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Il racconto della mamma che ha detto basta allo sharenting: “Mia figlia odiava che la mostrassi sui social”

La psicologa informatica Elaine Kasket ha spiegato come il rimprovero della figlia abbia innescato una seria riflessione sul suo comportamento online: “Ho cancellato tutti i miei post e ho trasformato l’archivio digitale in un album fotografico”.
A cura di Niccolò De Rosa
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Cinque anni fa Elaine Kasket, mamma e psicologa esperta di tecnologie digitali, ricevette una lezione inaspettata da parte della figlia di nove anni. Durante un pranzo, la bambina disse che non le piaceva affatto che la madre condividesse sui social le loro conversazioni, rendendo di pubblico dominio qualcosa che invece doveva riguardare solo loro de.

Quelle parole, diretta e senza fronzoli, hanno subito spinto Elaine a interrogarsi profondamente sulle sue abitudini di condivisione online, portandola a una decisione radicale: smettere di postare qualsiasi contenuto riguardante sua figlia sui social media. In un recente articolo comparso sul sito del quotidiano britannico Metro UK, Elaine ha raccontato la sua storia, invitando i tanti genitori che ogni giorno affollano le loro bacheche online con contenuti riguardanti i loro piccoli a riconsiderare le proprie abitudini.

L’era dello sharenting

Il termine sharenting, fusione tra sharing e parenting, descrive la pratica diffusa di condividere online foto, video e racconti legati ai figli. Questa abitudine è da tempo nel mirino degli esperti per i potenziali rischi legati alla privacy e alla stessa sicurezza dei bambini, tuttavia sono ormai tantissimi i genitori che non perdono occasione per arricchire il proprio profilo social con video o immagini dei figli minorenni.

Anche Elaine era una madre dedita allo sharenting. Per lui tutto era iniziato già nel 2009 con l’ecografia della bambina pubblicata su Facebook. Negli anni successivi, raccontare online aneddoti, battute e momenti di vita quotidiana della figlia era diventata un’abitudine quasi naturale. "Più postavo, più ricevevo like, e se qualcuno mi scriveva che mia figlia aveva migliorato la loro giornata, era come se avesse migliorato anche la mia" scrive Elaine.

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Il social media era anche un ponte per mantenere uniti parenti e amici lontani: come espatriata americana residente nel Regno Unito, la donna trovava nell'attività social un modo per coinvolgere la sua famiglia, che raramente vedeva la nipote di persona.

I segnali ignorati

Con il senno di poi, Elaine racconta che la bambina aveva già da tempo iniziato a manifestare un certo disagio. "Quando prendevo il telefono, spesso si nascondeva o si copriva il viso. Pensavo fosse solo un gioco", ricorda Elaine, la quale rievoca anche le strane domande che la bimba ogni tanto le rivolgeva.

Un giorno, ad esempio, la psicologa e la figlia avevano incontrato alcuni amici di famiglia. La bimba non li aveva mai incontrati prima, eppure loro sembravano sapere molti dettagli della sua vita."Sono famosa o qualcosa del genere? Perché pensano di conoscermi?", aveva chiesto la piccola una volta terminato quello strano incontro. Eppure, nonostante simili campanelli, Elaine continuava a condividere, non rendendosi conto di quanto ciò rendesse infelice sua figlia.

Il momento della verità

La conversazione spartiacque avvenne in un pub, circa cinque anni fa. La bimba disse alla madre che non le piaceva affatto quando ciò che diceva o faceva veniva spiattellato online per farlo vedere alle altre persone. Lì per lì Elaine rimase intontita e quando chiese cosa fare con i post già pubblicati, la bambina rispose con fermezza: "Andrebbero cancellati immediatamente, e i genitori dovrebbero andare sull’angolo del castigo".

Genitori e sharenting
Immagine di repertorio

Quella frase provocò un mix di sensi di colpa e paura: paura di perdere anni di ricordi digitali e di dover rinunciare a un’abitudine ormai radicata. Elaine domandò quindi perché la figlia non avesse mai parlato chiaramente del suo disagio prima. La risposta fu che pensava che non avrebbe comunque smesso.

Una scelta rivoluzionaria

Colpita dalla sincerità della figlia, Elaine ha quindi deciso di tagliare subito con il passato. Dopo aver trasformato l’archivio digitale in una collezione di album fotografici cartacei, la madre ha iniziato a cancellare ogni post riguardante la bambina dai social media e smise di condividerne i dettagli online. Questo cambiamento si è rivelato un sollievo per la figlia, che stava entrando nell’adolescenza.

Oggi Elaine ha trovato nuovi modi per mantenere i legami familiari, facendo ampio uso di videochiamate, messaggi privati e gruppi WhatsApp. Ora che la figlia è una teenager consapevole e capace di difendere i propri confini, Elaine crede che quella conversazione abbia svolto un ruolo decisivo nel rafforzare il loro rapporto.

La lezione da imparare

La vicenda condivisa da Elaine riflette un cambiamento culturale in corso: un’indagine del 2023 ha rivelato come il 45% dei genitori stia diventando più cauto nel condividere informazioni sensibili sui figli. Elaine spera che questa tendenza continui, perché "scegliere cosa condividere online dovrebbe essere un diritto innato, che i genitori hanno il dovere di proteggere fino a quando i figli non sono in grado di farlo da soli". E anche nel mondo digitale, il rispetto delle scelte e della privacy inizia da casa.

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