La maternità oltre il mito, il parere della scrittrice: “Le neo-mamme hanno bisogno di rassicurazioni, non di consigli”
Descritta come un'esperienza di pura gioia e realizzazione, quella della maternità è una realtà ben più complessa rispetto alla narrazione che spesso viene proposta alle future mamme. Molto spesso, infatti, i mesi immediatamente successivi al parto sono segnati da un carico pesante di paure, dubbi e incertezze, che portano le neo-mamme a vivere con grande ansia la nuova condizione di genitore, oppresse dai timori di non essere abbastanza preparate per un’avventura così grande e persguitate dai sensi di colpa per non provare la felicità e l’entusiasmo che la società si aspetta in simili casi.
Tale circolo vizioso è stato l'oggetto di un recente editoriale comparso sul quotidiano britannico The Guardian ad opera di Jodi Wilson, scrittrice e madre di quattro figli che, ripercorrendo la propria esperienza personale, ha voluto portare alla luce una prospettiva più profonda e autentica su cosa significhi davvero affrontare un periodo di grande vulnerabilità e sfide emotive come quello del postpartum. Secondo Wilson, ciò di cui le neo-mamme hanno più bisogno, non sono infatti ulteriori consigli o suggerimenti su ciò che dovrebbero fare, ma un po' di semplici rassicurazioni per ritrovare un po' di fiducia e capire che anche quello della madre è un mestiere da imparare con il tempo.
Il mito della "mamma perfetta" e la realtà del postpartum
Molto spesso la società alimenta l'idea che il legame tra madre e figlio nasca istantaneamente al momento del parto, una narrativa che può apparire particolarmente opprimente per tutte quelle neo-mamme che invece non si sentono subito "competenti" o che non provano amore istantaneo nei confronti del loro bambino. Il rischio dietro l'angolo è quello di percepirsi come cattive genitrici e alimentare un distruttivo senso di colpa.
"All'epoca credevo che ‘la mamma sa tutto' e presumevo che l'istinto materno si sarebbe attivato alla nascita", ha raccontato Wilson, la quale ha però evidenziato come, secondo ricerche recenti, il cervello materno sia predisposto non tanto a conoscere già tutto, ma ad apprendere. Il postpartum, quindi, non deve essere visto solo come un momento di transizione fisica, ma come un processo di apprendimento e adattamento, pieno di dubbi e tentativi, in cui le mamme "imparano" ad essere tali.
Tale stigma, spiega l'autrice, non solo rende più difficile per le donne parlare apertamente delle loro difficoltà, ma può anche avere conseguenze irreparabili, visto che il sentimento di vergogna è stato identificato come una delle cause principali di suicidio materno, che a sua volta risulta una delle principali cause di morte nel primo anno dopo il parto.
Il sovraccarico di consigli e la necessità di un sostegno qualificato
Un altro tema affrontato nell'editoriale riguarda la mole di consigli che le neo-mamme ricevono, spesso da fonti non qualificate come i social media o i tanti conoscenti che non perdono occasione per esprimere pareri (spesso) non richiesti. Wilson ha infatti raccontato come i consigli, benché benintenzionati, possano risultare decisamente devastanti per una madre già in difficoltà, soprattutto se provengono da persone con opinioni contrastanti e riguardano argomenti delicati come l'allattamento al seno.
"Idealmente, i consigli dovrebbero provenire da un professionista della salute perinatale di fiducia. Invece, arrivano alle madri da tutte le direzioni – ha scritto Wilson – E quando si insinuano insidiosamente nella psiche tramite i social media, può sembrare che non ci sia via di scampo".
Per questo la scrittrice ha sottolineato l‘importanza di affidarsi a professionisti sanitari qualificati per ricevere un supporto realmente utile, anziché farsi influenzare da pareri e suggerimenti non basati su evidenze scientifiche.
Il potere della rassicurazione
Uno degli aspetti più significativi dell'articolo di Wilson è il ruolo, spesso sottovalutato, delle semplici conversazioni quotidiane nel supportare una neo-mamma. Quando un medico, un'altra madre o un conoscente ascolta le esperienze di una madre con empatia e risponde usando parole di rassicurazione, evitando giudizi o consigli non richiesti, tra la donna e il suo interlocutore si crea un'autentica rete di supporto emotivo che, per Wilson, è da considerare come una vera e propria forma di intervento precoce per la salute mentale, e non solo un atto di gentilezza estemporaneo.
Creare spazi sicuri per le madri
Proprio alla luce di tale convinzione, Wilson ha ribadito l'importanza di creare spazi comunitari dove le madri possano condividere le loro esperienze in un ambiente sicuro e senza giudizio. Questi luoghi non solo offrono un'opportunità per esprimere le proprie vulnerabilità, ma aiutano anche a normalizzare le difficoltà del postpartum, facendo sentire le madri meno sole.
"Ciò che tutte le neo-mamme hanno bisogno di sentire molte volte durante il primo anno è che non dovrebbero avere tutte le risposte" ha affermato la scrittrice, sottolineando come la condivisione di esperienze non solo allevia il peso emotivo della madre, ma concorre anche a prevenire problemi di salute mentale più gravi.
Il postpartum come processo di trasformazione
In conclusione, Wilson ha quindi ricordato come quello di diventare madre non sia un atto che si compie automaticamente nel momento in cui il bimbo viene al mondo, ma un processo lungo e complesso, che comporta trasformazioni del corpo e della mente. Occorre dunque pazienza e molto supporto per arrivare alla fine del cammino e accettare l'incertezza concedendosi del tempo per imparare rimane una parte fondamentale nel percorso verso una maternità autentica e consapevole. E se le difficoltà non mancheranno, molto spesso può bastare una parola di conforto pronunciata al momento giusto per offrire un'ancora di salvezza insperata in un momento di grande vulnerabilità.