiarsi, minacciare o peggio ancora, svilire lo studente, non serve, non stimola a progredire, anzi risulta dannoso. Approcciarsi alle pagelle di fine anno con una disposizione costruttiva aiuta il ragazzo a essere stimolato ad una relazione positiva e quindi ad un risultato migliore.
Quanto è giusto arrabbiarsi o esaltarsi per un voto?
Bisogna scindere le aspettative dei genitori dalle esigenze e le caratteristiche dei figli. La maggioranza delle famiglie sentono la votazione soltanto per una questione di prestigio sociale, anche se ci sono genitori che sanno sostenere benissimi i loro figli anche quando non prendono tutti 8 e 9. Il voto però è un fatto soggettivo e viene dato dall’insegnante, il quale è un essere umano e spesso ha anche delle preferenze e delle antipatie. Quindi il numero in sé non conta davvero nulla. L'importante è il percorso e la sicurezza acquisita durante l'anno.
Se però il risultato è davvero negativo?
Bisogna ricordarsi che il voto rappresenta solo una valutazione di competenze in un preciso momento. Non è una validazione né della persona, né dell'operato del genitore. E soprattutto non si tratta di un fallimento definitivo. Frasi come "sei il solito", "finisce sempre così" sono da evitare proprio perché rendono definitiva una situazione che in realtà è assolutamente transitoria.
Come comportarsi davanti a una bocciatura?
Prima di tutto bisogna capire cosa c’è dietro quell’insuccesso. Il ragazzo è sereno a scuola? Se la risposta è no, quali sono i motivi? C’è stato un trauma? Ci sono stati problemi con gli amici? Aggiungere un ulteriore carico da novanta, come una dura punizione, non ha senso perché la conseguenza della mancanza di studio il ragazzo l'ha già ricevuta ed è proprio la perdita dell'anno.
Quindi non si deve fare niente?
Al contrario, bisogna agire, ma parlando, non punendo o minacciando. Molti genitori assuefatti dal basso rendimento dei figli si rassegnano e reagiscono alla bocciatura con indifferenza. Anche questo è sbagliato: ci si deve sedere ad un tavolo e capire cosa sia andato storto e perché.
Alcuni ragazzi però non vivono traumi e semplicemente non si impegnano…
Nella crescita ci sono anche i momenti di ribellione o di smarrimento. Anzi, se arriva la bocciatura può essere un bene e diventare l’occasione per rimettersi in discussione e ripartire. É nella ripartenza che si attesta il benessere del ragazzo o della ragazza. Il problema si pone solo se non si riparte: significa che c'è sotto qualcosa di più profondo.
Come si incoraggia a fare meglio?
Dialogano, facendo sentire il proprio supporto. E andata male? Andrà meglio la prossima volta. C'è un'oggettiva difficoltà con la materia? Proviamo a vedere se qualcuno può aiutarci.
E se la pagella è buona è giusto premiare?
Il sistema di premi e ricompense non è molto efficiente. Purtroppo se durante l'anno c'è già stata un'impostazione simile, con regali per i buoni voti e punizioni per quelli negativi, non c'è più molto da fare per uscire da questa logica. Ad ogni modo, premiare va anche bene, l'importante è non punire.