Il paradosso dei figli che ostacolano la carriera: per gli esperti, diventare genitori aiuta a diventare lavoratori migliori
Essere genitori è spesso percepito come un ostacolo alla carriera, una fase che impone rinunce o che limita le possibilità di crescita professionale. Tale ragionamento vale soprattutto per le madri, sulle cui spalle spesso gravano ancora oggi la maggior parte delle responsabilità di cura familiare. Eppure le nuove ricerche hanno però dimostrato non solo come questa visione sia ormai superata, ma anzi rappresenti un vero paradosso: diventare genitori, infatti, non solo non è un fardello, ma può addirittura rappresentare un vantaggio in termini di prestazioni e competitività.
Le competenze acquisite nel gestire i figli e il ménage familiare sono infatti abilità preziose anche in ambito lavorativo, dove efficienza, leadership e capacità di gestione delle risorse sono qualità fondamentali per avere successo. Come raccontato dal sito Parents, l'imprenditrice e giornalista Lauren Smith Brody ha recentemente collaborato con la società di assistenza all’infanzia statunitense Vivvi per studiare il valore professionale che i genitori portano sul posto di lavoro.
Il risultato? Per ogni dollaro impiegato dalle aziende nel supporto alla genitorialità, al termine dell'analisi si è registrato un ritorno medio di 18 volte l’investimento. "Quando i datori di lavoro aiutano i dipendenti a essere genitori, ottengono collaboratori più motivati, produttivi e profittevoli", sottolinea Smith Brody.
Le competenze trasferibili
Per troppo tempo si è pensato che gestire una famiglia e lavorare fossero attività separate e incompatibili. Eppure, l’esperienza della pandemia ha mostrato come le competenze necessarie in casa e al lavoro siano profondamente interconnesse. Capacità come il multitasking, la gestione del tempo e l’empatia sono infatti elementi chiave di entrambe le sfere e studi come quello pubblicato nel 2023 dall'Harvard Business Review dimostrano come le competenze necessarie per prendersi cura di uno o più bambini siano assolutamente spendibili nel mercato del lavoro.
Il problema, piuttosto è comunicare efficacemente questo legame. Per Smith Brody infatti, per rivedere la narrazione sul rapporto lavoro-genitorialità non serve "inventarsi" competenze, ma semplicemente porre l'accento su come le abilità sviluppate nella cura dei figli — negoziazione, gestione delle priorità, capacità decisionale — si riflettano anche sulle mansioni lavorative.
La genitorialità come "palestra di leadership"
Neha Ruch, fondatrice della piattaforma Mother Untitled, definisce la genitorialità come un vero e proprio campo di addestramento per la leadership. Per Ruch, la quotidianità vissuta da ogni genitori rafforza competenze trasversali profonde come la pazienza e la capacità di ragionare in prospettiva. In più abitua ad avere sotto controllo la situazione e a non farsi scoraggiare dalle difficoltà. Simili abilità, se ben valorizzate, possono trasformarsi in superpoteri quando i genitori rientrano nel mercato del lavoro.
Dopotutto, chi si occupa della propria famiglia – madri o padri non fa (o non dovrebbe fare) differenza – spesso si trova a gestire bilanci (spese domestiche e bollette necessitano grande attenzione), organizzare eventi (gite, feste di compleanno, uscite scolastiche etc…) e risolvere problemi in condizioni "estreme", tra notti insonni, capricci e corse forsennate per non fare tardi all'asilo. Chi ha affrontato tutto questo può davvero temere una call dell'ultimo minuto o una riunione fiume con il capoufficio?
Per questo Ruch suggerisce ai genitori in cerca di lavoro di non farsi troppi scrupoli nell'inserire l'impegno parentale nel curriculum: in un colpo solo si "giustifica" un vuoto temporale tra le varie esperienze lavorative e si mette in evidenza un importante bagaglio di soft skills.
Riconoscere il valore di chi si prende cura degli altri
Molte ricerche sottolineano la necessità di un maggiore supporto ai genitori nei luoghi di lavoro. L’investimento in politiche di conciliazione tra vita privata e professionale non è dunque solo una questione di equità, ma un’opportunità strategica per le aziende. I genitori, infatti, non sono dipendenti meno motivati, ma risorse preziose capaci di apportare un valore aggiunto.
"Il caregiving è lavoro, che sia retribuito o meno", conclude Smith Brody, convinta che il primo passo per ottenere un simile riconoscimento sia convincersi del proprio valore. Solo così i genitori potranno negoziare con successo, sia in famiglia che sul lavoro.