Infertilità e donazione dei gameti, perché parlarne è la prima forma di prevenzione secondo l’esperto
Nel nostro Paese quello dell'infertilità è ancora oggi un tema di cui si parla molto poco. Eppure, dati alla mano, circa il 2o% delle coppie italiane non riesce ad avere figli nonostante anni di tentativi e in una nazione che da anni sta lottando contro il drastico calo delle nascite, il fatto che una porzione così rilevante di popolazione desideri diventare genitore senza riuscirci potrebbe rappresentare un punto meritevole di maggiore attenzione.
La procreazione medicalmente assistita (PMA) potrebbe rappresentare una possibile soluzione, ma anche queste pratica appaiono spesso come un tabù difficile da trattare.
Ma quali sono i motivi dietro un tale atteggiamento? Perché continuare a sottovalutare un problema che rischia di aggravare una situazione demografica già allarmante? In che modo si potrebbe uscire da un simile stallo? Fanpage.it lo ha chiesto ad Adolfo Allegra, ginecologo e Presidente Nazionale di CECOS Italia, l'associazione nazionale dei centri di riproduzione assistita che di recente ha avviato una campagna di sensibilizzazione per parlare d'infertilità e donazione dei gameti.
Professore, perché in Italia l'infertilità è rimasta un tabù?
Per molti motivi. Innanzitutto le persone hanno ancora timore e vergogna ad esprimere la propria condizione. Poi nel nostro Paese è ancora molto difficile adire alla risoluzione di un problema che spesso necessita della fecondazione assistita. Basti pensare che molte regioni le tecniche di PMA non sono riconosciute dal Sistema Sanitario nazionale. Tale ostacolo si sarebbe dovuto superare quest'anno, con l'inclusione della PMA nei livelli essenziali di assistenza, ma tutto è stato rimandato al primo gennaio 2025. Ma è non è l'unica criticità a livello istituzionale che riguarda questo spinoso tema.
Quali sono le altre?
Le stessa legge, la famosa Legge 40 del 2004, era una norma che definirei "teocratica" e impediva di fare tutto ciò che era permesso negli altri Paesi del mondo. Per fortuna dopo i vari interventi della Corte Costituzionale l'impalcatura di questa legge è stata scardinata, ma fino al 2014, ad esempio, gli italiani non potevano accedere alle tecniche con donazioni di gameti, la cosiddetta fecondazione eterologa.
Perché l'infertilità appare un problema sempre più comune?
Sicuramente un elemento cruciale risiede nel fatto che gli italiani provano ad aver figli sempre più tardi. Le donne italiane sono quelle più anziane al momento della nascita del primo figlio, con una media di 32, 7 anni. L'età però è una componente biologicamente molto rilevante sulla fertilità e, pertanto, anche sulle probabilità di successo del concepimento. Negli ultimi trent'anni poi la popolazione maschile è stata soggetta ad una drastica riduzione del numero si spermatozoi, probabilmente a causa di livelli d'inquinamento sempre più alti e uno stili di vita sempre più stressante.
In che modo si potrebbe affrontare il problema?
Oltre a rendere più accessibili le tecniche di riproduzione assistita, spesso precluse alle fasce meno abbienti, è necessario che le istituzioni comincino ad operare una seria promozione delle attività di prevenzione dell'infertilità, approvando campagne d'informazione e andando a parlare ai cittadini fin dagli anni della scuola.
Quali sono i comportamenti di prevenzione che i cittadini dovrebbero conoscere?
Innanzitutto dev'essere chiaro che i figli è molto più facili fare da giovani. Piaccia o no, aspettare riduce la fertilità. Poi è bene ricordare l'importanza delle visite di controllo, e mi rivolgo soprattutto ai maschi: andate dall'andrologo, andate dall'endocrinologo, fate dei check periodici. Ma non finisce certo qui: mettete il preservativo, non solo per evitare gravidanze indesiderate, ma anche per non incorrere in malattie che possono impedire di avere figli.
Le abitudini quotidiani incidono sulla fertilità?
Certo che sì. Il fumo, l'alcol, l'utilizzo di droghe: sono tutti vizi che abbattono la fertilità.
In che modo la sensibilizzazione riguardo la donazione dei gameti potrebbe aiutare la fertilità degli italiani?
Il 20% delle coppie infertili deve ricorrere alla fecondazione eterologa, che si avvale di spermatozoi e ovociti donati, per avere figli. In italia però i donatori scarseggiano e per portare a termine un concepimento bisogna quasi sempre comprare gameti dall'estero, con tutto il commercio che ne consegue. Se i donatori aumentassero, molte coppie avrebbero più chanches di diventare genitori.
Perché in Italia non si donano gameti?
Perché non si conosce questa possibilità. Metterne al corrente la popolazione è però compito delle istituzioni, come sancito tra l'altro dall’art. 12 della Direttiva europea CE 2004/23. Il lavoro per dovrebbe iniziare già nelle scuole, così da dotare ragazze e ragazzi dei giusti strumenti di consapevolezza. Nei Paesi del Nord Europa i libri per bambini spiegano che ci sono delle persona che non hanno i "semini" per poter diventare mamme e papà. Qui sembra sia impossibile…
Come funziona questa donazione?
Per i maschi tra i 20 e i 40 anni è molto più semplice e tutto finisce in poche sedute: si va in un centro di medicina di riproduzione, ci si sottopone ad un esame del sangue e ad un’intervista con degli psicologici e si producono dei un campioni che, dopo qualche ulteriore controllo, possono essere donati.
E per le donne?
L'impegno e maggiore. Innanzitutto la fascia d'età si riduce tra i 18 e i 35. Poi l'intero iter prevede una serie di esami. Se viene ritenuta una donatrice idonea, deve assumere alcuni farmaci, fare tre o quattro ecografie e sottoporsi al prelievo delle uova, che avviene attraverso una puntura nella vagina. Il tutto nel giro di una decina di giorni. Si tratta di un impegno che solo le ragazze ben motivate portano a termine. Ecco perché è così importante fare informazione e parlare di questa possibilità che può regalare un futuro a tante famiglie.