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La scuola italiana è davvero una malata incurabile? L’opinione dell’esperta: “Serve più dialogo e fiducia”

Con l’inizio dell’anno scolastico non accenna a placarsi la discussione sui tanti problemi di scuola e famiglie, ma per la vicepresidente dell’Associazione Nazionale Pedagogisti non tutto è da buttare: “Parlare di fallimento è solo controproducente”
Intervista a Paola Daniela Virgilio
Pedagogista e Vice Presidente ANPE (Associazione Nazionale Pedagogisti).
A cura di Niccolò De Rosa
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La scuola è appena iniziata ma le polemiche hanno già infiammato il mai sopito dibattito sul presente e futuro di un mondo, quello dell'istruzione italiana, che da anni è al centro di critiche, riflessioni e aspri battibecchi tra le parti.

La discussione d'inizio settembre è stato innescata (o meglio, rinnovata) dall'appello lanciato da un gruppo di psicologi e pedagogisti per "invitare" i genitori invadenti e apprensivi a non intromettersi più del necessario nelle questioni di scuola dei figli.

Secondo gli esperti infatti, oggigiorno troppi genitori cercano d'interferire con l'attività scolastica dei ragazzi, controllando ogni loro passo, criticando gli insegnanti per i voti troppo severi e riducendo sempre di più l'autonomia dei figli nelle piccole ma importanti azioni del quotidiano, come la preparazione dello zaino o lo svolgimento dei compiti a casa.

In questo quadro d'inizio anno scolastico si è poi inserita l'autorevole voce di Paolo Crepet, noto psichiatra, sociologo e saggista che con il suo noto piglio ha aggiunto un bel carico da novanta sulla questione, parlando apertamente di fallimento su tutta la linea non solo per le famiglie, ma anche per tutto la scuola nel suo insieme.

Nella recente intervista al giornale online Cronache Maceratesi, Crepet ha infatti definito la scuola nostrana un mondo "squallido" e  "allo sfascio", del tutto incapace di preparare adeguatamente gli adulti di domani alla vita nel mondo reale.

"Se qualcuno pensa che vada bene così, allora si tenga il liceo che promuove il 99% degli studenti e che non dà voti. Tenetevi voi questo squallore" ha sentenziato il professore, già in passato molto critico sugli atteggiamenti eccessivamente protettivi dei genitori e sull'uso di strumenti moderni, come il registro elettronico, che servirebbero solo a diminuire ulteriormente la capacità dei giovani fare i conti con i propri errori e essere un po' più indipendenti.

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Se le parole di Crepet suonano come una pietra tombale sulle speranze del sistema educativo italiano, non tutti gli addetti ai lavori concordano però con posizioni così apocalittiche e definitive.

"Condivido parzialmente la preoccupazione di Crepet riguardo al sistema educativo, soprattutto per quanto concerne l'apparente livellamento verso il basso degli standard di apprendimento e valutazione" ha dichiarato a Fanpage.it Paola Daniela Virgilio, Vice Presidente dell‘Associazione Nazionale Pedagogisti.

"È fondamentale che la scuola sia un luogo di crescita e valorizzazione delle capacità individuali, non una mera macchina di promozione automatica". Tuttavia, prosegue Virgilio, occorre contestualizzare il fenomeno e non lasciarsi andare a giudizi tagliati con l'accetta.

Quale potrebbe essere una differente chiave di lettura dello stato attuale della scuola?

L'attuale percentuale di promossi nei licei può essere interpretata come un segnale di successo formativo. Questo risultato potrebbe essere il frutto di azioni concrete intraprese dalle Istituzioni Scolastiche, come gli interventi e le azioni di contrasto alla dispersione scolastica o l'orientamento nel segmento delle secondarie di primo grado. Tutte azioni volte a supportare scelte sempre più consapevoli da parte dei ragazzi. Simili sforzi mirano a far sì che gli studenti seguano percorsi di studio più adatti alle loro inclinazioni e capacità, contribuendo così a un tasso di promozione elevato che riflette un'efficace strategia educativa piuttosto che una semplice concessione.

Paola Daniela Virgilio
Paola Daniela Virgilio, pedagogista, docente universitaria, PhD in scienze sociali e giuridiche e vicepresidente ANPE.

Siamo di fronte al fallimento della famiglia italiana?

Crepet descrive una realtà familiare segnata da incomunicabilità e indifferenza, una lettura che, per certi versi, può apparire estremamente severa ma che non manca di agganci con la realtà. È vero che il benessere economico talvolta maschera un vuoto relazionale, e l'invasività della tecnologia nelle nostre vite ha certamente trasformato il modo in cui giovani e adulti interagiscono. Tuttavia, parlare di "fallimento" rischia di essere riduttivo e soprattutto controproducente. Piuttosto, sarebbe più utile focalizzarsi su come supportare le famiglie nel recupero di una comunicazione più efficace, autentica e autorevole con i loro figli.

Che ruolo giocano social e tecnologia  in questa situazione?

Non si può negare l’impatto che la tecnologia ha avuto sui giovani, ma demonizzarla completamente può risultare miope. La tecnologia, se utilizzata in modo consapevole, può anche rappresentare una straordinaria risorsa di apprendimento e connessione. È necessario un approccio educativo che guidi i ragazzi verso un uso equilibrato e critico dei mezzi digitali, trasformando la dipendenza in competenza.

Quindi secondo lei è ancora troppo presto per arrendersi?

È indubbio che famiglia e scuola stiano attraversando una fase di trasformazione profonda e che le sfide non siano poche. Ritengo sia fondamentale promuovere il dialogo, sostenere le famiglie e rafforzare il ruolo educativo della scuola con uno sguardo costruttivo e orientato al miglioramento. Il messaggio utile da veicolare non è quello dello sconforto, del fallimento, ma è quello della fiducia verso le famiglie, i docenti, i Dirigenti, gli studenti e le studentesse.

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