“In terapia intensiva neonatale la felicità si misura in grammi” la storia di Camilla, nata pretermine
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Quando è nata Camilla, la figlia di Francesca, pesava quanto una noce di cocco. Ma 1,7 kg per 40 cm di lunghezza sono bastati per dimostrare ai medici che quella bimba che temevano non nascesse, la forza per vedere la luce l'aveva trovata eccome.
Un parto veloce, qualche secondo a contatto con la sua mamma e poi Camilla è stata trasportata nella Terapia Intensiva Neonatale (TIN) dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, dove è rimasta per i suoi primi 15 giorni di vita, prima di essere spostata nella degenza, dalla quale è uscita al compimento del suo quarantesimo giorno.
La mamma di Camilla ha raccontato a Fanpage.it le emozioni che l'hanno accompagnata in quell'interminabile periodo durante il quale ogni secondo valeva quanto un'ora, i rumori degli allarmi le facevano sussultare il cuore e la felicità aveva la forma dei grammi che la sua piccola prendeva di giorno in giorno.
"Io mi sono sentita davvero la mamma di Camilla tre giorni dopo la sua nascita, quando l'ho presa in braccio per la prima volta. Solo in quel momento ho capito che la paura che mi perseguitava da giorni era infondata. Seppur non fossi stata io a prendermi cura di lei direttamente nei suoi primi giorni di vita, lei mi aveva riconosciuta, mi stava aspettando, sapeva che ero io la sua mamma".
Come è stato scoprire di essere incinta e come è andata la gravidanza?
Il mio percorso con la gravidanza è stato un po’ complesso. Non riuscivo a rimanere incinta a causa dell'ovaio policistico e del fatto che il mio corpo non mi permetteva di ovulare, ho quindi optato per un percorso di procreazione medicalmente assistita (PMA). Grazie a delle specifiche punture e ad un monitoraggio dell’ovulazione, sono riuscita a rimanere incinta già al primo tentativo, ma purtroppo ho perso il bambino.
Ho trovato la forza per rifare il ciclo e sono rimasta nuovamente incinta, questa volta si trattava di una gravidanza gemellare. Facendo specifiche analisi è emerso che avevo anche l’utero bicorne, che può causare aborti e dunque sono dovuta stare a riposo completo, anche fare una doccia da sola mi era proibito.
All’undicesima settimana di gravidanza, poi, uno dei due gemelli è venuto a mancare ed è rimasta la mia bimba, che è nata prematura, ma contro ogni aspettativa è nata.
Il parto come è stato?
Il parto per me è stato il momento più bello, perché in quel momento ho realizzato che Camilla ce l'aveva fatta.
Io qualche settimana prima ero stata ricoverata per rischio di parto estremamente prematuro, poi dopo una settimana mi hanno dimesso e a 32 settimane ho rotto le acque, in sole 2 ore è nata Camilla.
Come è stato il primo contatto con la bimba?
È stato rapidissimo, me l’hanno appoggiata un secondo sul seno e poi l’hanno portata subito via, l’avrei rivista il giorno dopo. Era proprio piccolina pesava un kg e 7 grammi, dopo ha avuto un calo fisiologico e pesava 1.6 kg ed era lunga 40 cm. Poi l'ho rivista nell'incubatrice della terapia subintensiva neonatale.
Quanto è rimasta nella tin la tua bimba e come è stato quel periodo?
Camilla è stata nella tin due settimane, poi è stata spostata nella degenza con gli altri bambini, prima in incubatrice poi nel lettino.
Questo periodo fatto di attesa e lontananza dalla bimba è stato molto difficile, ricordo che ogni volta che percorrevo il corridoio per arrivare alla tin scoppiavo in lacrime. Ma devo dire che le infermiere sono state fantastiche, mi portavano i fazzoletti, e cercavano di tranquillizzarmi in tutti i modi.
Nonostante ciò, però, sussultavo ogni volta che un allarme iniziava a suonare, anche se non era per mia figlia. Perché percepivo tutti quei bambini che stavano tutti lottando per vivere e riabbracciare i loro genitori, come se fossero miei figli.
Cosa si prova quando si torna in camera o a casa sapendo che la propria bambina è in terapia intensiva?
Io mi sono sentita come in una bolla, percepivo il mondo che scorreva fuori da lì, ma era come se io fossi in un’altra dimensione.
Anche il tempo proseguiva diversamente, sentivo ogni secondo in terapia intensiva come davvero prezioso e temevo continuamente che le cose potessero cambiare da un momento all’altro.
Lì poi la mia felicità e quella di mio marito si misuravano in grammi, ogni giorno domandavamo al team di quanti grammi fosse cresciuta la nostra bambina ed era davvero l’unica cosa importante per noi.
Come è stato l’avvicinamento alla piccola?
È stato graduale, io ho potuto prendere in braccio la bambina per farle fare la marsupio terapia solo 3 giorni dopo la sua nascita.
Prima avevo potuto solo accarezzarla ma sempre con i guanti, munita di camice e mascherina. Potevo però tenerla in braccio al massimo un’ora al giorno e solo una volta. Ci saremmo potuti alternare io e mio marito ma lui ha deciso di lasciare a me la priorità e l'ha presa in braccio per la prima volta al settimo giorno e questo è stato un grande gesto d’amore.
E come è stato quel momento di contatto, arrivato dopo tutta questa attesa?
È stato un momento molto forte, ho pianto e solo in quel momento, quando Camilla era tra le mie braccia, ho realizzato che ero diventata mamma. L’ho tenuta sul mio petto un’oretta, l’infermiera ha messo una musica di sottofondo per rendere il tutto ancora più emozionante.
Hai avuto paura di maneggiare la piccola avvolta tra i cavi?
Sì, poi mi sono sentita impotente, anche solo per poterla toccare o prendere in braccio dovevo continuamente chiedere il permesso. Il primo cambio del pannolino è stato davvero traumatizzante, ho dovuto farlo all'interno dell'incubatrice e lei era lunga appena 40 cm e circondata dai cavi, io ero terrorizzata all’idea di farle del male.
I medici mi dicevano che anche se si fosse staccato un cavo, non sarebbe successo nulla, ma io ogni volta suonava un allarme ero terrorizzata. Ho vissuto quel periodo come se fossi tornata a scuola, perché le infermiere mi hanno insegnato in maniera molto dolce tutto, a cambiare il pannolino, a metterle il body e a vestirla.
Come è stato vivere la tua gravidanza in questo modo?
Mi ha dato una consapevolezza diversa, ricordo che guardavo a mia cugina che stava vivendo la gravidanza nel periodo in cui la stavo vivendo anche io con un po’ di invidia, lei poteva fare tutto, mentre io ero allettata e dipendevo fortemente dagli altri.
Poi ho vissuto una forte angoscia, i medici continuavano a dirmi che poteva non nascere, che doveva nascere comunque pretermine per salvarsi e io vivevo ogni settimana che passava pensando “Dai che siamo forti e ce la facciamo”.
Quando mi hanno ricoverata avevo paura ma sentivo che potevamo farcela, sono riuscita a tirare un sospiro di sollievo solo quando Camilla è nata e ricordo di aver pensato “ok, finalmente lei c’è”.
E poi hai avuto paura di poterla perdere?
Sì la paura non mi ha mai abbandonata, me l’hanno subito portata via appena nata e io non ho più saputo nulla di lei fino al giorno dopo, mi hanno solo detto che se fosse successo qualcosa mi avrebbero chiamata quindi temevo mi chiamassero.
Poi io ho affidato la mia bambina a degli estranei, che dovevano prendersi cura di lei, ma erano pur sempre estranei.
Io in quei momenti provavo un forte senso di colpa e di impotenza, pensavo che la bimba stava più con gli infermieri che con me e avevo paura che quando sarebbe arrivato il momento di prenderla in braccio non mi avrebbe riconosciuta.
Quando mi hanno dimesso non ho mai veramente dormito, tenevo il cellulare vicino a me, pronta a rispondere in caso di urgenza, mi tiravo il latte e lo portavo in ospedale l’indomani.
Tu sei tornata a casa senza di lei…
Sì, è stato tremendo, ho varcato la porta e sono scoppiata a piangere perché la casa ormai era pronta ad accoglierla, c'era la sua cameretta, il suo armadio con pannolini e body, ma lei non c'era.
Come è stato portarla a casa?
Ci hanno chiamati dopo quasi 40 giorni per dirci che la bambina poteva tornare a casa, siamo scoppiati a piangere, siamo corsi in ospedale e dopo le ultime dritte l’abbiamo portata con noi, varcando la soglia in 3 finalmente. È stato molto emozionante anche assistere al primo incontro tra la bimba e tutti i parenti e amici che l'avevano aspettata a lungo.
Tu ti sei mai sentita sola o non capita durante il periodo in cui Camilla era in ospedale?
Sì, mi sono sentita diversa rispetto alle altre mamme, ricordo che in ospedale sentivo i pianti degli altri bambini provenire dalle camere, le rotelline delle loro culle passeggiare per i corridoi e le mamme chiedere alle infermiere perché il loro bimbo non si attaccasse al seno, e io pensavo che anche io avevo il diritto di preoccuparmi per quelle cose e non della sopravvivenza della mia bambina. Secondo me poi il trauma è così forte anche a causa di una narrazione sempre per forza positiva della maternità, ben diversa da come poi la vivi.