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La scuola senza voti in Italia esiste già: “Senza l’ansia del numero ci si concentra sul vero valore, l’apprendimento”

L’insegnante e scrittore Vincenzo Arte ha raccontato a Fanpage il progetto sperimentale che per otto anni ha portato in un liceo di Roma una didattica libera dai voti, tra verifiche di coppia, autovalutazioni e lezioni cooperative.
Intervista a Vincenzo Arte
Insegnante e scrittore
A cura di Niccolò De Rosa
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Una scuola senza voti può davvero educare ragazze e ragazzi meglio di quella a cui siamo abituati?

Per molti si tratta di un'utopia, un'idea valida solo nei particolari contesti dei Paesi scandinavi e non replicabile in Italia. Per altri, invece, una nuova offerta didattica non solo è possibile, ma rappresenta già una realtà molto concreta.

È il caso del Liceo Morgagni di Roma, un piccolo laboratorio per la scuola "del futuro" che nel 2016 è dotato di un progetto sperimentale ispirato all modello finlandese. Prevede un modo tutto nuovo di organizzare l'attività scolastica: niente voti, insegnamento interattivo e tanto, tanto lavoro di gruppo svolto direttamente in classe.

Il progetto è attivo ormai da otto anni, sebbene nel 2023/2024 le famiglie non abbiano potuto sceglierlo come opzione per i ragazzi al primo anno di liceo.

"L'anno prossimo dovremmo decidere se ridare la possibilità di selezionarlo come indirizzo o applicare il progetto in una classe sorteggiata" racconta a Fanpage.it. Vincenzo Arte, docente di matematica e fisica e autore del libro Crescere senza voti. Arte è convinto che il modo migliore per arrivare alla testa (e al cuore) dei ragazzi sia sfruttare in modo del tutto diverso il tempo trascorso a scuola.

Perché a suo giudizio una scuola senza voti è la scelta migliore?

I voti non sono utili né agli insegnanti né agli studenti. Ci si concentra solo sui voti e non sull’apprendimento, che è il vero obiettivo della scuola. Senza voti, i ragazzi non hanno più uno stimolo esterno, ma seguono una motivazione che proviene dall'interno. Chi studia per il voto, spesso poi dimentica ciò che ha imparato per la verifica o l'interrogazione.

Il voto non certifica il raggiungimento di un obiettivo?

L'utilità di un numero serve solo per stilare una classifica o, al massimo, per decidere tra una promozione o una bocciatura. Le graduatorie hanno senso per dare un posto di lavoro, non per valutare uno studente.

Come funziona la vostra classe sperimentale?

Il progetto è nato con 4 o 5 colleghe e con la voglia di cambiare qualcosa. Abbiamo così deciso di concentrarci su cinque punti fondamentali per formulare una nuova proposta didattica: abolizione dei voti numerici in favore di valutazioni descrittive, introduzione dell'autovalutazione da parte dei ragazzi, massimizzazione del tempo trascorso a scuola, cura delle relazioni e lavoro cooperativo.

Come funzionano le valutazioni descrittive?

Sono brevi resoconti che raccontano allo studente e alla sua famiglia cosa sta andando bene, cosa sta andando male, quali sono i punti di forza e cosa c'è ancora da migliorare. Ricordiamoci che la normativa italiana non impone di mettere i voti durante l'anno ma ci dice valutarli in modo che loro comprendano cosa stanno facendo. I numeri sono una tradizione della scuola italiana, ma non sono obbligatori. L'unica cosa dovuta è fornire un voto in pagella al termine dell'anno.

Eliminerebbe anche i voti in pagella?

Fino ad una certa età sì. In Nord Europa quelle ‘graduatorie' non esistono. Potremmo cavarcela con delle descrizioni anche in pagella.

Immagine pubblicata per gentile concessione di Vincenzo Arte.
Immagine pubblicata per gentile concessione di Vincenzo Arte

Cosa intende quando parla di un utilizzo più efficace del tempo scuola?

Significa usare meglio le ore di lezione. I ragazzi passano mediamente 30 ore alla settimana tra i banchi. Non sono poche nemmeno per un lavoratore. In più a queste ore si aggiungono tutte le ore passate a studiare o a fare i compiti a casa. Usando meglio il tempo scuola attraverso attività stimolanti e lavoro cooperativo, invece gli studenti sono più attivi in classe, si annoiano di meno e migliorano le competenze trasversali, senza dover aggiungere troppi carichi di lavoro una volta tornati a casa.

Come si curano le relazioni all'interno di questo progetto didattico?

Creando un ambiente sereno, aperto al dialogo, dove si impara a conoscersi reciprocamente. All'inizio del primo anno di solito facciamo una gita o un viaggio per permettere ai ragazzi di creare rapporti. Poi ogni mese teniamo un incontro con studenti e genitori per confrontarci sull'andamento delle cose.

Sono sempre momenti costruttivi?

Talvolta ci sono anche momenti di tensione tra famiglie e docenti, ma il dialogo rimane sempre propositivo e parlare di certe dinamiche aiuta sempre a risolvere i problemi. All’inizio della sperimentazione il continuo confronto è stato fondamentale perché anche noi stavamo procedendo a tentoni e questi continui feedback ci aiutavano ad aggiustare il tiro.

Com'è strutturata una lezione?

Non esistono formati standard, ma tante varianti basate sul lavoro cooperativo e l'interattività. Spesso ci sono i banchi messi a isola in modo che i ragazzi si organizzino in gruppi di lavoro per scambiarsi segmenti di teoria. A volte alcuni studenti si preparano un pezzo di lezione e lo espongono al resto della classe. Ci sono poi brevi lezioni frontali seguite subito dopo da esercitazioni su quanto spiegato, in modo che l'insegnante sia già lì presente per rispondere ad eventuali dubbi. Ciò rappresenta anche un atto di uguaglianza, perché quando si assegnano compiti, chi ha la possibilità di essere aiutato o può permettersi le ripetizioni risulta molto avvantaggiato rispetto a chi non ha altri supporti a casa.

Ci sono verifiche?

Certo e vengono valutate in modo descrittivo. Poi ci sono le verifiche di coppia, ossia normalissime prove scritte che però vengono svolte da due studenti insieme, consegnando un solo compito. In questo modo si favorisce lo scambio d'informazioni. Le coppie vengono formate tra studenti più o meno dello stesso livello, in modo da tarare diversi gradi di complessità. Ciò porta i ragazzi ad affrontare le prove con entusiasmo, non con paura.

Scuola

Come viene premiato il merito?

Innanzitutto i voti in pagella ci sono, mancano solo nel corso dell’anno. Il lavoro cooperativo poi fa comunque emergere i più studiosi, benché in modo differente da quanto siamo abituati. I primi della classe diventano veri punti di riferimento per i compagni perché aiutano, consigliano e forniscono spiegazioni agli altri. Ciò permette loro di acquisire nuove competenze relazionali che altrimenti non verrebbero messe alla prova– saper spiegare, saper chiarire, saper ascoltare le domande altrui –  e integrarsi meglio nel gruppo classe, perché non sono più ‘secchioni' invidiati, ma strumenti d'apprendimento che aiutano i compagni a migliorarsi.

Qualche studente è stato bocciato?

Purtroppo sì. Questo approccio non è la panacea di tutti i mali e ci sono comunque ancora tante difficoltà da superare. Migliorare non significa eliminare tutti i problemi e ottenere solo risultati positivi. Nei sondaggi che l'Università La Sapienza di Roma ha preparato per sondare la soddisfazione dei nostri studenti, le critiche maggiori riguardavano, ad esempio, il fatto che alcuni insegnanti non erano ben calati nel progetto. E poi comunque il voto in pagella rimane, quindi alla fine anche questa realtà viene influenzata dallo stress di un giudizio formale.

Questo sistema aiuta i ragazzi a preparasi anche per ciò che verrà dopo il diploma?

Molti ragazzi tornano a trovarci e tanti si stanno laureando con ottimi risultati. Il nostro feedback è più che positivo.

Quali cambiamenti auspica per una scuola veramente proiettata nel futuro?

La scuola italiana andrebbe rivoltata come un calzino. Servirebbero riforme strutturate, istituti scolastici belli e funzionali all'apprendimento, un maggior numero di docenti e un livello più alto di formazione. E poi sono necessari stipendi più alti, che permettano a persone super-specializzate di vivere dignitosamente.

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