“La mia Cecilia pesava meno di un pacco di pasta alla nascita, i cavi erano più grandi del suo polso”
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La mamma di Cecilia, Sury Reghelin, ha raccontato a Fanpage.it la sua esperienza di parto prematuro a cui sono seguiti 7 mesi e 13 giorni con il fiato sospeso in terapia intensiva neonatale dell'Ospedale di Vicenza.
La piccola Cecilia è venuta al mondo pesando meno di mezzo kg di pasta e con un verdetto dei medici che sembrava già scritto: "Signora i bambini nati così presto sopravvivono solo nel 20% dei casi".
6 operazioni, 3 arresti cardiaci, un virus contratto in ospedale, ma alla fine Cecilia ce l'ha fatta, ed oggi cresce a vista d'occhio.
Sury, la sua mamma e Davide, il suo papà, però, non dimenticheranno mai quanto vissuto in quei giorni, il dolore e la solitudine di chi si trova a sopravvivere ad un trauma così grande e non può fare altro che attaccarsi alla speranza e alla preghiera, da dietro il vetro dell'incubatrice.
Ci racconti la nascita di Cecilia?
Il 29 aprile dello scorso anno di mattina, nonostante fosse molto presto, ho iniziato a non sentirmi molto bene, avevo fortissimi dolori al basso ventre ma sul momento ho pensato fosse un problema di digestione. Su consiglio della mia ginecologa ho preso un antipiretico, poi un antidolorifico e ho cercato di rilassarmi, senza successo.
Mi sono sentita così dolorante da non riuscire neanche a raggiungere il bagno per farmi una doccia, a questo punto ho chiamato mio marito Davide e gli ho detto che dovevamo andare subito in pronto soccorso. Il tragitto non lo ricordo nemmeno, ero solo spaventatissima per la mia bambina.
A quel punto ti ricoverano?
Non subito, prima mi chiedono di quante settimane sono e poi mi portano in ambulatorio per fare degli esami, erano ancora in vigore le norme covid, quindi mio marito doveva aspettare l’esito negativo del tampone, prima di raggiungermi.
Mi hanno fatto un’ecografia, dalla quale ho visto muoversi la mia piccola Cecilia nella mia pancia, tirando un sospiro di sollievo per lei, ma il dolore non mi abbandonava ancora, anzi peggiorava ogni minuto.
Mi hanno fatto dunque esami del sangue e tracciato, sono entrati in camera mia 7- 8 specialisti fino a che è arrivato il verdetto: dovevo rimanere ricoverata perché quelli che pensavo fossero dolori allo stomaco erano vere e proprie contrazioni.
E tu cosa hai pensato?
Ricordo di aver pensato che era troppo presto, e di non aver chiuso occhio per tutta la notte, per la paura che a Cecilia succedesse qualcosa.
Quando ti hanno detto che doveva nascere?
L’indomani mattina alle 8.00 il pediatra in turno ha convocato me e mio marito, per gettarci addosso quella che più che una diagnosi ci è sembrata una sentenza, ci ha detto che a questa età gestazionale la piccola avrebbe avuto solamente il 20% di possibilità di sopravvivere al parto.
Abbiamo provato un dolore atroce ma non ci siamo arresi.
Poi come è andata?
Mi hanno trasferita d’urgenza all’ospedale di Vicenza, durante il tragitto pioveva molto, ricordo le sirene spiegate e la dolcezza di una dottoressa che mi ha preso la mano e mi ha fatto qualche domanda per alleviare il dolore che provavo.
Quando sono arrivata sono rimasta in sala d’attesa, poi mi hanno trasferita in reparto, ricordo che mi sentivo tremendamente sola nel mio dolore e accarezzavo il pancione sussurrando a Cecilia di avere pazienza: “Rimani nel pancione ancora un po’”.
A questo punto è arrivato mio marito, mi hanno fatto una serie di esami e la situazione sembrava essere sotto controllo, ricordo di aver finalmente sentito il battito della mia bimba e di aver tirato un sospiro di sollievo.
Ho dormito e mi sono risvegliata serena, sono riuscita anche a fare colazione, fino a che, proprio mentre era in stanza con me una dottoressa per dei controlli, mi si sono rotte le acque.
A questo punto la dottoressa ha fatto chiamare mio marito e nel giro di 5 minuti la nostra vita è cambiata per sempre. Sono stata circondata da un turbinio di camici, sono entrata in sala parto, erano tutti pronti, tutti tranne me.
Mio marito è arrivato di corsa, appena in tempo, e io mi sono sentita sollevata, ma inerme, ricordo che riuscivo solo a pregare e a piangere, mi risuonavano in mente le parole del medico: “Si sopravvive solo nel 20% dei casi”.
Mio marito viene fatto uscire, sono rimasta sola nella sala operatoria e ricordo di aver visto con la coda dell’occhio l’incubatrice. Mi hanno addormentata e io non ho provato nulla, la mia bimba è nata, era viva.
Com’era Cecilia quando è nata?
Era minuscola, è nata il primo maggio, a 23 settimane + 5, pesava meno di mezzo chilo di pasta, 505 grammi. Ma questi dati io ho potuto solo leggerli perché quando è venuta al mondo non ho potuto vederla.
A questo punto l'hanno portata in terapia intensiva neonatale?
Sì, io però mi sono risvegliata diverse ore dopo il parto e solo l’indomani ho potuto vedere mio marito, con lui e un infermiere siamo scesi in terapia intensiva.
Cecilia era così piccola, circondata da almeno 8 cavi, indifesa sotto al macchinario che le permetteva di fare la fototerapia, ricordo di averle guardato le braccia, in cui si trovavano aghi più grandi della stessa circonferenza. Sento un profondo desiderio di abbracciarla, ma ancora non posso.
Come sono andati i giorni in tin? Ci sono state complicanze?
Sì, 3 giorni dopo, era il 5 maggio, mio marito è entrato in camera con le lacrime agli occhi e mi ha detto che dovevamo assolutamente andare dalla bimba, perché non stava bene.
Giù ci siamo trovati davanti ad una situazione surreale, che un genitore non è mai pronto a vivere, ci hanno detto che alla bimba era scoppiato l’intestino, ci fanno firmare tantissime carte, io ricordo di essere stata presente solo fisicamente, ma la mia testa vagava lontano, fuori da lì.
È arrivato un sacerdote, chiamato dalla dottoressa Vedovato, la responsabile della TIN, e la piccola nel giro di un’ora è stata rianimata 3 volte. Il sacerdote l'ha battezzata, in questo rito intimo a cui abbiamo partecipato io, mio marito e i medici. Nessuno saprà però se vivrà.
Poi come è andata?
Qualche giorno dopo sono stata dimessa, ma passavo comunque tutto il tempo disponibile con Cecilia in ospedale.
La piccola da lì in avanti ha subito 4 operazioni fino ad ottobre, superandole tutte. Era ed è una forza della natura, minuscola ma fortissima.
Cresceva piano piano e il giorno della mamma, il 14 maggio, mi ha fatto il regalo più bello che potesse donarmi, per la prima volta ha aperto gli occhi.
Da lì è stato un susseguirsi di prime volte, il primo sguardo, la prima carezza, il primo abbraccio, il primo pianto, la marsupioterapia, tutte caratterizzate da fortissima emozione.
Quando è stata dimessa?
Dopo le 4 operazioni ha iniziato a prendere peso, beveva anche il latte, ma il percorso in TIN è durato tantissimo.
Lei è uscita da lì con noi il 13 dicembre, 227 giorni, quindi 7 mesi e 13 giorni, dopo essere entrata in TIN. In tutto quella piccola guerriera aveva accumulato 6 operazioni, di cui due agli occhi, 21 trasfusioni di sangue, 2 infezioni da Staphylococcus hominis, 3 stomie, intubazioni, punture e accessi venosi continui, ma è sopravvissuta a tutto.
Cecilia oggi ha quasi un anno, cresce a vista d’occhio, ama mangiare e ci riempie di un amore così grande che mai avremmo anche solo potuto immaginarlo.