“Io all’inizio non ho amato le mie figlie, ho dovuto conoscerle per farlo”: le esperte sulle parole di Maccherone
"A chi lo dici appena hai partorito: "io non voglio stare con le mie figlie? Eppure io lo pensavo, lo desideravo, non vedevo l'ora di tornare alla mia vita di prima, che però non c'era più".
Sono le parole di Martina Maccherone, talent manager, divenuta famosa per la sua stretta collaborazione in giovanissima età con l'influencer Chiara Ferragni, che ha raccontato ai microfoni del Podcast 1% Donne, il significato più profondo della sua maternità.
Costellata di dolori, contraddizioni e incapacità di poter rivivere la sua vita di prima, quando si è trovata quelle due bimbe in braccio, diventare madre per lei è stato un quadro tutt'altro che roseo, oscurato dalle tinte fosche di quei sentimenti complessi che le donne, che si scoprono diverse dalle madri che si erano immaginate, faticano a raccontare.
Maccherone ha rivelato un sentimento contraddittorio nei confronti delle sue figlie che le due psichiatre Nicoletta Giacchetti e Franca Aceti, responsabili del Servizio di Psicopatologia perinatale all’Ospedale Umberto I di Roma, hanno spiegato in realtà essere del tutto normale e tipico di ogni relazione umana.
"Io all'inizio non ho provato per le mie figlie quell'amore infinito di cui tutti parlano, perché non le conoscevo. Oggi le amo, perché parlano, hanno un carattere, mi piace interagire con loro, le ho conosciute e io mi affeziono a chi conosco, altrimenti conosco chi ho davanti senza averne un giudizio".
Ha raccontato al podcast Maccherone, le cui parole colpiscono, spiegano le due psichiatre, perché per paura del giudizio in poche le verbalizzano, nonostante rappresentino un sentimento molto più frequente di quanto immaginiamo.
Martina Maccherone ha detto di aver vissuto l'estremo bisogno di tornare alla sua vita di prima, appena viste le sue bambine, è un sentimento che molte donne provano?
Giacchetti: È importante dire che ogni gravidanza viene vissuta diversamente da ciascuna madre a seconda della propria storia personale. Nel caso di Maccherone si tratta di una donna molto esposta dal punto di vista lavorativo, che ad un certo punto ha deciso di avere le sue bimbe, che ha anche desiderato, ma che le hanno inevitabilmente sconvolto la vita.
Ciò accade anche perché durante la gravidanza la fantasia è che si possa adeguare la vita del bambino ai propri bisogni, e che se non si riuscirà si chiederà aiuto ad una tata, potendo continuare così a fare la vita di sempre. Purtroppo la realtà è ben diversa e si palesa molto più violentemente per le donne che sono molto organizzate e realizzate lavorativamente parlando. Spesso iniziano a provare una sensazione di claustrofobia, sentono l’esigenza di dover scappare, tornare a prendere aria, proprio perché per la prima volta sperimentano una realtà complessa: l'enorme dipendenza di questi bambini dalla figura genitoriale. Il vero dramma però è poi che non se ne può parlare con nessuno, seppur questa sensazione per quelle donne che lavorativamente parlando si sentono molto potenti e poi improvvisamente impotenti nei confronti della situazione in cui loro figlio le relega, sia molto diffusa.
È normale dunque provare dei sentimenti contraddittori nei confronti dei propri bambini?
Aceti: Certo, provare dei sentimenti contraddittori nei confronti dei figli è del tutto normale, i bimbi ti sconvolgono la vita, modificano la libertà, la possibilità di fare ciò che vuoi, perché sono strettamente dipendenti dalla figura di accudimento che al 90% è la madre. Questa dipendenza, poi, dura a lungo e mette in luce quanto sia difficile conciliare il desiderio di avere figli e la propria vita lavorativa. Va rimodulata la vita con l’arrivo di un figlio che modifica ogni cosa, gli spazi soggettivi e quelli nella coppia, prendendo consapevolezza che le cose non saranno mai più come prima, e non sentendosi sbagliati perché si provano sentimenti contraddittori difficili da condividere. Anzi bisogna parlarne perché questi sentimenti proprio perché spesso si lasciano nel silenzio, diventano difficili da affrontare senza farsi schiacciare dal senso di colpa.
Maccherone ha anche dichiarato di non aver amato fin da subito la sua bambina, anche questo è un sentimento che tante donne provano?
Giacchetti: Certo. L’idea di non essere immediatamente innamorata del proprio figlio, però, fa sentire la donna una mamma sbagliata, lei dunque tende sempre a far buon viso a cattivo gioco, dissimulando la sofferenza che prova nei confronti di quel bambino che spesso vorrebbe fosse in grado di capirla. Proprio perché nell’immaginazione che ha preceduto il parto si pensava che quel piccolo si sarebbe perfettamente incastrato e adattato alla vita della mamma. Ed è molto complessa questa sensazione per quelle donne che lavorativamente parlando si sentono molto potenti e poi improvvisamente impotenti nei confronti della situazione in cui loro figlio le relega.
Lei ha avuto due gemelle, questi sentimenti sono amplificati quando si diventa madri di più bambini?
Giacchetti: Certo, se i bambini sono due raddoppia tutto, anche il senso di colpa. La mamma infatti teme di potersi comportare diversamente con l’una o con l’altra figlia, facendo così dei privilegi o delle parzialità, ma sono tutte fantasie, ci tengo a dirlo. Il problema è sempre: quanto si è disposti a dedicare il proprio tempo a se stesse e al bambino e quanto invece si senta che questi bambini sottraggano tempo alla propria vita.
Maccherone dice di riuscire ad amare le sue figlie ora che le parlano, che hanno un carattere definito, prima com'è il rapporto tra mamma e figli?
Aceti: All'inizio la relazione tra madre e bambino è senso-percettiva, poiché la parola non ne fa ancora parte, e inizia solo quando il bimbo ha circa un anno e mezzo. Prima tutta la relazione tra mamma e bambino si basa su un'unione fisica affettiva, sensoriale e non è per nulla facile. Le mamme da un lato avevano sognato un bambino che le comprendesse, dall'altro, oltre a scoprire una realtà ben diversa, devono basarsi sul canale emotivo-affettivo-sensoriale, dal momento che il bambino piange e si rasserena solo quando qualcuno comprende i suoi bisogni e si sintonizza con questi.
È un bene che una persona famosa racconti in pubblico questi sentimenti contraddittori che costellano la gravidanza?
Aceti: Sì certo, la condivisione delle proprie angosce e contraddizioni è sempre un gran sollievo, permette di non sentirsi un mostro, di capire che i sentimenti ambivalenti fanno parte di tutte le relazioni umane.
Giacchetti: Vero, parlarne aiuta a sentirsi meno estranee dal collettivo, meno sole, anche perché quando li si verbalizza si capisce che si tratta di sentimenti che provano tutti. Chi idealizza troppo il ruolo materno, pensandosi mamma perfetta di un bambino perfetto è anche chi con più facilità si deprime perché non riesce a rispondere a quel modello ideale che aveva in testa, per questo è decisamente meglio riconoscere la contraddittorietà nella relazione che negarla.