La psicologa che ha lavorato a Inside Out 2 spiega perché le nuove emozioni compaiono proprio in adolescenza
Il film di animazione Inside Out 2 firmato Disney-Pixar, è arrivato in tutte le sale italiane, permettendo a grandi e piccini di godere del secondo spettacolo in cui in scena va l'interiorità della protagonista e di ciascuno di noi.
Per Riley, ormai entrata nel periodo complesso dell'adolescenza, le nuove emozioni sono quattro: imbarazzo, ansia, invidia e noia.
A prendere il comando sulla nostra vita, quando si cresce, non sono infatti più solo quelle che la psicoterapeuta Stefania Andreoli ci ha spiegato essere emozioni primarie quali la gioia, la rabbia, la tristezza, la paura e il disgusto e che i bimbi provano e manifestano senza che nessuno le abbia insegnate loro, ma anche quelle secondarie, derivanti proprio dal rapporto di ogni essere umano con il mondo.
A prendere il controllo sulle decisioni di Riley talvolta è l'ansia, dalla voce vivace e rapidissima, altre ennui, ossia la noia, con la quale impara a convivere. Insieme a loro vi sono anche l'imbarazzo, dalle movenze goffe e l'invidia, verde, come lo è nell'immaginario comune.
Andreoli, che ha partecipato al comitato scientifico per la realizzazione della versione italiana del film di animazione, ha spiegato a Fanpage.it cosa si nasconde dietro la realizzazione di Inside Out 2, e perché queste nuove emozioni arrivano proprio ora.
Che messaggio vuole trasmettere inside out 2? E perché è importante per i bambini
vedere le proprie emozioni rappresentate?
Il film segna un appuntamento con il domani, con quanto succede al termine dell’infanzia. Gli spettatori avevano lasciato Riley alle soglie della preadolescenza ed ora si affacciano con lei e la sua famiglia alla complessità dei cambiamenti che accompagnano ogni figlio e ogni figlia quando cresce.
L’importanza della visione è duplice: su tutto, farci sentire parte di qualcosa di ricorrente, condiviso e soprattutto fisiologico: sentirsi agitati, vergognarsi, apatici all’età della protagonista è del tutto normale e non deve generare sconforto o allarmismo.
Inoltre, una rappresentazione iconografica del nostro mondo interiore fornisce agli spettatori più giovani una possibilità di immaginare il mondo delle emozioni altrimenti percepito così astratto e sfuggente – quando invece è profondamente determinante nelle nostre scelte di vita finendo per risultare decisamente concreto!
Lei ha fatto parte del comitato scientifico per la realizzazione di "Inside Out 2 Italia", come si lavora a un cartone animato?
Questo è l’ennesimo lungometraggio animato dopo Soul, Inside out 1 e Red (quasi tutti premi Oscar!) del quale mi viene commissionata la supervisione scientifica all’adattamento italiano. La scelta da parte della produzione è volta a mantenere il film, ancorché d’animazione e di fantasia, il più possibile rigoroso dal punto di vista dei contenuti scientifici.
Così, ciò di cui mi occupo è un lavoro di concerto con il direttore del doppiaggio Roberto Morville per selezionare il linguaggio più credibile (in questo caso: quello psicologico) che si adatti ai movimenti della bocca dei personaggi
della versione originale.
Ma non solo: il lavoro riguarda anche l’adattamento dello slang adolescenziale o dei dialoghi – in modo che risultino riconoscibili e familiari al pubblico del nostro Paese così da poter credere ai personaggi e immedesimarcisi -, così come la creazione di neologismi per tradurre la creatività degli autori americani nei dettagli più fantasiosi.
Perché le ultime emozioni, quindi ansia, noia, invidia e imbarazzo, arrivano solo ora nella vita di Riley adolescente? Esistono emozioni più ed emozioni meno complesse?
La distinzione più precisa è tra emozioni primarie e secondarie, perché qualunque emozione è
complessa, prismatica, persino ambivalente: quelle del primo film erano la dote emotiva con la quale ognuno di noi viene al mondo, ovvero del primo tipo.
Nessun essere umano infatti deve imparare la rabbia, la gioia, la tristezza, la paura, il disgusto: a un neonato il timore sgorga spontaneamente se lasciato solo, così come la rabbia se il caregiver non capisce cosa significhi il suo pianto e non riesce a soddisfarlo.
Le emozioni secondarie, che nel film sono noia, imbarazzo, ansia e invidia, invece sono culturalmente apprese, per intenderci, non in tutto il mondo ad esempio ci si vergogna per le stesse cose.
Quindi, incorrono nell’esperienza di una persona solo a fronte di nuove esperienze immagazzinate progressivamente sulla base del proprio sviluppo e contesto. In questo, la famiglia e la società hanno ruoli e responsabilità di prim’ordine.
Quanto sono importanti i cartoni animati nello sviluppo psichico dei bambini?
Molto. Ormai si tratta di prodotti accuratissimi, come stiamo dicendo studiati nel minimo dettaglio anche con l’ausilio degli esperti dell’età evolutiva.
Il racconto per dialoghi ed immagini è godibile da seguire e resta più facilmente impresso, con tutto il potenziale di essere un ausilio per le famiglie e gli educatori per affrontare temi difficili come un tempo potevano fare solo le fiabe o gli albi illustrati.
Non ultimo, si tratta di lavori che creano un momento di condivisione che accomuna il piacere dei più piccoli come degli adulti.
Solo un’accortezza: per il punto evolutivo nel quale si trovano i bambini più piccini, i film sono da proporre a partire dai tre anni in su. Prima, l’uso degli schermi dovrebbe essere nullo – o del tutto eccezionale.